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Indennità degli Amministratori Locali: chiarimenti dalla Corte dei Conti

lentepubblica.it • 11 Febbraio 2016

leggeLa deliberazione n. 208 del 21 dicembre 2015 della sezione regionale di controllo per il Lazio della Corte dei Conti contiene alcuni importanti chiarimenti per una corretta applicazione dei provvedimenti vigenti in materia di emolumenti degli amministratori locali. I magistrati contabili del Lazio, infatti, hanno fatto chiarezza sul complesso quadro normativo soggetto negli anni ad “alluvionali interventi normativi” che hanno dato luogo ad alcune disorganicità con conseguenti difficoltà ed incertezze interpretative sulla corretta modalità di calcolo delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza, stabilendo che è possibile rideterminare le indennità degli amministratori locali se sono state ridotte in misura maggiore di quanto fissato dalla legge, purché si rispetti l’abbattimento del 10% previsto dalla Legge n. 266/2005.

 

Per il calcolo dell’invarianza della spesa disposto dall’art. 1, comma 136, della Legge n. 56/2014, si deve quindi fare riferimento all’indennità massima teorica prevista dal DM 119/2000, applicando la riduzione del 10% ex art. 1, comma 54, della Legge n. 266/2005, come affermato in via definitiva, dopo alterne pronunce, dalla Corte dei Conti a Sezioni Riunite con delibera n. 1/CONTR/12 del 24/11/11. Il parametro di riferimento non è relativo alla minore indennità erogata in concreto e derivante dalle numerose norme sovrappostesi nel tempo oppure da una volontaria autoriduzione operata da singoli Comuni e Amministratori locali in un dato momento.

 

Tale pronunciamento va nella direzione indicata più volte dall’ANCI sulla questione. L’Associazione, infatti, evidenziando innanzitutto un quadro normativo di riferimento poco chiaro che ha sollevato nel tempo numerosi problemi di interpretazione e quindi di corretta applicazione delle norme, ha sempre sostenuto che le riduzioni delle indennità e dei gettoni di presenza operate dalla singola consiliatura non potessero costituire una determinazione permanente del loro valore né un parametro da considerare per la rideterminazione degli oneri finanziari collegati allo status degli amministratori al fine di assicurare invarianza della spesa. Inoltre, ove quest’ultima disposizione fosse stata diversamente considerata, si sarebbe creata indirettamente l’introduzione di un regime fortemente differenziato, sperequativo e quindi iniquo tra lo status degli amministratori fino a 10.000 abitanti e quelli sopra tale soglia demografica, non previsto nel nostro ordinamento. Questo perché la normativa sulla riduzione degli organi operata dall’art. 16, comma 17, del decreto legge n. 138/2011 convertito in Legge n. 148/2011, è rivolta alle giunte ed ai Consigli dei Comuni con popolazione fino a 10.000 abitanti.

 

Il Comune, pertanto, secondo quanto stabilito dalla Corte dei Conti del Lazio, ha la facoltà di determinare le indennità dei propri amministratori, secondo i criteri previsti dalle disposizioni del TUEL e ferme restando le diminuzioni operate dalla Legge n. 266/2005. Secondo i giudici contabili, infatti, “Diversamente opinando, si verrebbe a cumulare, alle già numerose restrizioni legislative che si sono venute a sovrapporre nel tempo, anche la restrizione autoimposta dal Comune virtuoso e – operandosi sulla base di essa la rideterminazione degli oneri- si effettuerebbe un vero e proprio “congelamento” della spesa, rapportato ad un determinato momento storico e perpetrato negli esercizi futuri a prescindere da una nuova conferma della volontà dell’Ente sull’autorestrizione che, pur sostenibile negli esercizi in cui è stata adottata, non è detto che resti tale, a livello contabile, negli esercizi futuri.

 

Inoltre, poiché l’indennità degli Assessori ed il gettone di presenza dei Consiglieri sono parametrati al quantum spettante al Sindaco, ove si facesse riferimento alla misura concreta percepita da quest’ultimo in base ad una diminuzione volontaria, o addirittura pari a zero in caso di rinuncia, anziché al quantum in astratto erogabile secondo il decreto del Ministero dell’Interno, si arriverebbe all’assurdo che, nell’ipotesi in cui il vertice politico del Comune decidesse di rinunciare all’indennità di funzione spettantegli, ne conseguirebbe l’azzeramento anche degli altri emolumenti, il che non è ammissibile.”.

 

Si riporta di seguito una breve appendice normativa sull’argomento:

 
– DM n. 119/2000 “Regolamento recante norme per la determinazione della misura dell’indennità di funzione e dei gettoni di presenza per gli amministratori locali”;
– Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (D. lgs. n. 267/2000 – artt. 80, 82 e 86);
– Legge n. 266/2005 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” – art. 1, c. 54;
– DL n. 138/2011 “Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo.” – art. 16;
– Legge n. 56/2014 “Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni.” – art. 1, c. 135-136.

Fonte: ANCI - Associazione Nazionale Comuni Italiani
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