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FAQ – Domande frequenti sui prezzi al consumo

lentepubblica.it • 9 Maggio 2014

1. Cosa si intende per “inflazione”?

Con il termine “inflazione” ci si riferisce al fenomeno dell’aumento continuo e generalizzato dei prezzi. Si ha inflazione nel caso in cui gli aumenti dei prezzi siano diffusi nel sistema economico e tendano a ripetersi nel corso del tempo (al contrario, si parla di “deflazione” qualora i prezzi mostrino una tendenza diffusa e persistente alla diminuzione). Da questo punto di vista, un aumento dell’inflazione corrisponde ad una situazione in cui aumenta la velocità di crescita dei prezzi, mentre una riduzione dell’inflazione si verifica nel caso in cui i prezzi, pur essendo in aumento, crescono ad una velocità minore.

2. Cos’è la perdita del potere di acquisto della moneta?

E’ la diminuzione dell’insieme di beni e servizi che si possono acquistare con lo stesso ammontare di moneta in presenza di aumenti dei prezzi. Per fare un semplice esempio: se i prezzi di un determinato paniere di prodotti nel corso del tempo seguono un andamento crescente, a parità di moneta spesa, sarà possibile acquistare quantità sempre minori di quegli stessi prodotti.

3. Come si misura l’inflazione?

La misura dell’inflazione consiste nel calcolo mensile della variazione dei prezzi di un insieme prefissato di beni e servizi (cosiddetto “paniere”). In Italia, come negli altri Paesi europei, il calcolo dell’indice è affidato all’Istituto nazionale di statistica. L’Istat produce tre diversi indici: l’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC); l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) e l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI). L’indice NIC è quello utilizzato per la misura dell’inflazione nazionale. L’indice IPCA è calcolato per assicurare una misura dell’inflazione comparabile con i paesi dell’Ue; l’indice FOI è generalmente utilizzato per le rivalutazioni monetarie. Per gli indici nazionali NIC e FOI, per il 2014, il calcolo della variazione dei prezzi riguarda un paniere di 1.447 prodotti (dalla pasta al trasporto aereo passeggeri, dal pane ai personal computer, dalla benzina alle consumazioni al bar ecc.) rappresentativi di tutti quelli consumati dalle famiglie. Per l’indice IPCA, il paniere è costituito da 1.463 prodotti.
Da marzo 2012, l’Istat diffonde anche l’indice IPCA a tassazione costante (IPCA-TC), che considera lo stesso paniere e la stessa struttura di ponderazione dell’indice IPCA ma si differenzia da questo per l’utilizzo di indici di prezzo depurati degli effetti dovuti a eventuali cambiamenti delle imposte indirette (Iva, accise e imposte su specifici prodotti).

4. Dove si trovano i dati sugli indici dei prezzi al consumo?

I dati più aggiornati si possono trovare nella sezione Inflazione del sito internet dell’Istat, sul datawarehouse I.Stat e presso i Centri di informazione statistica. Con riferimento a I.Stat, i dati sono collocati all’interno del tema Prezzi, sottotema Prezzi al consumo e sono diffusi a livello nazionale e sub-nazionale per gli indici NIC e FOI (entrambi da gennaio 1996) e a livello nazionale per gli indici IPCA (da gennaio 2001) e IPCA-TC (da gennaio 2002). Sempre su I.Stat, sono disponibili unitamente agli indici mensili e annuali, le variazioni percentuali (congiunturali, tendenziali e medie annue) e le strutture di ponderazione.

