La precedente normativa (ancora in vigore, almeno fino al 25 maggio), faceva riferimento alla direttiva europea 95/46/CE. Il Regolamento Europeo sulla Privacy si pone l’obiettivo di disciplinare adeguatamente il mondo digitale e di proteggere i dati personali ed anche le piccole e medie imprese dovranno assicurare la loro totale conformità.
Le nuove norme, infatti, richiedono che le aziende riorganizzino la loro policy interna per la gestione dei dati sia dei loro dipendenti sia degli utenti o dei clienti. Secondo il regolamento Gdpr, gli individui hanno il diritto di richiedere la cancellazione o il trasferimento dei propri dati personali a un’altra organizzazione. Da ciò scaturiscono numerose domande sugli strumenti e sui processi di cui le aziende devono disporre.
Il Regolamento UE 2016/679 è stato emanato il 27 aprile 2016, e gli stati membri hanno avuto 2 anni di tempo per mettersi in regola: tuttavia a pochi giorni dal momento clou, c’è ancora quasi la metà degli stati membri a non esser pronta.
E a quanto pare solo un azienda su dieci sembrerebbe essere in linea con la nuova normativa.
Va nominata la figura del RPD, un (Responsabile Protezione Dati) che dovrà occuparsi delle politiche della privacy dell’istituto e che sarà responsabile come il dirigente di eventuali violazioni del regolamento. il Titolare del trattamento deve essere in grado di comprovare che i dati utilizzati siano utilizzati nel rispetto della normativa. Tale rispetto deve essere Obbligo fattivo, non soltanto giuridico e verbale dimostrabile mediante documentazione ed adeguate misure tecnico-organizzative. Chi non è capace di esibire tale documentazione è passibile di sanzioni, indipendentemente dalla liceità dell’uso svolto.
Tra gli adempimenti che vanno messi in atto c’è quello di adottare un registro in cui saranno inseriti i dati degli utenti sia che se ne venga in possesso in forma fisica che elettronica.
Serve anche un DPO (Data Protection Officer) che è un consulente esperto, che va ad affiancare il titolare nella gestione delle problematiche del trattamento dei dati personali; in tal modo si garantisce che un soggetto qualificato si occupi in maniera esclusiva della materia della protezione dei dati personali, aggiornandosi sui rischi e le misure di sicurezza, in considerazione della crescente importanza e complessità del settore.
La designazione del DPO è obbligatoria in tre ipotesi:
Non ci sono alibi:
Si erano diffuse anche Fake News su una eventuale proroga. Lo stesso garante della Privacy ha risposto:
“Con riferimento a notizie circolanti in Internet, è necessario precisare che non è vero che il Garante per la protezione dei dati si sia pronunciato sul differimento dello svolgimento delle funzioni ispettive e sanzionatorie né il provvedimento richiamato nei siti attiene a tale materia. Nessun provvedimento del Garante, peraltro, potrebbe incidere sulla data di entrata in vigore del Regolamento europeo fissata al 25 maggio 2018.”
Non ci si riferirà, infatti, soltanto della gravità concreta del fatto, ma anche alla dimensione dell’azienda, al danno effettivamente arrecato ai soggetti e alla buona condotta dell’azienda prima e dopo. Sono previste due macro-categorie di violazioni, una prima più lieve, che coinvolge ad esempio i nuovi adempimenti in materia di misure di sicurezza, fino a 10 milioni di euro o al 2% del fatturatoglobale annuo mondiale dell’azienda, e una seconda collegata alle violazioni dei diritti dell’interessato, dei principi del trattamento, delle norme sul trasferimento dei dati all’estero, con sanzioni fino a 20 milioni di euro e al 4% del fatturato.
[…] “Ora il quadro normativo è completo e non ci sono più alibi per le aziende”, dice Francesco Modafferi dirigente del Garante Privacy che molto da vicino sta seguendo l’adeguamento alla nuova normativa. Una delle novità del decreto è che prova comunque a dare un po’ di respiro alle aziende. Dice tra l’altro che il Garante in questi primi otto mesi, nell’erogare le sanzioni, “tiene conto del fatto che siamo in una fase iniziale di attuazione”. Ossia per ora si eviterà di essere troppo punitivi verso le aziende ritardatarie. […]