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Sul canone unico l’ANCI ci riprova sperando in un legislatore distratto

Gennai Stefano • 16 Dicembre 2022

canone-unico-anciIl Dottor Stefano Gennai commenta il pacchetto di emendamenti alla legge di bilancio presentato dall’ANCI, all’interno della quale si trovano proposte di modifica al canone unico patrimoniale.


Sperando, evidentemente, in un legislatore distratto, stordito dalla miriade di disposizioni, l’Associazione Nazionale dei Comuni (ANCI), partecipando al consueto assalto alla diligenza con un proprio pacchetto di emendamenti alla legge di bilancio, ripropone la modifica del comma 818  dell’articolo 1 della Legge 160/2019 in materia di canone unico patrimoniale.

Il comma 818 della Legge 160/2019 sul canone unico

L’attuale formulazione del comma 818, secondo cui: “Nelle aree comunali si comprendono i tratti di strada situati all’interno di centri abitati di comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti, individuabili a norma dell’articolo 2, comma 7,  del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285”, è stata al centro di un vivace dibattito dove anche il MEF è dovuto intervenire per ammettere che “i tratti di strada che attraversano centri abitati con popolazione superiore a 10.000 abitanti sono considerati comunali, mentre quelli che attraversano centri abitati con popolazione non superiore a 10.000 abitanti non possono considerarsi facenti parte del territorio comunale(1).

Per l’individuazione delle “aree comunali” il comma 818 fa infatti espresso rinvio alla suddetta disposizione del codice della strada, la quale distingue a seconda della popolazione dei centri abitati e non dei Comuni nel loro complesso. Da ciò consegue che i Comuni con popolazione complessiva superiore a 10.000 abitanti non possono, sul presupposto dell’occupazione del suolo pubblico, pretendere alcunché quando trattasi di strade provinciali che attraversino i loro centri abitati minori perché quei tratti di strada sono e restano di proprietà della Provincia (o Città Metropolitana).

Questa lettura è conforme ai principi costituzionali, coerente con il sistema, supportata dalle stesse regole sintattiche e semantiche della lingua e consolidatasi col tempo (2).

La proposta di emendamento ANCI

L’ANCI propone di modificare il comma 818 per fargli dire che “Nelle aree comunali si comprendono i tratti di strada situati all’interno di comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti”.

Come si vede, nella formulazione proposta dall’ANCI sparisce non solo il rinvio all’articolo 2, comma 7, del codice della strada, ma sparisce anche il riferimento ai centri abitati, che è la ragione stessa della disposizione, introdotta proprio per disciplinare la specifica fattispecie delle strade che attraversano i centri abitati (3).

Con questa proposta di emendamento l’ANCI torna quindi a recitare il “tutto mio” a favore dei Comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti, senza più neanche fare riferimento ai centri abitati, sì che tutte le strade che attraversano i Comuni sopra i 10.000 abitanti (quindi anche le strade extraurbane) dovrebbero considerarsi “aree comunali” ai fini della spettanza del canone unico, ancorché appartenenti alla Provincia, alla Città Metropolitana o alla Regione; Enti che su tali strade fanno manutenzione ed assumono gli obblighi di custodia.

La proposta dell’ANCI si pone in contrasto con i principi costituzionali: per quale ragione un canone (oltretutto di natura patrimoniale) dovrebbe essere riscosso, sul presupposto dell’occupazione del suolo pubblico, dall’Ente a cui il suolo occupato non appartiene? Alla luce dell’articolo 119 della Costituzione non è possibile ammettere una dissociazione tra appartenenza del suolo occupato e spettanza del canone, tanto più che il legislatore (proprio in relazione alla natura patrimoniale del canone) ha disposto che lo stesso “è comunque comprensivo di qualunque canone ricognitorio o concessorio previsto da norme di legge e dai regolamenti comunali e provinciali, fatti salvi quelli connessi a prestazioni di servizi” e che “sostituisce: (…) il canone di cui all’articolo 27, commi 7 e 8, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, limitatamente alle strade di pertinenza dei comuni e delle province” (comma 816).

Stessa proposta ANCI anche per il comma 837 sul canone mercatale

La medesima proposta di modifica è stata formulata dall’ANCI anche con riferimento al comma 837 dell’articolo 1 Legge 160/2019 in materia di canone mercatale; disposizione sull’interpretazione della quale non c’era mai stata alcuna discussione: ai fini dell’applicazione del canone mercatale, infatti, il comma 837 dispone chiaramente che “si comprendono nelle aree comunali anche i tratti di strada situati all’interno di centri abitati con popolazione superiore a 10.000 abitanti, di cui all’articolo 2, comma 7, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285”, sì che i Comuni con popolazione complessiva superiore a 10.000 abitanti non possono pretendere il canone mercatale quando trattasi di strade provinciali che attraversino i loro centri abitati minori perché quei tratti di strada sono e restano di proprietà della Città Metropolitana e il canone mercatale spetta quindi a quest’ultima.

La prova della malafede

Nella motivazione l’ANCI spiega che la sua proposta “risolve il problema della diversa formulazione prevista, nell’ambito della vigente normativa, tra i commi 818 e 837, e che pone ambiguità in ordine all’individuazione del soggetto attivo del canone patrimoniale tra Comuni e Province”, ma al riguardo è da osservarsi che, da un lato, i commi 818 e 837 dell’articolo 1 Legge 160/2019, come si è visto, si occupano dei centri abitati, ossia delle strade che attraversano i centri abitati e non il territorio comunale nel suo complesso. E, dall’altro, che l’individuazione del soggetto attivo di un canone (specie se di natura patrimoniale) non può che seguire il regime di appartenenza del demanio e del patrimonio indisponibile.

Così, con riferimento ai centri abitati, l’art.2, comma 7, del codice della strada dispone che “Le strade urbane di cui al comma 2, lettere D, E e F, sono sempre comunali quando siano situate nell’interno dei centri abitati, eccettuati i tratti interni di strade statali, regionali o provinciali che attraversano centri abitati con popolazione non superiore a diecimila abitanti”; ciò significando che appartengono al demanio provinciale (o della Città Metropolitana) anche i tratti delle strade provinciali che attraversano i centri abitati con popolazione fino a 10.000 abitanti di Comuni con popolazione complessiva superiore a 10.000 abitanti perché ai fini della proprietà delle strade conta la popolazione dello specifico centro abitato che viene attraversato, non la popolazione complessiva del Comune. E a maggior ragione fuori dai centri abitati, dove nessuno ha mai dubitato sul regime di  appartenenza delle  strade extraurbane e sulla spettanza dei canoni relativi alla loro occupazione.

Così come nessuno ha mai dubitato sul significato del chiarissimo comma 837 (in materia di canone mercatale), la cui richiesta di modifica da parte dell’ANCI conferma l’intento di perseguire esclusivamente l’interesse di bottega dei Comuni con popolazione complessiva superiore a diecimila abitanti anche a discapito di tutti gli altri.

Note

(1) https://www.lentepubblica.it/contabilita-bilancio-tasse-tributi/telefisco-2022-rivincita-province-canone-unico/

(2) https://www.lentepubblica.it/contabilita-bilancio-tasse-tributi/canone-occupazione-strade-provinciali-centri-abitati/

(3) https://www.lentepubblica.it/contabilita-bilancio-tasse-tributi/tosap-canone-unico-centri-abitati/

 

Fonte: articolo di Stefano Gennai
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