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Un’imposta incostituzionale non garantisce il rimborso retroattivo?

lentepubblica.it • 2 Febbraio 2016

rimborso TFRSenza tempestiva impugnazione dell’atto né una domanda di restituzione entro diciotto mesi dal versamento diretto, il rapporto con il Fisco deve essere considerato esaurito. La declaratoria di incostituzionalità di una norma non produce i suoi effetti retroattivi con riferimento ai rapporti esauriti. Devono considerarsi tali quelli in cui il pagamento dell’imposta sia stato eseguito in base a iscrizione a ruolo, divenuta definitiva per mancata impugnazione nel termine di sessanta giorni dalla notifica della cartella esattoriale, nonché quelli in cui, in caso di versamento diretto, non sia stata presentata domanda di rimborso all’Intendenza di finanza nel termine di diciotto mesi dal pagamento.

 

 

Ne consegue che, al diritto di rimborso, regolato da norme speciali e soggetto a preclusioni e decadenze, non si applica la disciplina della “conditio indebiti” e, il medesimo, non può essere esercitato liberamente nel termine decennale di prescrizione. È il principio di diritto ribadito dalla Corte suprema, con la sentenza n. 969 del 20 gennaio 2016.

 

La vicenda processuale

 

La vertenza giudiziaria nasce dall’impugnazione del diniego opposto dall’Amministrazione finanziaria a una istanza di rimborso delle somme versate dal contribuente, in ottemperanza a un avviso di accertamento (concernente la plusvalenza realizzata nell’anno 1996, con l’alienazione di terreni ricevuti in eredità), non impugnato nel termine di sessanta giorni dalla notifica e, dunque, resosi definitivo.

 

I giudici di merito, sia di primo sia di secondo grado, accolgono il ricorso, dichiarando dovuto il rimborso, in forza dell’intervenuta declaratoria di incostituzionalità dell’articolo 82, comma 2, ultimo periodo del Tuir, a opera della sentenza della Corte costituzionale n. 328/2002. In particolare, secondo i giudici di appello, per effetto della pronuncia di incostituzionalità della suddetta norma, era sorta una nuova obbligazione tributaria con il Fisco, avente a oggetto il diritto alla ripetizione dell’imposta indebitamente versata, assoggettato al termine decennale di prescrizione.

 

Ricorre in Cassazione l’Agenzia delle Entrate, lamentando che, contrariamente a quanto sostenuto dai giudici della Ctr, una volta esauritosi il rapporto tributario perché divenuto non più contestabile, stante la definitività dell’atto impositivo, lo stesso non è più esposto alle modifiche delle norme che lo regolano, incluse quelle conseguenti a pronunce di incostituzionalità.

 

La pronuncia della Cassazione

 

Nell’accogliere il ricorso del Fisco, i giudici supremi hanno ribadito il consolidato orientamento di legittimità, in base al quale la definitività dell’avviso di accertamento, per mancato esercizio, nel termine decadenziale di sessanta giorni dalla notifica, del diritto di impugnazione, impedisce alla declaratoria di incostituzionalità di produrre i suoi effetti retroattivi, dovendo considerare, il rapporto sottostante, esaurito.

 

Osservazioni

 

Gli effetti della sentenza di accoglimento della censura di incostituzionalità di una norma, decorrenti dal giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, si producono ex tunc, ovvero anche con riferimento ai rapporti sorti anteriormente alla pronuncia di illegittimità. La declaratoria di incostituzionalità, invero, si traduce in un ordine rivolto ai soggetti dell’applicazione (giudice e amministrazione) di non applicare più la norma illegittima. Per cui gli effetti della sentenza di accoglimento non riguardano solo i rapporti che sorgono in futuro, ma anche quelli che sono sorti in passato. L’unico limite è da rinvenire nei rapporti esauriti.

 

Per rapporti esauriti, considerato quanto argomentato dai giudici di legittimità, devono intendersi quelli in relazione ai quali sia intervenuta una preclusione che li abbia resi irretrattabili e, quindi, insensibili anche a eventuali pronunce di illegittimità costituzionale. In tal senso, anche la prassi dell’Amministrazione finanziaria (cfr circolare n. 56/E del 2008) afferma che, per rapporti esauriti, si intendono quelle “situazioni giuridiche che possono dirsi ormai esaurite, consolidate ed intangibili, allorché i rapporti tra le parti siano stati già definiti anteriormente alla pronuncia di illegittimità costituzionale per effetto, sia di giudicato, sia di atti amministrativi non più impugnabili, sia di atti negoziali rilevanti sul piano sostanziale e processuale, nonostante l’inefficacia della norma dichiarata incostituzionale”.

 

In particolare, se la dichiarazione di illegittimità costituzionale ha effetto retroattivo, nel senso che la dichiarazione illegittima non può essere applicata né come norma per la disciplina dei rapporti ancora in corso o da costituire, né come regola di giudizio dei rapporti esauriti, tuttavia, la circostanza che quella disposizione abbia di fatto operato nell’ordinamento giuridico comporta che essa ha prodotto effetti irreversibili, perché essi hanno inciso su rapporti esauriti a causa della mancanza o della inutilizzabilità di strumenti idonei a rimetterli in discussione, ovvero a causa dell’impossibilità giuridica, o logica, di valutare diversamente, a posteriori, comportamenti che devono essere esaminati alla stregua della situazione normativa esistente al momento in cui si verificano.

 

Sono, dunque, da considerarsi esauriti (cfr Cassazione, 5206/1999, 6254/2004, 10340/2007 e 2822/2012) quei rapporti in cui il pagamento dell’imposta sia stato eseguito in base a iscrizione a ruolo, divenuta definitiva per mancata impugnazione nel termine di sessanta giorni dalla notifica della cartella esattoriale, nonché quelli in cui, in caso di versamento diretto, non sia stata presentata domanda di rimborso all’Intendenza di finanza, nel termine di diciotto mesi dal pagamento.

 

Di conseguenza, considerato quanto argomentato nella sentenza in commento, al diritto al rimborso susseguente a una declaratoria di incostituzionalità, regolato da norme speciali e soggetto a preclusioni e decadenze, non si applica la disciplina della “conditio indebiti” e il medesimo non può essere esercitato liberamente nel termine decennale di prescrizione.

 

La dichiarazione di incostituzionalità, infatti, non può incidere su un rapporto d’imposta ormai esaurito, atteso che il contribuente, raggiunto dall’avviso, per non rendere incontestabile il rapporto tributario per intervenuta definizione dell’imponibile, avrebbe dovuto impugnare tempestivamente l’accertamento notificatogli.

 

Nel caso di specie, pertanto, poiché al momento della pronuncia di incostituzionalità, l’avviso di accertamento era già divenuto definitivo, per mancata impugnazione nel termine di sessanta giorni dalla sua notifica, non trovano applicazione gli effetti della declaratoria di incostituzionalità.

 

Fonte: Fisco Oggi, Rivista Telematica dell'Agenzia delle Entrate - articolo di Dora De Marco
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