L’Agenzia delle entrate, con la risoluzione 122/E del 10 ottobre 2017, risolve i principali dubbi interpretativi circa l’applicazione al campo delle biotecnologie (con particolare riferimento alla ricerca farmaceutica) del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo.
L’intervento dell’amministrazione è stato sollecitato da una richiesta di consulenza giuridica avanzata da un’associazione rappresentativa degli operatori del settore. I quesiti analizzati concernono la riconducibilità di determinate attività tra quelle di ricerca e sviluppo e l’individuazione, nell’ambito delle stesse attività, delle spese ammissibili ai fini della determinazione del credito d’imposta.
Il documento di prassi, che fa seguito all’emanazione della circolare n. 13/E del 27 aprile 2017 , costituisce un ulteriore fondamentale tassello per delineare compiutamente il quadro di applicazione del credito d’imposta in esame. Con la risoluzione in esame, infatti, l’Agenzia, oltre a risolvere i dubbi prospettati dall’associazione istante, esplicita una serie di principi che, non riguardando aspetti specifici del settore delle biotecnologie, hanno una valenza generale ai fini dell’applicazione dell’agevolazione.
La risoluzione, inoltre, è frutto di condivisione con il ministero dello Sviluppo economico (Mise), competente a pronunciarsi su determinati aspetti del credito d’imposta, con una sinergia che conferma l’impegno delle due amministrazioni su una disciplina che coinvolge, spesso in modo trasversale, le rispettive competenze, a fornire una risposta unitaria agli interessati. Tale modus operandi presenta l’evidente vantaggio di evitare disallineamenti a livello interpretativo.
Il quadro normativo di riferimento
Il decreto “Destinazione Italia” ha introdotto a favore di tutte le imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo “a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019”, un credito d’imposta in misura pari al 25% “delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015” (articolo 3, comma 1, Dl 145/2013).
Il decreto 27 maggio 2015 ha dettato le modalità applicative dell’agevolazione, in relazione alla quale, peraltro, l’Agenzia ha fornito i primi chiarimenti con la circolare n. 5/E del 16 marzo 2016. La legge di bilancio 2017 (articolo 1, commi 15 e 16, legge 232/2016) ha modificato la disciplina originaria, prorogando di un anno il periodo di riferimento dell’agevolazione (fino al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2020) e prevedendo, dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016:
Con la successiva circolare n. 13/E del 27 aprile 2017, l’Agenzia delle entrate ha fornito ulteriori chiarimenti e precisazioni.
Si sottolinea che la risoluzione in esame affronta anche problematiche relative alla disciplina del credito d’imposta vigente prima delle ricordate modifiche. La disciplina previgente, quindi, continua a essere rilevante per gli investimenti realizzati fino al periodo d’imposta vigente al 31 dicembre 2016.
Quesiti e risposte
Di seguito si fornisce una sintesi dei quesiti posti all’Agenzia e delle relative risposte, raggruppati per tipologia di ricerca agevolabile e tipologia di investimenti ammissibili.
Tipologia di ricerca agevolabile
Il primo quesito è relativo alla riconducibilità tra le attività di ricerca e sviluppo degli studi clinici non interventistici (osservazionali) e degli studi clinici di fase IV. I primi sono centrati “su problemi o patologie nel cui ambito i medicinali sono prescritti nel modo consueto conformemente alle condizioni fissate nell’autorizzazione all’immissione in commercio”, mentre i secondi rappresentano degli studi post-registrativi, ossia condotti successivamente all’immissione in commercio del farmaco. Alla luce degli elementi che caratterizzano le due diverse tipologie di studi, come rappresentate dall’associazione istante, l’Agenzia ritiene che gli studi clinici non interventistici siano sempre riconducibili tra le attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta, mentre gli studi di fase IV lo siano solo limitatamente a quelli di natura medico-scientifica, potendo essi rientrare nella “ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per (…) permettere un miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti” ovvero nell’ambito della “acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati” (cfr articolo 3, comma 4, lettere b e c, Dl 145/2013).
Tipologia di investimenti ammissibili
Più numerosi i quesiti relativi alla tipologia di investimenti ammissibili.
Realizzazione di un prototipo
Il primo gruppo di domande concerne l’ammissibilità, ai fini della realizzazione di un prototipo, dei costi relativi alle seguenti ipotesi:
Costi per personale
Un altro gruppo di quesiti concerne i costi sostenuti per il personale. Queste le ipotesi poste all’attenzione dell’Agenzia:
Costi riferibili a consulenze regolatorie
Per consulenza regolatoria si intende l’insieme delle attività connesse e propedeutiche all’immissione sul mercato di un farmaco e/o alla brevettabilità dello stesso e/o di un processo. Nel quesito, l’associazione istante specifica che si tratta di servizi cosiddetti di regulatory affairs offerti da soggetti terzi e finalizzati allo sviluppo, all’immissione in commercio e all’aggiornamento del dossier di prodotti farmaceutici e/o para-farmaceutici. In altri termini, il quesito verte sull’ammissibilità al credito d’imposta dei costi relativi a servizi connessi allo sviluppo e alla realizzazione di uno specifico farmaco, sia nella fase antecedente alla sua messa in commercio sia in quella successiva.
La risoluzione opera una distinzione nell’ambito delle consulenze regolatorie, considerando ammissibili le spese per consulenze regolatorie finalizzate alla definizione delle caratteristiche scientifiche e del disegno dello studio clinico ed escludendo, invece, quelle relative ad attività regolatorie finalizzate alla preparazione della documentazione destinata all’ottenimento delle autorizzazioni a eseguire lo studio (da parte di autorità regolatorie, comitati etici o altri organismi) e, più in generale, quelle relative ad attività di natura meramente burocratica o assimilabili ai “lavori amministrativi e legali necessari per richiedere brevetti e licenze”.
Conclusioni analoghe valgono per i “fees”, ossia i corrispettivi sostenuti per la richiesta di commercializzazione o la prosecuzione della vendita di nuovi prodotti: sono ammissibili gli oneri finalizzati agli studi clinici, mentre non sono ammissibili quelli relativi ad adempimenti amministrativi.
Costi relativi a commesse di ricerca tra imprese aventi il medesimo consiglio di amministrazione
Per questa tipologia di costi, la risoluzione esclude la configurabilità in termini di spese extra-muros. Infatti, la ratio delle limitazioni alla configurabilità di attività di ricerca e sviluppo extra-muros discende dall’esigenza di evitare un’alterazione del reale costo di mercato della commessa, in conseguenza dell’influenza esercitata da un’impresa sull’altra, derivante non solo da vincoli azionari o contrattuali, ma anche da fattori economici.
Costi relativi a studi clinici per contratti di ricerca sui farmaci, relativi ad assicurazione e comitati etici, in quanto costi accessori alla ricerca stessa
In ordine all’ammissibilità, come spesa extra-muros dei suddetti costi, la risoluzione rinvia alla risposta fornita in merito ai costi per consulenze regolatorie, escludendo espressamente l’ammissibilità dei costi di assicurazione.
Fonte: Fisco Oggi, Rivista Telematica dell'Agenzia delle Entrate - articolo di Annalisa Fava