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Reato fiscale: legittimo il sequestro del PC

lentepubblica.it • 19 Aprile 2017

sequestro, accessoQuando si indaga per un reato che richiede la ricostruzione del volume d’affari, è legittimo sequestrare l’intera contabilità relativa all’impresa? Se la contabilità è contenuta in un personal computer, questo può essere sequestrato?


 

Quando si indaga per un reato che richiede la ricostruzione del volume d’affari, è legittimo sequestrare l’intera contabilità relativa all’impresa. Perciò, se la contabilità è contenuta in un personal computer, questo può essere sequestrato, senza che la polizia giudiziaria debba limitarsi alla duplicazione di alcuni file sul posto.

 

È quanto ribadito dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 16622 del 4 aprile 2017.

 

La vicenda processuale

 

Il tribunale del riesame conferma il provvedimento di sequestro adottato dal pubblico ministero, disposto nei confronti di un soggetto, in relazione al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale contestato in riferimento a una Srl, dichiarata fallita. Detto provvedimento cautelare viene impugnato in Cassazione dall’imputato, il quale lamenta, oltre alla carenza di motivazione del decreto di sequestro, la violazione del principio di proporzionalità e di adeguatezza (articolo 275 cpp). Il ricorrente, in particolare, ritiene illegittimo il sequestro a fini probatori di un personal computer, comportante una indiscriminata apprensione di tutte le informazioni ivi contenute, ritenendo che la perquisizione doveva essere effettuata con l’esame e l’estrazione in loco dei soli dati di interesse.

 

La pronuncia della Cassazione

 

La Corte suprema, nel rigettare il ricorso dell’imputato, conferma la legittimità del sequestro probatorio del personal computer.

 

Osservazioni

 

Confermato l’orientamento di legittimità (a titolo esemplificativo, si veda Cassazione 53168/2016) in base al quale, in tema di acquisizione della prova, l’autorità giudiziaria, al fine di esaminare un’ampia massa di dati i cui contenuti sono potenzialmente rilevanti per le indagini, può disporre un sequestro dai contenuti molto estesi, provvedendo, tuttavia, nel rispetto del principio di proporzionalità e adeguatezza, alla immediata restituzione delle cose sottoposte a vincolo non appena sia decorso il tempo ragionevolmente necessario per gli accertamenti e, in caso di mancata tempestiva restituzione, l’interessato può presentare la relativa istanza e far valere le proprie ragioni, se necessario anche mediante rimedi impugnatori offerti dal sistema.

 

In analoga fattispecie, la Cassazione (sentenza 16544/2013) ha già affermato che, in tema di sequestro probatorio e ai fini di legittimità del decreto di sequestro, pur se è necessaria la specifica indicazione delle cose che ne costituiscono l’oggetto, occorre considerare che, quando si procede per particolari reati, quali quelli tributari e, più in generale, quelli, come la bancarotta fraudolenta, che impongono la ricostruzione del volume d’affari di una società, non è sempre possibile individuare preventivamente il documento ritenuto utile allo scopo, sicché, in tali casi, non si può prescindere dal sequestro dell’intera contabilità relativa all’impresa, per individuare in un secondo momento quelli effettivamente necessari all’accertamento del fatto.

 

Nel caso di specie, in particolare, la vicenda è caratterizzata dal trasferimento della sede legale della società da un posto a un altro, dal trasferimento delle quote a un mero prestanome, dall’anomala cessione di un ramo d’azienda da parte della fallita in favore di altra società, dalla pluralità di persone fisiche e giuridiche coinvolte e dalla circostanza che la perquisizione è avvenuta in locali prettamente adibiti a ufficio e riconducibili all’imputato.

 

Come correttamente rilevato nel provvedimento impugnato, detta complessità della vicenda permette di escludere il carattere indiscriminato e ingiustificato del sequestro, laddove, peraltro, si è precisato, come emerge dal verbale delle operazioni della polizia giudiziaria delegata all’esecuzione, il materiale informatico d’interesse è stato acquisito in copia, quando è stato possibile farlo in loco e, solo negli altri casi, si è proceduto al sequestro.

 

Altresì, per i giudici di legittimità, alla compita motivazione dell’ordinanza di conferma del sequestro si contrappongono generici e non puntuali motivi di doglianza della parte ricorrente.

Fonte: Fisco Oggi, Rivista Telematica dell'Agenzia delle Entrate - articolo di Dora De Marco
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