Qual è la situazione dei fondi pensione in Italia nel 2023? Sono ancora vantaggiosi per i risparmiatori? Scopriamolo attraverso i dati forniti da un recente dossier della COVIP.
Negli ultimi tempi la questione relativa alle pensioni è sempre al centro del dibattito. Ma non si tratta solo di età per andare in pensione, uscita anticipata o altro.
A far parlare spesso, infatti, sono anche le varie forme di previdenza o le varie metodologie per accumulare “risparmio” in vista dell’arrivo alla pensione.
Negli ultimi tempi si è sottolineato da più parti come il trattamento di fine rapporto abbia battuto nell’ultimo anno la pensione complementare mettendo a segno una sorta di “rivincita”.
Ciò nonostante i fondi pensione in Italia, anche nel 2023, sono ancora una scelta piuttosto gettonata: scopriamo, attraverso gli ultimi dati forniti dalla COVIP (Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione) se questi sono ancora opzioni vantaggiose per i risparmiatori.
Si ricorda che in Italia, nel settore della previdenza complementare, operano le seguenti tipologie di forme pensionistiche:
Proviamo a vedere qual è la situazione attuale dei fondi pensione e qual è il loro rendimento attuale.
Sulla base di stime ancora preliminari, nel terzo trimestre 2022 il totale degli iscritti alla previdenza complementare ha raggiunto circa i 9,1 milioni di individui. In percentuale delle forze di lavoro, il tasso di partecipazione è di circa il 36,3 per cento.
Si tratta di numeri cospicui che delineano una predilezione per questi strumenti ancora piuttosto accentuata.
Ma a livello di rendimento possono ancora essere considerati degli strumenti vantaggiosi per i risparmiatori?
Gli ultimi dati resi noti dalla Covip mostrano rendimenti in forte calo, per gli azionari e in misura minore per buona parte dei bilanciati, quando si allarga l’orizzonte dagli ultimi 10 agli ultimi 20 anni (a fine 2022).
Infatti le perturbazioni che si sono determinate nell’economia mondiale e sui mercati finanziari a seguito della guerra d’invasione dell’Ucraina si sono riflesse anche sugli attivi fondi pensione, determinando, in particolare nei primi tre trimestri del 2022, perdite in conto capitale e rendimenti netti negativi.
Tuttavia, facendo riferimento a orizzonti temporali di medio–lungo periodo, adeguati alla natura del risparmio previdenziale, nonostante i cali degli ultimi mesi i rendimenti si sono mantenuti positivi.
Quindi la COVIP invita a non dare solo evidenza ai dati negativi, ma
Sul periodo di osservazione relativo al decennio 2012–2021 il rendimento netto medio annuo composto, al netto dei costi di gestione e della fiscalità, riferito alla media dei comparti di investimento:
Le differenze di rendimento tra le diverse forme sono correlate positivamente alla quota di azioni presente nei rispettivi portafogli.
Su analogo orizzonte temporale la rivalutazione annua composta del TFR è stata dell’1,9 per cento.
Aggiungendo a tale decennio i primi nove mesi del 2022, i rendimenti medi annui restano positivi:
La rivalutazione del TFR nello stesso periodo è del 2,2 per cento.
Oltre all’asset allocation adottata, alle differenze di rendimento tra le forme contribuiscono anche i divari nei livelli di costo.
I PIP restano i prodotti più onerosi: su un orizzonte temporale di dieci anni, l’Indicatore Sintetico dei Costi (ISC), introdotto dalla COVIP come strumento di comparabilità tra le diverse forme di risparmio previdenziale, è in media del 2,18 per cento (1,88 per cento per le gestioni separate di ramo I e 2,34 per cento per le gestioni di ramo III).
Si osserva inoltre una accentuata dispersione dei costi dei PIP offerti sul mercato, il che influisce anche sui rendimenti conseguiti.
Si conferma, invece, la minore onerosità dei fondi pensione negoziali: sul medesimo orizzonte temporale, l’indicatore è dello 0,45 per cento. È dell’1,36 per cento per i fondi pensione aperti.
Potete consultare qui di seguito il documento completo.