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Malattie Croniche: nel 2020 80% di tutte le patologie

lentepubblica.it • 17 Febbraio 2017

malattie cronicheNel 2020 le malattie croniche rappresenteranno l’80% di tutte le patologie: lanciato un nuovo allarme.


 

Hanno un’insorgenza graduale nel tempo, cause multiple e non sempre identificabili e richiedono assistenza sanitaria a lungo termine, con cure continue e non risolutive. È l’identikit delle patologie croniche, responsabili a livello globale dell’86% di tutti i decessi, con una spesa sanitaria di 700 miliardi di euro; nel 2020 rappresenteranno l’80% di tutte le patologie nel mondo. In Europa, malattie come lo scompenso cardiaco, l’insufficienza respiratoria, i disturbi del sonno, il diabete, l’obesità, la depressione, la demenza, l’ipertensione e l’ipercolesterolemia colpiscono l’80% delle persone oltre i 65 anni e con il progressivo invecchiamento della popolazione le malattie croniche diventeranno sempre più la principale causa di morbilità, disabilità e mortalità. L’Italia, con una percentuale di over 65 sul totale della popolazione, pari al 21,2%, è in prima linea. È quanto emerso dal workshop istituzionale ‘Il paziente al centro: la gestione integrata della cronicità‘ organizzato a Roma da Msd Italia nell’ambito del progetto #Insieme per il cuore.

 

Attualmente circa due milioni e 600mila anziani vivono in condizione di disabilità e il 51% della spesa per i ricoveri ospedalieri è attribuita alla fascia di età over 65. “Una vera e propria emergenza sanitaria– è emerso dall’incontro- che cambia il modello stesso dell’assistenza spostando sempre più il baricentro dall’ospedale al territorio”. Per affrontare la sfida il ministero della Salute-Direzione generale della Programmazione sanitaria ha messo a punto il Piano nazionale della cronicità che disciplina le modalità di assistenza dei pazienti affetti da malattie croniche, armonizzando a livello nazionale le attività e prevedendo l’ospedale come snodo di alta specializzazione; l’integrazione tra l’assistenza primaria, centrata sul medico di medicina generale, e le cure specialistiche; la continuità assistenziale per supportare il paziente in ogni fase; il potenziamento delle cure domiciliari e la riduzione dei ricoveri ospedalieri (anche attraverso l’uso di ‘tecnoassistenza’) e i piani di cura personalizzati sono i capisaldi della strategia che ha l’obiettivo “di migliorare la tutela per le persone affette da malattie croniche, riducendone il peso sull’individuo, sulla sua famiglia e sul contesto sociale”.

 

Tra le sfide alle quali è chiamato a rispondere il sistema sanitario, intanto, c’è sicuramente il diabete, una delle malattie croniche a più rapida crescita, che in Italia colpisce circa 3.600.000 di persone e che entro il 2035 sfiorerà in Europa il tetto dei 70 milioni di pazienti, contro gli attuali 52 milioni. “Dei pazienti italiani, solo 1 su 3 ha un adeguato controllo del diabete– hanno fatto sapere gli esperti nel corso dell’incontro- mentre gli altri vanno incontro alle complicanze della malattia: si stima che il 50% dei pazienti muoia a causa di malattie cardiovascolari, il 10-20% per insufficienza renale, mentre il 10% subisce un danno visivo. Tra le persone anziane con diabete di tipo 2 gli eventi cardiovascolari legati alle complicanze della malattia sono la principale causa di mortalità: il 70% dei decessi in questa fascia d’età è dovuto ad un evento cardiovascolare, in primis infarti e ictus“. Altissimo l’impatto economico per il Servizio sanitario nazionale, con costi complessivi, diretti e indiretti, stimati in 20,3 miliardi di euro l’anno.

 

“Ma l’attuale gestione del diabete non valorizza il ruolo di riferimento del medico di medicina generale– hanno proseguito dal workshop- che, insieme al medico specialista, rappresenta il perno attorno al quale ruota una corretta gestione integrata del paziente e ne limita la libertà prescrittiva lasciando nel suo armamentario terapeutico, oltre alla classica metformina, le sole sulfoniluree che, secondo i dati della letteratura scientifica, aumentano il rischio cardiovascolare e la mortalità rispetto ai farmaci di più nuova generazione come per esempio i DPP-4 inibitori. Il paradosso è che questi farmaci, nonostante il comprovato profilo di efficacia e sicurezza, possono essere prescritti soltanto dallo specialista diabetologo, negando così l’accesso alla terapia per un numero elevato di pazienti o affollando inutilmente i centri di diabetologia per la prescrizione di questi farmaci”.

 

Un’effettiva presa in carico del paziente da parte del medico di medicina generale, con la possibilità di prescrivere tutti i farmaci, inclusi quelli innovativi, sarebbe quindi “un’opportunità per ridurre l’impatto crescente del diabete e favorire una più ottimale gestione delle complicanze. Ma questa indicazione, sostenuta da anni dai medici, specialisti e di famiglia, e dai pazienti- hanno concluso- non è ancora stata accolta”.

Fonte: Agenzia DIRE (www.dire.it)
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