5. Quali prezzi sono rilevati per costruire l’indice dei prezzi al consumo?

I prezzi rilevati per il 2014 sono quelli riferiti a 1.447 beni e servizi, rappresentativi dei consumi delle famiglie. Si tratta del cosiddetto paniere, articolato in 12 divisioni di spesa, ognuna con un proprio peso: Prodotti alimentari e bevande analcoliche; Bevande alcoliche e tabacchi; Abbigliamento e calzature; Abitazione, acqua, elettricità e combustibili; Mobili, articoli e servizi per la casa; Servizi sanitari e spese per la salute; Trasporti; Comunicazioni; Ricreazione, spettacoli e cultura; Istruzione; Servizi ricettivi e di ristorazione; Altri beni e servizi. All’interno delle divisioni di spesa, ogni bene e servizio partecipa al calcolo dell’indice con un peso pari all’importanza che assume sul totale dei consumi. Ad esempio, il pane pesa nel paniere per l’1,1%, mentre la pasta soltanto per lo 0,6%, la camera d’albergo per il 2,4% e i campeggi soltanto per lo 0,1%.

6. Come vengono selezionati i beni e servizi che fanno parte del paniere?

I prodotti del paniere e il peso loro attribuito sono definiti sulla base della spesa sostenuta dalle famiglie, in modo da rappresentare la struttura dei consumi della popolazione. Ogni anno viene definito un campione di prodotti la cui dinamica di prezzo è rappresentativa di quella di un insieme più ampio: ad esempio, per calcolare la variazione dei prezzi dell’insieme dei “Piccoli accessori elettrici” si seguono i prezzi di presa corrente, pila elettrica, lampadina a risparmio energetico, multipresa. La definizione delle principali voci di spesa e la stima del loro peso avviene utilizzando quale fonte principale i dati relativi ai consumi finali stimati dalla Contabilità Nazionale. L’articolazione di tali voci fino alla selezione dei singoli prodotti da inserire nel paniere e la stima del loro peso, viene effettuata utilizzando fonti diverse sia interne (Indagine sui consumi che coinvolge ogni anno circa 28 mila famiglie italiane; indagini sul commercio estero, produzione industriale e movimento turistico) sia esterne all’Istat (dati ACNielsen, SIAE ecc.) in modo da assicurare un’accurata copertura informativa.

7. Il paniere è sempre lo stesso?

No, il paniere viene aggiornato ogni anno per rappresentare gli effettivi comportamenti di acquisto delle famiglie e tenere conto dei mutamenti che intervengono in questi comportamenti e nell’offerta dei prodotti sul mercato. Ogni anno cambiano sia i beni e i servizi compresi nel paniere sia il loro peso. Ad esempio, per il paniere relativo al 2014 alcuni inserimenti riflettono la modifica dei consumi delle famiglie in relazione all’evoluzione dei comportamenti (come nel caso del formaggio grattugiato in confezione o di quello spalmabile in confezione, del caffè in cialde o capsule e della macchina da caffè in cialde o capsule) e dei cambiamenti dell’offerta, in particolare quelli legati alle nuove tecnologie (come nel caso della fotocamera large sensor e del notebook ibrido). Altri aggiornamenti del paniere possono rispondere all’esigenza di un miglioramento della copertura delle voci di spesa delle famiglie (è il caso dell’inserimento di tre nuovi prodotti per l’abbigliamento per bambina/o e dell’inserimento del parcheggio auto lunga sosta – pubblico).

8. Dove vengono rilevati i prezzi?

Nel 2014 la rilevazione sul territorio avviene in 80 comuni (19 capoluoghi di regione e 61 capoluoghi di provincia) con riferimento al paniere completo, e in altri 11 comuni capoluoghi di provincia per un sottoinsieme di prodotti riferito alle tariffe locali e ad alcuni servizi. I prezzi vengono rilevati presso più di 41.000 unità di rilevazione (punti vendita, inclusi piccoli esercizi commerciali, grande distribuzione e mercati rionali; imprese; istituzioni), alle quali si aggiungono circa 8.000 abitazioni per la parte che riguarda gli affitti. Nel complesso, sono 500.600 le quotazioni di prezzo rilevate sul territorio ogni mese. Le unità di rilevazione selezionate vengono aggiornate annualmente dai comuni sulla base dei cambiamenti intervenuti nelle abitudini di consumo, nella rete distributiva e nella struttura urbanistica del territorio, nel rispetto delle indicazioni impartite dall’Istat che effettua attività di coordinamento e supervisione. Alle quotazioni rilevate sul territorio si aggiungono le 95.000 quotazioni rilevate direttamente dall’Istat.

9. Come avviene la raccolta dei dati?

Sono due le modalità di rilevazione dei dati: la prima, che riguarda più di tre quarti dei prodotti del paniere, è la rilevazione effettuata dai rilevatori comunali sul territorio, la seconda, relativa a poco meno di un quarto del paniere, è la rilevazione condotta direttamente dall’Istat.
Con riferimento alla rilevazione sul territorio, all’inizio di ogni anno l’Istat invia agli uffici comunali di statistica l’elenco di prodotti da rilevare, in cui ogni bene e servizio è corredato da una serie di informazioni che lo specificano (ad esempio il tipo di confezionamento per i prodotti alimentari e per la casa oppure il modello e il tessuto per i prodotti dell’abbigliamento) e consentono di rilevarlo in modo omogeneo in tutta Italia. È cura del rilevatore individuare per ciascun prodotto, all’interno di ogni punto di rilevazione, il più venduto fra quelli che hanno le caratteristiche definite dall’Istat. Il prezzo di quello stesso prodotto, mese dopo mese, viene monitorato per un anno intero.
La raccolta dei prezzi effettuata direttamente dall’Istat riguarda quei prodotti che: hanno prezzi uniformi su tutto il territorio nazionale (come tabacchi, periodici, medicinali di fascia A, servizi telefonici e alcuni servizi di trasporto, pacchetti vacanze nazionali e internazionali); sono soggetti a continui cambiamenti tecnologici (computer, telefoni cellulari ecc.); non vengono fruiti soltanto dalla popolazione del comune interessato (sono tipicamente servizi come camping, stabilimenti balneari, agriturismo, ecc.). La rilevazione diretta viene effettuata principalmente via internet, mediante nuove tecniche di raccolta dati che utilizzano procedure automatiche di web scraping.
Nel 2014, l’incidenza dei prodotti la cui rilevazione viene effettuata dai comuni, calcolata in base al peso di ciascun prodotto nell’indice NIC, è pari al 77,4%, quella dei prodotti i cui prezzi sono rilevati direttamente dall’Istat è pari al 22,6%.

10. In quale periodo e con quale frequenza vengono monitorati i prezzi?

Per la rilevazione sul territorio, i prezzi vengono monitorati nei primi 15 giorni lavorativi del mese, e nello specifico: due volte al mese per quelli a elevata variabilità (frutta, ortaggi e prodotti ittici freschi, carburanti da autotrazione e da riscaldamento); una volta al mese per quelli dei restanti prodotti del paniere.
Per quanto riguarda la rilevazione effettuata direttamente dall’Istat, generalmente i prezzi sono monitorati fra l’1 e il 21 del mese, con alcune eccezioni (trasporti, quotidiani e periodici, servizi turistici, ricreativi e culturali).

11. Vengono monitorati anche i prezzi scontati?

Sì. Per il calcolo dell’indice IPCA vengono monitorati i prezzi scontati che hanno carattere di temporaneità, ovvero sono applicati in occasione di vendite straordinarie (di liquidazione, di fine stagione e promozionali, a condizione che il prodotto offerto presenti un assortimento adeguato di tagli e/o modelli).
Dal 2014, la rilevazione dei prezzi scontati è estesa anche ai casi, in precedenza esclusi, delle offerte “prendi 2 paghi 1” e delle offerte associate al possesso di “carte fedeltà” acquisibili gratuitamente.
Per il calcolo degli indici NIC e FOI gli sconti vengono considerati solo se sono applicati senza soluzioni di continuità, per un periodo superiore a tre mesi.

