A conclusione della nostra sintetica indagine sulla disciplina civilistica e fiscale dei consorzi tra imprese, appare opportuno dar conto brevemente di una particolare tipologia, specificamente prevista dal legislatore: i consorzi per l’internazionalizzazione. Il Dl 83/2012, recante “Misure urgenti per la crescita del Paese”, ha abrogato la legge 83/1989, che, tra l’altro, prevedeva e disciplinava i consorzi per il commercio estero.
In particolare, l’articolo 42 del decreto ha istituito la nuova figura dei consorzi per l’internazionalizzazione, che “hanno per oggetto la diffusione internazionale dei prodotti e dei servizi delle piccole e medie imprese nonché il supporto alla loro presenza nei mercati esteri anche attraverso la collaborazione e il partenariato con imprese estere”. La norma disciplina le modalità di costituzione di tali organismi, l’oggetto della loro attività istituzionale e i profili tributari. Questi ultimi, in particolare, si concretizzano in una serie di agevolazione agli effetti dell’Iva e delle imposte sui redditi.
Rispetto alla disciplina dei consorzi per il commercio estero dettata dall’abrogata legge 83/1989, la normativa in parola amplia l’oggetto dell’attività istituzionale della nuova tipologia consortile e definisce in maniera più puntuale le relative modalità di costituzione, con particolare riguardo ai requisiti soggettivi richiesti alle imprese per l’appartenenza al consorzio.
Quanto al contenuto dell’attività istituzionale, i consorzi per l’internazionalizzazione hanno per oggetto:
Inoltre, sono considerate funzionali al raggiungimento degli obiettivi appena ricordati le attività relative alla:
In ordine ai requisiti soggettivi, la nuova disciplina non prevede, diversamente dal passato, un numero minimo di imprese partecipanti. Tuttavia, si precisa che “i consorzi per l’internazionalizzazione sono costituiti ai sensi degli articoli 2602 e 2612 e seguenti del codice civile o in forma di società consortile o cooperativa da piccole e medie imprese industriali, artigiane, turistiche, di servizi, agroalimentari, agricole e ittiche, aventi sede in Italia; possono, inoltre, partecipare anche imprese del settore commerciale”.
Ai consorzi per l’internazionalizzazione “sono concessi contributi per la copertura di non più del 50 per cento delle spese da essi sostenute per l’esecuzione di progetti per l’internazionalizzazione, da realizzare anche attraverso contratti di rete con piccole e medie imprese non consorziate”. Si ricordi che in passato la misura di tali contributi ammontava al 40 per cento. Inoltre, e ancora diversamente da quanto previsto dalla previgente disciplina, ai nuovi consorzi per l’internazionalizzazione è ammessa la partecipazione di enti pubblici e privati, di banche e di imprese di grandi dimensioni, purché non fruiscano dei contributi pubblici di cui sopra.
Sotto il profilo tributario, sono previste specifiche agevolazioni, tanto ai fini Iva quanto ai fini delle imposte dirette. In particolare, i servizi resi dai nuovi consorzi per l’internazionalizzazione in favore delle imprese consorziate costituiscono servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali e, pertanto, si qualificano come non imponibili IVA ex articolo 9 del Dpr 633/1972.
In materia di imposte dirette, infine, si stabilisce che “le somme accantonate nelle riserve costituenti il patrimonio netto dei consorzi per l’internazionalizzazione concorrono alla formazione del reddito dell’esercizio in cui la riserva è utilizzata per scopi diversi dalla copertura delle perdite o dall’aumento del fondo consortile o del capitale sociale”. Pertanto, gli utili accantonati a riserve che costituiscono il patrimonio netto del consorzio sono assoggettati a un regime di sospensione d’imposta fino al momento in cui non vengono utilizzati per un fine diverso dalla copertura delle perdite, dall’incremento del fondo consortile o del capitale sociale.
Da ultimo, sempre in tema di tipologie particolari di consorzi, si ricordi che: