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Prevenzione e repressione: serve un coordinamento?

Fabiano Santo • 3 Agosto 2020

È indubitabile che una “buona repressione” esercita anche una funzione “preventiva”.


Prevenzione e repressione: serve un coordinamento?

Nel caso della corruzione o di qualsiasi altro reato, se si avesse la certezza di essere condannati, certamente i casi non sarebbero così diffusi. Non “conviene”, infatti, rubare o corrompere in un sistema in cui si abbiano buone probabilità di essere arrestati e altrettante di essere giudicati.

Ma grazie a (giuste) esigenze di garanzie, protezioni politiche o di lobbies, pastoie burocratiche, invece di una (giusta) condanna, nei casi peggiori si ottiene solo qualche fastidio. Fastidio, magari ampiamente ripagato dai vantaggi ottenuti (ingiusti), per cui non ha alcun senso investire nella prevenzione o peggio, farlo in modo accanito.

È la repressione l’ambito di maggiore efficacia (sempre che sia giusta) perchè si attiva dopo l’accaduto e può intervenire in modo circoscritto sull’accaduto e sugli attori. È invece in quell’ambito che si esercitano i “distinguo” perchè chi corrompe o si lascia corrompere si muove in un contesto caratterizzato da “complicità” che assicura le necessarie protezioni o l’attivazione di strumenti che possano garantire impunità.

Ebbene, in un contesto che non si cura di assicurare la “giusta” punizione ai corruttori e ai corrotti non ha alcun senso introdurre sistemi di prevenzione, soprattutto se si fa con accanimento e con la prescrizione di sanzioni.
Si ottiene così il paradosso che chi viene trovato con le mani nel sacco non viene sanzionato, mentre chi non ha rispettato un adempimento, anche il più banale, è oggetto di sanzioni e viene definito persino “corrotto”.

Prevenzione e repressione

È da evidenziare che la prevenzione, a differenza della repressione, si muove sul piano della “probabilità“, dunque è necessariamente ridondante e in ogni caso non riuscirà mai ad assicurare il contenimento assoluto del fenomeno corruttivo.

Peraltro, la fase della “prevenzione”, proprio perchè finalizzata ad assicurare la coerenza dei “fini da perseguire” (la corruzione esprime una deviazione rispetto al fine) dovrebbe essere caratterizzata dalla “attenzione al risultato”.

Invece la mancata attenzione che caratterizza la fase repressiva viene riversata interamente nella fase preventiva fino alla imposizione di adempimenti irrazionali, prescrizioni illogiche e sospetti che arrivano fino all’applicazione di sanzioni, proprio nell’ambito in cui non si è assolutamente verificata alcuna situazione di reato.

Il risultato che si ottiene è la paralisi totale che, inutile dirlo, favorisce il sistema corruttivo che sa bene come aggirare ogni ostacolo e farla franca.

Ciò che è più grave è che tutto questo succede in un sistema dove esistono istituzioni dai costi esorbitanti  finalizzate allo studio e alla contrazione del fenomeno corruttivo. Tuttavia, statistiche alla mano, non ne hanno ridotto l’espansione (che continua indisturbata), ma hanno prodotto la paralisi dell’attività amministrativa e la diffusione del sospetto, prima ancora del verificarsi del possibile reato.

Tutto ciò accade perchè la “prevenzione” viene praticata (nel nostro Paese) con logiche “repressive”.

Non si punta a promuovere una cultura o buone prassi, ma solo alla imposizione di prescrizioni e alla comminazione di sanzioni. Queste, essendo irrogate dal “sistema burocratico” e non da quello “giudiziario”, sono immediate. Inoltre non consentono le garanzie previste nell’altro sistema e vengono inflitte da persone non sempre competenti e in modo non sempre corretto.

Si ottiene quindi il paradosso: la mancata pubblicazione di un dato viene sanzionata economicamente (e socialmente), perché si tratta di prevenzione. Non si ha notizia delle accuse di corruzione per gli appalti milionari di Consip che hanno visto il coinvolgimento di rappresentanti del governo dell’epoca o di altri casi di corruzione ancor più gravi. In questo modo non si ha possibilità di vederne sanzionati i responsabili, perché quelle situazioni appartengono alla “repressione”, quindi se ne occuperanno i giudici quando e come potranno o vorranno.

Se avessimo a cuore la prevenzione concentreremo l’attenzione sui fini, sull’economicità e sulla funzionalità dell’azione amministrativa … e sulla semplicità normativa.

 

Fonte: articolo di Santo Fabiano
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Maria Cristina
Maria Cristina
5 Agosto 2020 13:09

Mah. Per mia esperienza, quando la prevenzione non è accompagnata da un controllo stringente, nell’articolo citato come ‘logiche repressive’, il disonesto fa festa. Tanto poi difficilmente gli si presenta il conto, perlomeno in questo Paese.