12. I dati sulla rilevazione dei prezzi al consumo vengono controllati?

I controlli avvengono sia a livello locale sia a livello centrale. Gli Uffici di Statistica dei comuni coinvolti nella rilevazione devono fornire all’Istat un elenco dei singoli punti vendita visitati e dei prodotti rilevati in ciascuno di essi. Inoltre, presso ciascun comune è istituita per legge una Commissione Comunale di Controllo, presieduta dal sindaco o da un suo delegato, che ha il compito di verificare i prezzi rilevati, le modalità di elaborazione dei dati secondo le disposizioni dettate dall’Istat e la rispondenza fra il numero dei rilevatori impiegati e le reali esigenze della rilevazione.
L’Istat, a sua volta, effettua verifiche e controlli di coerenza sulle informazioni che riceve sia dagli 80 comuni che concorrono alla stima dell’inflazione con il paniere completo sia dagli 11 comuni che partecipano alla rilevazione per il sottoinsieme del paniere relativo a tariffe locali e alcuni servizi.

13. Cosa succede una volta rilevati i singoli prezzi?

Utilizzando le quotazioni rilevate dai comuni coinvolti e le quotazioni rilevate centralmente, l’Istat elabora un indice elementare per ogni singolo prodotto. Per aggregazioni successive, attraverso medie ponderate, che riguardano sia i prodotti che il territorio, si arriva all’indice generale. Il peso con cui i comuni partecipano al calcolo dell’indice è funzione dell’ampiezza demografica degli stessi.

14. Come viene calcolato l’indice dei prezzi per i prodotti stagionali quando questi sono fuori stagione?

I prodotti del paniere che hanno una presenza stagionale sul mercato sono soprattutto gli ortaggi e la frutta fresca, l’abbigliamento e le calzature. Per questi prodotti l’Istat, in conformità a un Regolamento europeo, ha fissato un calendario di rilevazione definendo i mesi nei quali un prodotto va rilevato e quelli nei quali non va rilevato. Nel mese in cui un prodotto non è rilevato perché fuori stagione, il suo prezzo viene stimato. La stima è fatta applicando all’ultimo prezzo disponibile la variazione che, in quel determinato mese, hanno registrato, rispetto al mese precedente, i prodotti in stagione appartenenti al medesimo gruppo. Ad esempio nel caso dell’abito da uomo, il paniere include sia quello invernale sia quello estivo. A partire da marzo l’abito invernale non è più in rilevazione e da allora il suo prezzo è stimato applicando all’ultima quotazione disponibile la variazione di prezzo registrata per l’abito estivo.

15. Perché a volte i consumatori hanno l’impressione che l’aumento dei prezzi sia superiore a quello rilevato dall’Istat?

Occorre ricordare che l’indice dei prezzi al consumo misura le variazioni dei prezzi dell’insieme dei beni e servizi che possono essere acquistati sul territorio nazionale. È difficile, per il singolo consumatore, riconoscere nelle variazioni di prezzo della spesa complessiva dell’intera popolazione presente quelle della propria spesa quotidiana. Tra l’altro, alcuni prodotti, che pure subiscono rincari significativi, hanno comunque una bassa incidenza sulla spesa totale del complesso delle famiglie, di conseguenza, l’impatto degli aumenti di prezzo sul calcolo dell’indice generale è limitato: ad esempio, malgrado il prezzo del giornale quotidiano aumenti del 9,8%, come è accaduto fra dicembre 2012 e dicembre 2013, l’incidenza nella spesa familiare effettiva è comunque limitata, poiché il suo peso all’interno del paniere è inferiore allo 0,4%.

16. Perché per alcune voci, come gli affitti e l’assicurazione auto, si ha l’impressione che l’incidenza effettiva sui bilanci familiari sia più alta del peso attribuito loro nel paniere?

Gli affitti pesano sul paniere per il 2,5% poiché soltanto il 16,5% (dati del Censimento 2011) delle famiglie italiane vive in un’abitazione in affitto. L’indice generale viene ovviamente condizionato da questo fenomeno: in pratica, una spesa sostenuta dal 16,5% delle famiglie italiane viene ripartita sull’intera popolazione. Il peso dell’assicurazione sui mezzi di trasporto, che incide nel paniere per l’1,1%, è considerato valutando i premi pagati nell’anno dalle famiglie al netto dei rimborsi (vale a dire, si tiene conto dei rimborsi che le famiglie ottengono in caso di sinistro). È evidente che il suo peso nel paniere risente di questa modalità di calcolo che, a prima vista, penalizza le famiglie che non hanno subito sinistri, poiché pagano il premio ma non incassano rimborsi. Anche in questo caso, il complesso delle famiglie italiane viene considerato come una sola famiglia che sostiene un’unica spesa (il premio dell’assicurazione) e riceve un unico rimborso. Questa metodologia di valutazione viene peraltro adottata nella maggior parte dei Paesi europei, in virtù di un regolamento comunitario.

