Nel caso specifico, con un ricorso il sindacato ha chiesto al Giudice del Lavoro la repressione della condotta antisindacale tenuta dal Dirigente nei confronti dei dipendenti, per avere lo stesso adottato diversi provvedimenti che sembravano essere univocamente finalizzati alla delegittimazione del sindacato ed allo scoraggiamento dello svolgimento delle relative attività sindacali.
In risposta la Procura ha rappresentato che il dirigente ha tenuto una condotta antisindacale nei confronti di alcuni iscritti alla Segreteria aziendale del sindacato SILPOL e, precisamente, ha contestato il trasferimento di un dipendente dal servizio di polizia giudiziaria al servizio di viabilità nonché il demansionamento di un altro dipendente, con revoca dell’incarico seguito dal trasferimento dello stesso in turno notturno in dispregio delle sue condizioni di salute.
Questo come altri casi citati sono stati imputati al dirigente pubblico. Come noto, è definita antisindacale quella condotta che, anche se non tipizzata, sia oggettivamente idonea, in modo diretto o indiretto, a limitare libertà sindacali (Cassazione 3837/2016), colpendo congiuntamente e/o disgiuntamente, il sindacato ed il lavoratore. La norma (art. 28 St. Lav.), infatti, è volutamente generica potendo la condotta limitatoria delle libertà sindacali realizzarsi in una infinità di modi non facilmente classificabili a priori.
Per questo il giudice del lavoro, accogliendo parzialmente le richieste dell’organizzazione sindacale, aveva condannato il Comune datore di lavoro al pagamento delle spese di lite ravvisando condotte di natura antisindacale.
In allegato il testo completo della Sentenza.
Fonte: Corte dei Conti Sicilia