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La condanna di restituzione somme ha una tassazione sull’importo del 3%

lentepubblica.it • 21 Agosto 2014

La questione oggetto della sentenza n. 8545/2014 concerne la tassazione dell’importo indicato in una sentenza di condanna stabilita dal Tribunale a favore di alcuni soggetti che avevano dispiegato domanda riconvenzionale per vedersi riconoscere la restituzione delle somme depositate presso la società alienante alcuni immobili gravati da mutui ipotecari.
Tali somme erano state consegnate alla società venditrice al fine di provvedere all’adempimento delle obbligazioni assunte per l’estinzione del mutuo e alla cancellazione delle formalità ipotecarie, avendo gli acquirenti già corrisposto nel prezzo di acquisto di alcuni immobili anche gli oneri derivanti dal mutuo, e i giudici civili di primo grado avevano riconosciuto siffatto inadempimento e, probabilmente, l’avvenuto pagamento da parte degli acquirenti delle somme dovute per estinguere il mutuo ipotecario.

L’ufficio finanziario applicò alla statuizione giudiziale di restituzione delle somme depositate presso la società inadempiente la lettera b), del primo comma dell’articolo 8, della prima parte della Tariffa allegata al Dpr n. 131 del 1986, la quale assoggetta all’imposta proporzionale di registro gli atti dell’Autorità giudiziaria ordinaria e speciale in materia di controversie civili che definiscono, anche parzialmente, il giudizio nella misura del 3% “recanti condanna al pagamento di somme o valori, ad altre prestazioni o alla consegna di beni di qualsiasi natura“.

I soggetti creditori furono chiamati al pagamento della cennata imposta proporzionale, ma opposero ricorso innanzi alla Commissione tributaria provinciale, la quale, pur rigettandolo, nella motivazione aveva evidenziato come fosse “indubitabile che la sentenza (del Tribunale, n.d.r.) contiene l’accertamento di diritti a contenuto patrimoniale a favore del ricorrente e a titolo risarcitorio a carico della società … per cui l’imposta di registro applicabile è quella prevista dalla lett.c)” della citata Tariffa.
In tale lettera c) è contenuta la disposizione di assoggettamento all’imposta di registro nella misura proporzionale dell’1% nei confronti delle sentenze civili che contengano l’accertamento di diritti a contenuto patrimoniale, ma la sentenza della Commissione regionale ha ritenuto che la pronuncia del giudice civile portava condanna al pagamento di somme di danaro a titolo risarcitorio, con conseguente applicazione della tassazione proporzionale fissata, dalla lettera b), nella misura del 3% e non dell’1% di cui alla successiva lettera c).

La pronuncia in commento conferma tale interpretazione, affermando che il fatto che la pronuncia di condanna fosse stata adottata “in restituzione di somme depositate presso la società, perché curasse adempimenti ai quali poi essa è rimasta inadempiente, non incide, infatti sul presupposto dell’assoggettamento della sentenza del Tribunale” all’imposta proporzionale del 3% ai sensi della lettera b), in quanto pronuncia contenente “per quanto qui interessa” condanna al pagamento di somme.
In buona sostanza, viene escluso alcun rilievo alla circostanza che la somma di denaro stabilita in sentenza non determinasse alcun aumento del patrimonio della stessa, ma era stata attribuita alla stessa in restituzione, “in attuazione quindi di un semplice riequilibrio della situazione patrimoniale compromessa dall’inerzia della controparte nell’adempimento delle obbligazioni contrattualmente assunte“.

Nello stesso senso, anche sentenza della Corte di legittimità 11 ottobre 2013, n. 23128, per la quale l’articolo 8, comma 1, della prima parte della Tariffa allegata al Dpr n. 131 del 1986, lettera b), assoggetta a imposta proporzionale i provvedimenti dell’autorità giudiziaria recanti condanna al pagamento di somme o valori e quindi comportanti un trasferimento di ricchezza, mentre la lettera e) del medesimo articolo, invece, norma speciale e di stretta interpretazione, determina l’imposta in misura fissa in relazione ai provvedimenti che dichiarano la nullità o pronunciano l’annullamento o la risoluzione di un atto ancorché portanti condanna alla restituzione di denaro o beni.
Da ciò è stato desunto l’effetto che, poiché la sentenza civile accertativa della consegna di somme a fronte di assegni postdatati, si presenta compatibile con la ben diversa causa del mutuo, si deve escludere un mero provvedimento di tipo restitutorio.

 

FONTE: Fisco Oggi – Rivista Telematica dell’Agenzia delle Entrate

 

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