lentepubblica


Coronavirus, in Cina carcere per chi crea fake news: dovremmo prendere esempio?

Bellitto Simone • 4 Febbraio 2020

coronavirus-cina-carcere-fake-newsOvviamente si tratta di una provocazione: ma la linea dura del Governo Cinese contro chi diffonde “voci” infondate sull’epidemia rappresenta la panacea alle fake news?


Coronavirus, carcere per chi crea fake news o diffonde voci infondate. Saranno estremamente serie le conseguenze per chi prende sottogamba e con leggerezza la diffusione di notizie senza alcun fondamento in Cina.

I tribunali cinesi infatti si schierano contro le voci infondate sull’emergenza coronavirus e attuano contromisure draconiane.

La provocazione in questo caso concerne la misura repressiva: il carcere è un utile deterrente alla diffusione di notizie false durante una epidemia di questa portata?

Analizziamo il caso cinese e tracciamo una linea sulla situazione attuale nel mondo.

La diffusione del virus nel mondo

Partiamo da alcuni dati concreti e tangibili. Secondo una mappa online, sviluppata dal Center for Systems Science and Engineering della statunitense Johns Hopkins University, sono circa meno di 400 le vittime del virus nel mondo, soprattutto su territorio cinese.

Gli ultimi aggiornamenti forniti segnalano inoltre migliaia di nuovi contagi accertati, per decine di migliaia casi complessivi. Sono altrettanti i casi sospetti, mentre accelerano, per fortuna, le guarigioni.

Pressappoco sono questi i dati. Ma alcuni soggetti, purtroppo, tendono per svariati motivi a contraffare la realtà. Che sia per diffondere il panico o semplicemente perchè non si comprende la portata del proprio gesto, sono troppi i soggetti che si danno senza scrupolo alcuno alla diffusione di notizie false. E così la Cina ha deciso di passare al contrattacco.

Coronavirus, in Cina carcere per chi crea fake news

E le conseguenze per chi mette in atto una condotta del genere non sono affato morbide. Come riporta, tra gli altri, TgCom24, l’Alta Corte di Heilongjiang  ha previsto fino a 15 anni di carcere per chi diffonde “voci” sull’epidemia allo scopo di sovvertire l’ordine costituito. 

Senza contare che si prevede la pena di morte invece per chi è scoperto a diffondere intenzionalmente il coronavirus. Infine si prevedono fino a 7 anni di carcere per chi rifiuta la quarantena.

Senza andare nel “merito” di pena di morte o di carcere su chi rifiuta la quarantena, vorremmo adesso concentrarci sulla diffusione delle false notizie.

Molti potrebbero sostenere che 15 anni rappresentano un’esagerazione per un fenomeno di questo tipo.

A questo punto però vorremo tracciare quella sopra citata linea per cui la diffusione di false notizie o di panico sconsiderato possa essere davvero un veicolo di isteria collettiva.

Le Fake News sul Coronavirus

Nel nostro paese, in questi giorni, la diffusione delle notizie false ha generato una psicosi generale molto pericolosa, a seguito della conferma dei primi due casi accertati di coronavirus in Italia.

La diffusione di catene whatsapp e di messaggi falsi e sbagliati sui Social ha dato luogo a comportamenti illogici nella popolazione.

E a smascherare queste false notizie spesso ci ha pensato direttamente l’Oms, Organizzazione Mondiale della Sanità. Come ad esempio:

  • non dare credito a fonti non ufficiali, come messaggi vocali su social e app di messaggistica
  • l’uso delle mascherine in una persona sana non ha particolare utilità
  • non ci sono prove che animali da compagnia possano essere infettati dal nuovo coronavirus
  • ricevere una lettera o un pacco dalla Cina è sicuro: i coronavirus non sopravvivono a lungo su oggetti, come lettere o pacchi.

Inoltre si devono anche aggiungere i comportamenti xenofobi e razzisti che subito hanno seguito le notizie (e le false notizie) sul Coronavirus. Si va dai semplici insulti a incolpevoli turisti di etnia cinese (o asiatica) per giungere ai casi più estremi come le campagne ostili di volantinaggio dei militanti di Forza Nuova verso i negozi cinesi.

Un quadro del tutto poco edificante.

Un esempio tangibile di fenomeno di panico

Discostandoci un attimo dal Coronavirus parliamo di un caso, che ritagliamo come esempio, di isteria collettiva e di panico che ha causato danni immani.

Ci riferiamo alla triste serata denominata Tragedia di piazza San Carlo, avvenuta la sera del 3 giugno 2017, a Torino, nell’omonima piazza della città. In occasione della finale di Champions League tra Juventus e Real Madrid, era stato installato un maxischermo per permettere ai tifosi rimasti in città di seguire in diretta la partita.

In base a quanto è stato appurato durante lo svolgimento della partita, a seguito del comportamento di un gruppo di malviventi che utilizzavano spray urticante per aprirsi la strada dopo aver razziato oggetti di valore tra il pubblico, si è scatenato il panico.

Il risultato è stato una calca che ha provocato più di 1500 feriti e la morte di due donne: la prima dopo dodici giorni di agonia, la seconda, rimasta inizialmente tetraplegica, dopo diciotto mesi.

Le dimensioni della vicenda sono state amplificate dal panico e dalla psicosi di massa, perchè inizialmente molti hanno pensato che si trattasse di un attentato terroristico.

Conclusioni

Ciò detto possiamo trarre delle conclusioni. La diffusione delle fake news o la diffusione del panico generalizzato genera, spesso, psicosi ed isterie di massa che se sfuggno al controllo rischiano di trasformarsi in fenomeni sociali estremamente pericolosi.

Il caso cinese, ovviamente è peculiare della propria realtà: in una Nazione in cui il virus ha raggiunto un livello di diffusione come quello attuale, le contromisure estremamente pesanti appaiono quantomeno comprensibili (come nei famigerati casi di corte marziale). Ovviamente non entriamo nel merito se queste misure, su territorio cinese, siano effettivamente giuste o meno.

E in Italia? O comunque nell’Occidente?

Il carcere duro per fenomeni di questo tipo, ovviamente, è molto lontano dalla nostra realtà. E speriamo di non dover mai trovarci in uno scenario potenzialmente complicato come quello che sta avendo luogo a Wuhan.

Tuttavia, non lasciare totalmente impuniti chi diffonde false notizie non sarebbe una cattiva idea. Si dovrebbe lavorare su due fronti: educare per un uso consapevole dei social e punire (anche con una multa) chi deliberatamente decide di diffondere una falsa notizia per trarne vantaggio o diffondere deliberatamente il panico.

Ovviamente, non sta a noi stabilire le regole.

Iniziamo, quantomeno, tutti quanti a comportarci in maniera più responsabile e consapevole e verifichiamo, attentamente, le fonti prima di diffondere una notizia.

 

 

Fonte: articolo di Simone Bellitto
Subscribe
Notificami
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments