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Quanto costerebbe all’Italia lo stop a Schengen?

lentepubblica.it • 26 Aprile 2016

europa-schengenLo studio presentato dall’Ufficio studi della CGIA presso la Commissione Bicamerale Schengen. L’iniziativa è avvenuta a Roma il 20 aprile scorso. I settori analizzati sono: l’autotrasporto, il turismo giornaliero e i lavoratori frontalieri. Nell’ipotesi che i Paesi dell’Ue decidessero di ripristinare i controlli ai confini per contrastare la pressione migratoria dei profughi provenienti dal sudest dell’Europa, per l’economia italiana si potrebbe verificare una ricaduta economica negativa fino a 10,3 miliardi di euro all’anno.

 

Il settore maggiormente colpito, ovviamente, sarebbe l’autotrasporto. I Tir vedrebbero allungarsi notevolmente i tempi di ingresso/uscita alle frontiere, con un conseguente aumento del prezzo delle merci importate/esportate. Secondo uno studio redatto dall’associazione degli autotrasportatori belgi, ogni ora di lavoro costa mediamente 60 euro. Con un ritardo di solo 2 ore è stato stimato un aumento dei noli del 10% che ricadrà, nel medio e lungo periodo, sui costi e quindi sui prezzi dei prodotti e di conseguenza sul consumatore finale.

 

Si tenga presente che in Europa il 75% del commercio intraeuropeo avviene su gomma e, secondo i dati di Alpinfo (anno 2013-ultimi disponibili) , 3 sono 89 i milioni di tonnellate di merci che annualmente transitano su Tir lungo i principali valichi dell’arco alpino. Nel dettaglio gli importi sono:

 

Monte Bianco….….8,3

 

Gottardo…………….9,3

 

Frejus………………..10,0

 

Tarvisio……………..15,2

 

Ventimiglia………..17,3

 

Brennero…………..29,0

 

 

Fonte: Alpinfo-Ufficio federale trasporti svizzero

 

 

L’eventuale sospensione dell’area Schengen avrebbe delle ricadute molto negative sull’autotrasporto che, assieme all’edilizia, è stato uno dei settori più colpiti dalla crisi. Secondo una nostra elaborazione su dati InfocamereMovimprese, tra il 2009 e il 2015 il numero complessivo delle aziende di questo settore è sceso di oltre 22 mila unità. Al 31 dicembre 2015 erano attive 86.590 imprese.

 

Le aree territoriali più colpite da questa moria sono state quelle di confine (Friuli Venezia Giulia -27,1%, Piemonte -25,3%, Liguria -24,4%, Lombardia – 23,4%, Trentino A.A. -21,8%, Veneto -19,8%, etc.), dove, tra le altre cose, è maggiore la presenza dei vettori stranieri (provenienti in particolar modo dai paesi dell’Est) che da anni praticano una concorrenza sleale nei confronti dei nostri operatori non rispettando, in particolar modo, i tempi di guida e le normative in materia di cabotaggio.

 

Con l’eventuale ripristino dei controlli frontalieri, molti operatori stranieri dell’autotrasporto potrebbero stabilirsi più a lungo nel nostro territorio, con evidenti ricadute negative per i nostri autotrasportatori. I risultati negativi, ovviamente, interesserebbero anche le imprese manifatturiere italiane e, in particolar modo, a quelle del Nordest che lavorano con consegne giornaliere “just in time” verso i Paesi del nord Europa. A causa dei ritardi delle consegne potrebbero rischiare di pagare penali salatissime, con il pericolo di perdere anche le commesse.

Fonte: CGIA Mestre
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