17. Perché la spesa per l’acquisto della casa non viene considerata nel calcolo dell’inflazione?

Il motivo per cui attualmente l’acquisto della casa non viene considerata nel calcolo dell’inflazione è che, in base agli schemi classificatori del Sistema Europeo dei Conti (SEC 95), l’acquisto della casa rappresenta una spesa per investimenti e non per consumi. Tuttavia, nel calcolo degli indici dei prezzi al consumo vengono considerate le spese legate all’abitazione: fornitura acqua, elettricità, combustibile (gas, gasolio per riscaldamento), spese per riparazione e manutenzione ordinaria della casa (elettricista, idraulico, compenso per operaio edile, piastrelle, rubinetteria ecc.) e spese condominiali.

Per quanto riguarda i prezzi delle abitazioni, in conformità a un Regolamento europeo, da ottobre 2012 l’Istat diffonde, con cadenza trimestrale, l’Indice dei prezzi delle abitazioni (IPAB) acquistate dalla famiglie sia per fini abitativi sia per fini più strettamente d’investimento. Nel frattempo si sta lavorando alla produzione di un indice dei prezzi riferito alle abitazioni acquistate dalle famiglie esclusivamente per fini abitativi ed è in corso una riflessione a livello comunitario sulla possibilità negli anni a venire di incorporarne gli andamenti nel calcolo dell’inflazione.

18. Esiste un modo per calcolare quanto le variazioni di prezzo incidono sui bilanci di spesa di diverse tipologie familiari?

Sì, ma va sottolineato che l’impatto della crescita dei prezzi al consumo sui bilanci familiari dipende dalle abitudini di spesa della singola famiglia. Ognuna infatti mette in atto comportamenti distinti, acquistando beni e servizi differenti per caratteristiche e quantità, in punti di vendita di diverse tipologie distributive (piccolo negozio, supermercato, discount, ecc.) tenendo conto del proprio reddito disponibile, della condizione professionale e dell’età dei componenti, delle proprie preferenze e così via.
Considerate le difficoltà a individuare la struttura dei consumi per classi di reddito, si è optato per stimare gli effetti dell’inflazione sulle famiglie, distinte in base ai loro livelli di consumo, ritenendo tali livelli rappresentativi di una maggiore o minore capacità di spesa. A partire dal 2013, l’Istat calcola e diffonde ogni sei mesi gli indici IPCA riferiti alle famiglie italiane, suddivise in base al livello della loro spesa complessiva. Per ciascuna classe di spesa vengono stimati differenti sistemi di ponderazione che riflettono la diversa importanza delle varie voci di spesa nel bilancio delle famiglie.

19. Come avviene la diffusione degli indici dei prezzi al consumo?

Per il NIC e l’IPCA, la diffusione avviene attraverso due comunicati stampa mensili: con il primo (rilasciato alla fine del mese di riferimento) si rende disponibile una stima preliminare dell’inflazione; con il secondo (previsto intorno alla metà del mese successivo) la stima definitiva, calcolata una volta acquisite tutte le informazioni e dopo aver completato tutte le operazioni di controllo e correzione. Per l’indice FOI e per l’IPCA-TC, la diffusione dei dati avviene solo in occasione del rilascio della stima definitiva. Contestualmente alla diffusione della stima preliminare da parte dell’Istat, anche 36 Comuni comunicano la stima preliminare dell’inflazione riferita al proprio territorio.

