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Appalti: lavorare per la PA senza paga è illegale?

lentepubblica.it • 24 Ottobre 2017

professionisti PAIl Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4614/2017, ha dichiarato legittimo un bando, emesso da un comune, che non prevedeva una paga in denaro. Ma la fondazione Nazionale Consulenti del lavoro non ci sta.


Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4614/2017, ha dichiarato legittimo un bando, emesso da un comune, che prevedeva una paga di un euro per la redazione del piano strutturale della città. Secondo quanto deciso dal Consiglio di Stato:

 

La sentenza bene ha evidenziato che va riconosciuta «la legittimazione ad agire dell’ordine professionale che faccia valere l’interesse omogeneo della categoria, anche se in concreto il provvedimento ritenuto lesivo sia ritenuto “vantaggioso” da singoli professionisti». La legittimazione attiva degli ordini professionali, enti esponenziali della categoria unitariamente considerata, va infatti affermata nei confronti di atti che si assumano lesivi dell’interesse istituzionale della categoria stessa (Cons. Stato, VI, 18 aprile 2012, n. 2208).

 

Appare difficilmente contestabile che il bando di indizione della gara per un appalto di servizi gratuito interferisce sugli interessi collettivi ed istituzionalizzati degli ordini professionali oggi appellati, e non tutela interessi di singoli iscritti o di gruppi di iscritti.

 

Secondo il Presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Rosario De Luca, la sentenza  del Consiglio di Stato è “a dir poco sbalorditiva nei suoi contenuti”, poiché afferma che è lecito lavorare per la Pubblica Amministrazione in maniera gratuita. Una pronuncia che favorisce o “rende quasi obbligatorio” il lavoro senza compenso di un professionista per un ente pubblico. Ma quale vantaggio può nascere da questa decisione? L’unico, secondo De Luca, è quello di potersi fregiare nel proprio curriculum vitae della collaborazione con una Regione, una Provincia o un Comune. Senza però ricevere in cambio alcunchè per l’attività svolta, ma solo un rimborso spese.

 

Le motivazioni di questa sentenza non sono, dunque, coerenti con i principi del sistema giuridico italiano tanto da far ribadire con urgenza l’introduzione di un equo compenso per i professionisti, così come ricordato dall’art. 36 della Costituzione. “È impensabile – sottolinea De Luca in un video – che ci possa essere uno Stato che decida a tavolino che il lavoro autonomo può essere non pagato. Questo è soltanto lavoro nero”, conclude.

 

 

Fonte: Fondazione Nazionale Consulenti del Lavoro
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