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Gestione Associata tra Comuni: un confronto tra Italia e Francia sulla cooperazione

lentepubblica.it • 8 Giugno 2016

controllo-di-gestioneInteressante meeting di studio e approfondimento tenutosi presso la sede dell’Anci nazionale con Sindaci e amministratori francesi rappresentanti dell’Unione di Haguenau della Regione Alsazia. Per l’Anci era presente il responsabile dell’area Riforme istituzionali, piccoli Comuni e gestioni associate, Daniele Formiconi. Al centro del dibattito il tema dell’Intercommunalité, meglio conosciuto nel nostro Paese come cooperazione tra Comuni per la gestione associata dei servizi e delle funzioni comunali. Dopo una panoramica sulla tipologia dei Comuni italiani, la loro consistenza demografica e la distribuzione territoriale, presentata dal responsabile portali e banche dati di Ancitel, Giuseppe Clementino, l’incontro si è svolto mettendo a fuoco l’esperienza italiana e quella francese sullo sviluppo dell’intercomunalità nell’ultimo ventennio.

 

Come in Italia, infatti, anche Oltralpe questo tema è da tempo al centro del dibattito e della produzione legislativa, essendo una delle strade principali da percorrere per rafforzare i Comuni, migliorare i servizi alla persona, ottenere anche economie di scala o semplicemente poter erogare ancora un servizio altrimenti fuori dalla portata dei singolo Comune di ridotta dimensione demografica. Non da ultimo, la creazione e il rafforzamento delle amministrazioni locali crea anche condizioni per uno sviluppo e una crescita dell’imprenditoria locale, in particolare, quella piccola e media.

 

Le due esperienze a confronto: Italia

 

È possibile dividere temporalmente in tre fasi l’evoluzione della normativa fino a oggi:

 

a) 1990/1999 (dalla legge 142/1990 alla legge 265/1999). Introduzione del «modello» Unione di Comuni con la previsione della fusione obbligatoria dopo 10 anni dalla sua costituzione. Nel caso in cui non si fosse realizzata tale fusione era previsto lo scioglimento dell’Unione;

 

b) 2000/2010 (dal Tuel – Dlgs 267/2000 alla legge 122/2010 di conversione del decreto legge 78/2010). Forte rilancio e crescita dei processi di associazionismo intercomunale volontari e incentivati, con affermazione particolare del modello Unione di Comuni con «effetto volano» nel porre il tema della cooperazione locale;

 

c) 2010/2016 (dalle legge 122/2010 alla 135/2012 fino alla legge 56/2014). Introduzione dell’associazionismo obbligatorio per l’esercizio di 10 funzioni fondamentali nei Comuni con popolazione fino a 5mila abitanti o fino a 3mila abitanti se montani, da realizzarsi attraverso la Convenzione o l’Unione, limite minimo di 10mila abitanti salvo diverso limite fissato dalle Regioni;

 

d) La «Quarta fase»: alla stato attuale, nell’impianto proposto dall’Anci, una quarta fase parte dal presupposto che tutti i Comuni devono e possono essere i protagonisti del cambiamento. La proposta Anci per uno sviluppo diffuso della cooperazione intercomunale sostiene questo obiettivo attraverso scelte autonome dei Sindaci, volte alla semplificazione e al rafforzamento dell’assetto delle istituzioni di base, in una logica improntata a una maggiore efficienza ed efficacia dei servizi ai cittadini.

 

L’iniziativa si propone di delineare un quadro normativo definitivo sul tema del riassetto dei Comuni, processo in corso ormai da troppo tempo con risultati ancora incerti. Un numero di funzioni ridotto a 3 come «start up», senza limite demografico predeterminato, l’incentivazione per una gestione associata di un maggior numero di funzioni e una normativa che semplifichi una normativa spesso troppo gravosa specialmente per i Comuni di minore dimensione demografica, sono elementi che possono gettare le basi per uno sviluppo diffuso e più funzionale della cooperazione intercomunale, anche tenendo conto del riordino in atto nell’assetto provinciale.