20. Eurostat, l’ufficio di statistica dell’Unione europea, diffonde indici diversi da quelli prodotti dall’Istat?

Si tratta degli stessi dati. Infatti l’indice IPCA viene calcolato, pubblicato ed inviato dall’Istat a Eurostat mensilmente, secondo un calendario prefissato. Eurostat, a sua volta, diffonde gli indici armonizzati dei singoli Paesi dell’Ue e sulla base di questi elabora e pubblica l’indice sintetico europeo.

21. Quale indice dei prezzi al consumo si utilizza per aggiornare affitti, assegni di mantenimento e TFR?

Per adeguare periodicamente i valori monetari, ad esempio affitti, assegni dovuti al coniuge separato e TFR, si utilizza l’indice generale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI) al netto dei tabacchi. I dati si trovano nella sezione Indice dei prezzi per le rivalutazioni monetarie. Da dicembre 2011, inoltre, è disponibile sul sito web dell’Istat il Sistema “Rivaluta”  che consente di effettuare gli adeguamenti dei valori monetari tramite lo strumento del calcolatore. Infine, è anche attiva una casella di risposta automatica al numero 06 4673.3105.

22. Come si calcola la variazione congiunturale?

La variazione percentuale tra l’indice del mese m e l’indice del mese immediatamente precedente, m-1, è pari al loro rapporto, moltiplicato per 100, meno 100; il risultato finale arrotondato a 1 decimale.

Ad esempio, la variazione tra l’indice di febbraio 2011 e l’indice di gennaio 2011 è

il risultato finale è arrotondato ad 1 decimale.

Se la base di riferimento degli indici messi a confronto è diversa si utilizza nel calcolo il coefficiente di raccordo. Ad esempio, con l’aggiornamento a partire dai dati di gennaio 2011 della base di riferimento all’anno 2010 dell’indice NIC e dell’indice FOI (base precedente 1995=100), la variazione tra l’indice di gennaio 2011 e l’indice di dicembre 2010 è

il risultato finale è arrotondato ad 1 decimale.

è il coefficiente di raccordo dalla base 1995 alla base 2010 ed è pari all’indice medio del 2010 espresso nella base 1995, diviso 100.

Per l’utilizzo dei coefficienti di raccordo nel calcolo delle variazioni percentuali tra indici in basi diverse si rimanda alla Nota metodologica allegata al Comunicato stampa – Prezzial consumo.

23. Come si calcola la variazione tendenziale?

La variazione percentuale tra l’indice del mese m dell’anno t e l’indice del corrispondente mese dell’anno precedente t-1, è pari al loro rapporto, moltiplicato per 100, meno 100; il risultato finale arrotondato a 1 decimale.

Ad esempio, la variazione tra l’indice di febbraio 2010 e l’indice di febbraio 2009 è

il risultato finale è arrotondato ad 1 decimale.

Se la base di riferimento degli indici messi a confronto è diversa si utilizza nel calcolo il coefficiente di raccordo. Ad esempio, con l’aggiornamento a partire dai dati di gennaio 2011 della base di riferimento all’anno 2010 dell’indice NIC e dell’indice FOI (base precedente 1995=100), la variazione tra l’indice di febbraio 2011 e l’indice di febbraio 2010 è

il risultato finale è arrotondato ad 1 decimale.

è il coefficiente di raccordo dalla base 1995 alla base 2010 ed è pari all’indice medio del 2010 espresso nella base 1995, diviso 100.

Per l’utilizzo dei coefficienti di raccordo nel calcolo delle variazioni percentuali tra indici in basi diverse si rimanda alla Nota metodologica allegata al Comunicato stampa – Preezzi al consumo. l

24. Come si calcola la variazione media annua?

Per gli indici NIC e FOI, la variazione percentuale tra l’indice medio dell’anno t e l’indice medio dell’anno t-1, è pari al loro rapporto, moltiplicato per 100, meno 100; il risultato finale arrotondato a 1 decimale.

Ad esempio, la variazione tra l’indice medio del 2010 e quello del 2009 è


il risultato finale è arrotondato ad 1 decimal

 

FONTE: Istat

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