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Chi abusa di Internet sul lavoro può essere licenziato?

lentepubblica.it • 22 Giugno 2017

internet sul lavoroLicenziamento da un datore di lavoro nei confronti di un dipendente che ha abusato ripetutamente della connessione internet messa a disposizione dall’azienda: è legittimo? La decisione della Corte di Cassazione.


 

Un dipendente di una società era stato  licenziato, poiché aveva abusato della connessione internet del PC aziendale. Il lavoratore impugnava il licenziamento effettuato sulla base del codice di regolamento dell’uso delle dotazioni aziendali, da lui non conosciuto.

 

Il fatto che il ricorrente non fosse stato posto nelle condizioni di conoscere tempestivamente le disposizioni sull’utilizzo degli apparati mobili aziendali, contenute nel regolamento, non attiene al requisito di specificità che deve possedere la contestazione disciplinare, operando sul diverso piano dell’ascrizione di una condotta di cui si assume che non potesse essere nota la illiceità.

 

Il giudice di merito ha posto in rilievo come ci si trovi di fronte, nella specie, “ad un utilizzo della dotazione aziendale per fini personali non sporadica e/o eccezionale, bensì sistematica in considerazione della frequenza (complessivamente 27 connessioni), della durata dell’accesso (complessivamente 45 ore) e dello scambio di dati di traffico (migliaia di kbyte)” e come tale condotta integri con evidenza un utilizzo indebito dello strumento aziendale non solo “reiterato” ma anche, e di conseguenza, “intenzionale”.

 

Sulla base di tali elementi, come della loro correlazione al “ruolo” di responsabilità che il soggetto ricopriva in azienda (“di controllore della qualità dei sinistri sul territorio nazionale”), la Corte è infine pervenuta a ritenere legittima l’adozione di un provvedimento espulsivo, pur dando atto di una serie di elementi idonei a privare di un persuasivo fondamento la ritenuta giusta causa di recesso.

 

Si tratta di un insieme unitario di accertamenti di fatto che rientrano nella competenza esclusiva del giudice di merito e rispetto ai quali l’insieme di circostanze, specificate nel sesto e nel settimo motivo per essere ulteriormente riprese in quelli successivi, non si offrono come “decisive” al fine di una diversa ricostruzione della fattispecie.

 

 

 

Fonte: Corte di Cassazione
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