Integrazione: ecco come lo sport può favorirla ed essere un vero e proprio strumento per attuare l’inclusione sociale.
Ricordiamo che l’integrazione è uno dei cardini attorno cui ruota la governance della Comunità Europea.
Infatti, l’inclusione sociale costituisce una delle undici priorità della politica di coesione per il periodo 2014-2020 («obiettivo tematico 9»).
Per cui la politica di coesione dell’Unione europea sostiene l’inclusione sociale delle persone disabili, dei lavoratori più giovani e più anziani, dei lavoratori con scarse competenze, degli immigrati e delle minoranze etniche quali le popolazioni Rom, delle persone che vivono in zone svantaggiate e delle donne nel mercato del lavoro.
Ma non sono solo le politiche governative per l’integrazione e la lotta alle disuguaglianze a rappresentare l’unico volano in materia inclusiva.
Anche lo sport può rappresentare una leva di sviluppo sociale in contesti o territori svantaggiati, e di inclusione per rifugiati politici, minori stranieri non accompagnati o in famiglie ad alta conflittualità.
Scopriamo come.
Purtroppo nel suo aspetto squisitamente ludico, è da notare come lo sport sia diffuso soprattutto presso quelle realtà sociali i cui mezzi economici e culturali ne permettano la pratica.
Ma le attività sportive non sono soltanto delle mere attrazioni ludiche o spettacoli da competizione olimpica: essi hanno un forte background che riconduce alla coesione sociale a alla fratellenza universale.
Ad esempio possono essere un incentivo per avvicinare all’attività fisica i soggetti che soffrono di disabilità o i soggetti che hanno delle forme di obesità invalidanti.
Ricordiamo che il Governo Italiano ha, in questo senso, promosse le sue iniziative anche tramite la Società partecipata dal MEF “Sport e Salute.”
In questo articolo ci soffermeremo brevemente su:
Lo sport è inclusione e rispetto dell’altro: per questo occorre continuare a sensibilizzare i praticanti sportivi e sostenere finanziariamente i progetti volti a rendere lo sport accessibile ai disabili.
Negli ultimi anni è aumentato l’interesse da parte del pubblico verso queste discipline, favorito da eccezionali prestazioni di atleti diversamente abili con un forte impatto mediatico.
La prima edizione dei Giochi Paralimpici (o Paraolimpiadi) è avvenuta a seguito della proposta del medico italiano Antonio Maglio di disputare nel 1960 a Roma, che nello stesso anno avrebbe ospitato la XVII Olimpiade.
Questo abbinamento con le Olimpiadi ha fatto sì che la conoscenza di questo tipo di sport crescesse sempre di più nel corso del tempo.
Anche il Governo Italiano fornisce aiuti e incentivi in tal senso: ad esempio, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 aprile 2020, sono stati stanziati fondi per l’acquisto di ausili sportivi da destinare in uso gratuito ai soggetti con disabilità interessati all’avviamento alla pratica sportiva.
Allo scopo è stata predisposta la piattaforma online per la presentazione delle domande di accesso alle risorse stanziate dal Dpcm.
All’interno della medesima è stata stilata una banca dati relativa alle diverse tipologie di ausili finanziabili, che consentono di praticare una trentina di discipline sportive:
Per ciascuna tipologia di ausilio è stato quantificato il valore massimo del preventivo ammissibile al finanziamento.
A questo link si possono consultare le specifiche di questa iniziativa.
Lo sport, ovviamente, non considera la razza o il sesso dei partecipanti ne esalta le uguali capacità dando a tutti indifferentemente pari opportunità di esprimersi nella competizione.
Si tratta anche in tal senso di un veicolo importante di integrazione, di rispetto e di solidarietà fra gli uomini.
Lo vediamo soprattutto nei casi che riguardano la pratica sportiva per i figli di immigrati, le c.d. “seconde generazioni”.
Qui infatti lo sport può assolvere una funzione estremamente importante di inclusione e coesione sociale:
Per intenderci per evitare fenomeni tristi e incresciosi che vanno dagli “buh” allo Stadio verso gli atleti di colore fino agli spegevoli atti di aggressione violenta e fisica cui abbiamo alle volte assistito.
Tra le varie campagne di sensibilizzazione che citiamo come mero esempio c’è quella in occasione della ricorrenza della Giornata mondiale per l’eliminazione delle discriminazioni razziali che si celebra il 21 marzo.
Si tratta della “Settimana di azione contro il razzismo”, campagna di sensibilizzazione, informazione e approfondimento organizzata dall’UNAR – Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, e finalizzata alla prevenzione e al contrasto di ogni forma di discriminazione e intolleranza, che si è tenuta dal 21 al 27 marzo 2021.
Oppure possiamo citare anche l’iniziativa molto importante dal nome “Keep Racism Out“: la campagna antidiscriminazioni promossa da Lega Serie A, in collaborazione sempre con UNAR, per garantire la parità di trattamento, la tutela dei diritti umani nel calcio e per tenere il razzismo lontano dai nostri stadi.
Per l’iniziativa è stato anche creato uno Spot TV che vuole essere un’esortazione a combattere insieme contro le discriminazioni razziali.
Infine nell’ambito di un Accordo di programma sottoscritto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali dal CONI a partire dal 2014 sono state realizzate una serie di iniziative finalizzate a favorire l’inclusione e l’integrazione dei cittadini migranti di prima e seconda generazione attraverso lo sport e a contrastare le forme di discriminazione e intolleranza.
Infine chiudiamo questo breve approfondimento con lo sport che può rappresentare uno strumento di inclusione anche per ragazzi e bambini che vivono in un contesto di disagio economico e sociale.
Lo Sport può infatti rappresentare un modello educativo utile a prevenire il disagio dei minori che vivono in contesti urbani difficili.
L’obiettivo della attività è in tal caso quello di stimolare:
Secondo il rapporto nazionale “I Minori e lo Sport“, ad esempio, quasi 1 minore su 5 non fa sport. Per il 30 per cento circa dei bambini dai 6 ai 10 anni la causa è la condizione economica del nucleo familiare.
Prima della pandemia inoltre, i minori:
Anche in questo caso dal mondo della politica e della governance sportiva non sono tardati segnali positivi e iniziative utili negli ultimi anni.
Ve ne citiamo qualcuna anche in questo caso a mero titolo esemplificativo.
Ad esempio parliamo di Polisportiva, un bando che invita organizzazioni del terzo settore e del volontariato di Bari e Catania a presentare progetti per l’inclusione dei giovani in grado di unire l’attività sportiva a percorsi formativi e di consulenza psicologica.
Obiettivo dell’iniziativa, promossa dalla Fondazione con il sud e dalla Fondazione Laureus sport for good Italia onlus, è infatti quello di realizzare, attraverso lo sport, modelli educativi positivi in contrasto con quelli facilmente accessibili in contesti urbani a forte rischio di marginalità e devianza.
Oppure del Progetto Sport Senza Frontiere: un programma che mira all’inserimento sportivo di bambini e ragazzi a rischio di esclusione, in corsi sportivi all’interno delle società sportive della RETE e all’integrazione nel gruppo squadra.
Il percorso sportivo del minore è coadiuvato e monitorato da un tutor, da uno psicologo e da un assistente tutor. Che affiancano l’insegnante sportivo e forniscono un counseling alle famiglie beneficiarie.
Infine una serie di iniziative promosse dal Ministero dell’Istruzione (MIUR) guardano alla scuola come spazio di promozione del dialogo interculturale e cercano di sensibilizzare studenti, studentesse e corpo docente al valore della multiculturalità a partire da iniziative pedagogiche.