 

Francia

 

In Francia la normativa e i processi di Unioni di Comuni – denominate «EPCI» – e in generale dell’Intercommunalitè, stanno vivendo una graduale ma progressiva evoluzione, partendo dalla legge Marcellin del luglio 1971 fino ai giorni nostri attraverso un costante affiancamento di consistenti incentivi statali e dell’affiancamento e supporto delle strutture periferiche dello Stato nella costruzione delle forme di gestione associata con i singoli territori. Attualmente oltre il 90% dei cittadini francesi risiede negli EPCI. L’associazionismo degli enti territoriali risponde soprattutto al problema della debolezza e della estrema polverizzazione della rete comunale francese. Il 95% dei Comuni francesi ha meno di 5mila abitanti e in essi vive il 39% della popolazione nazionale; invece solo l’1,2% ha più di 20mila abitanti, ma vi risiede il 39% della popolazione. Tra i Comuni con popolazione compresa tra 5mila e 20mila abitanti risiede il restante 22% di cittadini francesi. Di fronte al numero altissimo di Comuni e alle loro intrinseche disparità, le strade politico-istituzionali percorse sono state due: una riduzione obbligatoria degli enti per via legislativa o una serie di premialità incentivanti per la loro cooperazione.

 

La prima soluzione, proposta con la legge Marcellin n° 71 del luglio 1971 non è stata realizzata e ora si sta ora percorrendo la seconda. La cooperazione tra Comuni, cioè l’intercomunalità, è oramai considerata la vera alternativa alla debolezza e alla polverizzazione comunale. La legge Chevènement (n° 99 del luglio 1999), promuove e disciplina le modalità di associazione intercomunale fondate sulla libera volontà dei Comuni di elaborare insieme progetti di sviluppo. L’intercomunalità è indirizzata sostanzialmente sia alla gestione di alcuni servizi, sia alla costruzione congiunta di un insieme di progetti comuni. La prima fase dello sviluppo della cooperazione tra i Comuni punta alla gestione: i Comuni si associano con uno scopo preciso e limitato alla gestione di alcuni servizi (la distribuzione dell’acqua, la gestione delle strade, la raccolta dei rifiuti); la seconda fase è in genere indirizzata a una cooperazione di progetto, tenendo presente che la nuova organizzazione nata con Comuni associati esercita le competenze trasferite dai Comuni membri. Perciò essa ha risorse proprie, addizionali alle tasse dei Comuni o unificate tramite la tassa professionale unificata.

 

La seconda soluzione, introdotta con la legge Chevènement, ha facilitato la cooperazione intercomunale introducendo alcuni strumenti fiscali.

 

La dotation globale de fonctionnement

 

La DGF – dotazione d’intercomunalità, opportunità di beneficiare di maggiori fondi della dotazione globale di funzionamento, è un fondo statale composto da una dotazione in base alla popolazione e alla superficie e da un’altra che tiene conto del potenziale fiscale degli EPCI per garantire una perequazione tra enti con maggiori e minori risorse (dotation globale); è distribuita agli EPCI dal Comitato delle finanze locali. Nel 2012, la DGF per i Comuni e gli EPCI era pari a 23,68 miliardi di euro.

 

La taxe professionelle unique

 

La TPU – tassa professionale unificata, trasferimento dell’imposta professionale dal livello comunale a quello intercomunale, è incoraggiata con maggiori fondi della DGF. Va ricordato che i due terzi della tassazione locale francese sono composti da 4 tasse: l’imposta sull’abitazione, l’imposta fondiaria sulle proprietà edificate, l’imposta fondiaria sulle proprietà non edificate e l’imposta professionale. La legge Chevènement permette di unificare l’ultima imposta al livello intercomunale e di superare in questo modo la concorrenza fiscale tra i Comuni. Nel 1999 l’8% degli EPCI hanno unificato la tassa professionale, mentre nel 2012 il 51% degli EPCI lo hanno fatto. La legge Chevènement è stato un successo innanzitutto di diffusione del fenomeno associativo. Circa 3mila sono gli EPCI. Ormai il 96,2% dei Comuni francesi partecipa alle Unioni di Comuni: 35.303 su 36.683 Comuni.

 

Infine, la legge n° 1563 del 2010 relativa alla riforma degli enti territoriali, promuove attualmente il completamento dell’intercomunalità e la sua razionalizzazione. Per semplificare il panorama istituzionale, la legge elabora il Piano dipartimentale di cooperazione intercomunale per integrare tutti i Comuni isolati in una intercomunalità, per razionalizzare il perimetro degli EPCI e per cancellare ciò che è ormai desueto. È prevista l’elaborazione, da parte dei Prefetti di concerto con i Comuni, dei diversi piani dipartimentali, degli EPCI e delle nuove Commissioni dipartimentali di cooperazione intercomunale.

Fonte: ANCI - Associazione Nazionale Comuni Italiani - articolo di Daniele Formiconi
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