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Interruzioni gravidanze: i danni della massiccia obiezione di coscienza

lentepubblica.it • 17 Febbraio 2016

interruzione gravidanza, pillolaDonne costrette all’aborto “clandestino” dalla massiccia obiezione di coscienza che ha impedito l’applicazione della legge 194: la denuncia di Federconsumatori, riportata nel comunicato qui di seguito.

 

Troviamo sconcertante quanto recentemente previsto dal Decreto depenalizzazioni. Riteniamo gravissimo colpire con sanzioni punitive le donne che hanno visto negati i diritti riconosciuti e minacciate le conquiste di libertà e dignità.

 

L’obiezione di coscienza, le liste di attesa, le strutture sanitarie che negano la possibilità di accedere: sono tutti elementi che spesso hanno costretto molte donne a fare ricorso ad aborti “clandestini”. Pratiche che vanno certamente contrastate, perché spesso non sicure.

 

Ma il miglior modo per evitare il ricorso a tali fenomeni è garantire la piena applicazione della legge 194, sanzionando e punendo chi impedisce l’accesso ad un diritto riconosciuto. Federconsumatori chiede maggiori controlli sulla piena applicazione della legge 194 nelle strutture sanitarie del nostro Paese, affinché siano messe in condizione di garantire l’interruzione volontaria di gravidanza in piena sicurezza.

 

Purtroppo in Italia ci scontriamo ancora con disinformazione e pratiche retrograde, come recentemente dimostrato da una recente ricerca, che ha dimostrato come, nelle farmacie, venga ancora richiesta la ricetta per la somministrazione della “pillola dei 5 giorni dopo”, senza che sia affatto necessaria (per le donne maggiorenni).

 

Per dare forza alle libertà e ai diritti conquistati dalle donne chiediamo al Governo di:

 

– abbandonare logiche colpevolizzanti e interventi punitivi;

 

– monitorare il fenomeno con particolare attenzione ad adolescenti e giovani;

 

– organizzare campagne di informazione su contraccezione e “sesso sicuro”;

 

– incoraggiare e garantire il più ampio accesso alla pillola del giorno dopo e dei cinque giorni dopo. 

Fonte: Federconsumatori
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