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DDL Lavoro Autonomo: ancora tante criticità

lentepubblica.it • 13 Gennaio 2017

autonoma organizzazionePer Confcommercio audizione presso la Commissione Lavoro della Camera dei Deputati.

 


 

L’art. 1, comma 1, dello schema di disegno di legge si rivolge infatti a tutti i rapporti di lavoro autonomo di cui al titolo III del Libro V del codice civile, inclusi i rapporti di lavoro autonomo che hanno una disciplina particolare ai sensi dell’art. 2222 del codice civile (che rinvia al libro IV dello stesso codice), escludendo solo gli imprenditori, anche piccoli. La definizione in termini generali, ovvero estesi a tutto il mondo del lavoro autonomo, dei soggetti inclusi nel campo applicativo del disegno di legge deve esser valutata positivamente, anche se occorre considerare possibili implicazioni critiche.

 

Tra gli aspetti positivi vi è l’attitudine della legge a soddisfare l’esigenza regolativa, da tempo avvertita, di delineare un quadro normativo minimo comune a tutto il variegatissimo universo del lavoro autonomo. Tra le criticità vi è la possibile sfasatura tra il raggio universalistico di applicazione delle norme e le differenziate esigenze di tutela che le diverse categorie di lavoratori autonomi possono esprimere, essendo evidente che diversi sono, sotto molti profili, i bisogni di protezione espressi dal mondo delle collaborazioni coordinate e continuative o da quello che in altri sistemi viene definito il lavoro autonomo economicamente dipendente e quelli presenti nel settore delle libere professioni intellettuali, regolamentate e non, di vecchia e nuova generazione, e dunque esse stesse assai differenziate al proprio interno.

 

L’art. 2 introduce una prima forma di tutela dichiarando applicabili alle transazioni commerciali tra lavoratori autonomi ed imprese ovvero tra lavoratori autonomi – in quanto compatibili e fatta salva l’applicazione delle disposizioni più favorevoli – le disposizioni normative del d. lgs. n. 231 del 2002. Si tratta dell’allargamento a tutto il campo del lavoro autonomo della disciplina dettata (in attuazione della Direttiva 2000/35/CE) in materia di ritardo dei pagamento nelle transazioni commerciali tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, che prevede, tra l’altro, l’automatica decorrenza degli interessi moratori dopo un certo termine, nonché una significativa maggiorazione del relativo saggio.

 

La normativa del 2002 ha già un campo di applicazione piuttosto esteso, in quanto definisce come transazione commerciale il contratto che comporti, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo. In buona sostanza, il d. lgs. n. 231 del 2002 muove dalla nozione di libera prestazione dei servizi propria del diritto dell’Unione europea, adottando conseguentemente una definizione di imprenditore estesa anche a chi esercita una libera professione, con una indubbia innovazione rispetto alla nostra tradizione giuridica, ove almeno la prestazione d’opera intellettuale non è come noto assimilabile alla mera transazione commerciale (art. 2229 cod. civ.).

 

 

 

 

 

 

Fonte: Confcommercio
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