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Regole per monitoraggio fiscale su investimenti esteri

lentepubblica.it • 12 Aprile 2016

investimenti (1)La fonte primaria del monitoraggio fiscale è costituita dal Dl 167/1990, convertito dalla legge 227/1990. La disciplina è stata introdotta per porre un controllo alle movimentazioni finanziarie transnazionali, in ragione della soppressione di tutte le restrizioni valutarie ai movimenti di capitale e della contestuale assenza di scambio di informazioni in materia fiscale tra i Paesi facenti parte della Comunità europea. Inoltre, la previsione di obblighi dichiarativi direttamente in capo ai soggetti fiscalmente residenti in Italia risponde alla generale esigenza dell’Amministrazione finanziaria di acquisire le maggiori informazioni possibili per poter svolgere la propria attività di accertamento relativamente agli investimenti e alle attività finanziarie estere e ai redditi da questi ritraibili.

 

Nel presente lavoro saranno trattati gli aspetti salienti della disciplina del monitoraggio fiscale dei beni detenuti all’estero da parte dei soggetti fiscalmente residenti in Italia, come elencati all’articolo 4, comma 1, del Dl 167/1990, alla luce delle sostanziali modifiche apportate dall’articolo 9 della legge 97/2013 (“legge europea 2013) e dei principali documenti di prassi emanati dall’Agenzia delle Entrate.

 

I soggetti obbligati e la residenza ai fini fiscali

 

L’ambito soggettivo della disciplina sul monitoraggio fiscale è contenuto nell’articolo 4, comma 1, del Dl 167/1990. Sono obbligati al monitoraggio fiscale i seguenti soggetti, residenti in Italia, che, nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero o attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia:

 

 

  • persone fisiche, compresi i titolari di reddito d’impresa e di lavoro autonomo
  • enti non commerciali
  • società semplici
  • enti equiparati alle società semplici ai sensi dell’articolo 5 del Tuir, quali le società di fatto che non abbiano a oggetto l’esercizio di attività commerciale e le associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni
  • enti di previdenza obbligatoria istituiti nelle forme di associazione o fondazione.

 

 

Come si vedrà in seguito, per effetto delle modifiche introdotte dall’articolo 9 della legge 97/2013, l’obbligo di monitoraggio fiscale ricade anche sui soggetti che, pur non essendo possessori diretti del patrimonio estero, siano “titolari effettivi” dell’investimento.

 

Per quanto attiene le persone fisiche, il concetto di residenza ai fini fiscali è contenuto nell’articolo 2, comma 2, del Tuir, secondo cui è considerato fiscalmente residente il soggetto che, alternativamente:

 

 

  • sia iscritto nell’anagrafe dei residenti per la maggior parte del periodo d’imposta considerato
  • seppur iscritto nell’anagrafe dei non residenti (Aire), abbia conservato il domicilio (inteso come centro degli affari e degli interessi) in Italia per la maggior parte del periodo d’imposta considerato
  • seppur iscritto all’Aire, abbia conservato la residenza (intesa come luogo in cui la persona ha la propria dimora abituale) nel territorio dello Stato per la maggior parte del periodo d’imposta.

 

 

Inoltre, ai sensi dell’articolo 2, comma 2-bis, del Tuir, sono considerati fiscalmente residenti in Italia, salvo prova contraria, i soggetti cancellati dall’Anagrafe dei residenti e trasferiti in uno degli Stati o Territori aventi regime fiscale privilegiato, individuati dal decreto del ministero delle Finanze del 4 maggio 1999 (“black list“).

 

Per quanto riguarda i principi della residenza fiscale delle società semplici e degli enti non commerciali (compresi i trust), è necessario far riferimento alle disposizioni contenute nell’articolo 73, comma 3, del Tuir. In linea di massima, la residenza fiscale delle società e delle entità giuridiche diverse è legata alla presenza in Italia, per la maggior parte del periodo d’imposta, della sede legale o della sede dell’amministrazione o dell’oggetto sociale. I trust, in particolare, sono considerati fiscalmente residenti in Italia:

 

 

  • quando sono stati istituiti in Paesi che non consentono un adeguato scambio di informazioni in materia fiscale (Paesi non inclusi nella lista approvata con decreto ministeriale del 4 settembre 1996) e almeno uno dei disponenti e almeno uno dei beneficiari sono fiscalmente residenti in Italia, ovvero
  • quando sono stati istituiti in Paesi che non consentono un adeguato scambio di informazioni in materia fiscale e, in un momento successivo alla loro costituzione, un soggetto fiscalmente residente in Italia trasferisca a favore del trust la proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari o vincoli di destinazione sugli stessi.

 

 

I soggetti esclusi e le richieste di informazioni “massive” da parte dell’Agenzia delle Entrate

 

La disciplina del monitoraggio fiscale non si applica ai seguenti soggetti: società di persone e di capitali (ovunque abbiano fissato la sede legale), le società cooperative, gli enti commerciali, gli Oicr istituiti in Italia, i fondi immobiliari e le forme pensionistiche complementari. Il legislatore ha ritenuto che gli obblighi di contabilità a cui tali soggetti devono sottostare siano sufficienti per reperire le informazioni relative alle operazioni con l’estero e, pertanto, l’assoggettamento agli obblighi di monitoraggio fiscale avrebbe costituito un inutile aggravio. Sebbene esclusi dalla disciplina del monitoraggio fiscale, essi sono oggetto delle richieste di informazioni previste dall’articolo 2, comma 1, lettera a), del Dl 167/1990.

 

Tali nuovi poteri istruttori consentono all’Ucifi (Ufficio centrale per il contrasto agli illeciti fiscali internazionali), presso la direzione centrale Accertamento (previa autorizzazione del direttore centrale), di richiedere agli intermediari finanziari residenti evidenza delle operazioni di importo pari o superiore a 15mila euro intercorse con l’estero, eseguite in maniera singola o frazionata per conto o a favore dei soggetti summenzionati, “anche per masse di contribuenti e con riferimento ad uno specifico periodo temporale“.

 

Nelle risposte, i dati che gli intermediari finanziari dovranno indicare sono principalmente:

 

 

  • la data, l’importo, la causale e la tipologia dell’operazione (ad esempio, bonifici da e per l’estero)
  • l’eventuale rapporto continuativo movimentato (ad esempio, conto corrente) o, in caso di operazione extra-conto, l’eventuale presenza di denaro contante
  • i dati identificativi del soggetto che dispone l’ordine di pagamento (in caso di clienti dell’istituto finanziario), compresi gli eventuali soggetti delegati, e dei “titolari effettivi”
  • i dati identificativi dei soggetti destinatari dell’ordine di accreditamento
  • l’eventuale Stato estero e i dati identificativi dell’intermediario non residente.

 

 

La “detenzione” e la “mera disponibilità” dei beni all’estero

 

L’obbligo di monitoraggio fiscale sussiste indipendentemente dalle modalità attraverso cui il contribuente residente ha assunto la detenzione dell’asset straniero, se a titolo gratuito (ad esempio, per donazione o successione) o a titolo oneroso. In linea di principio, l’obbligo di monitorare gli investimenti e le attività finanziarie esteri sorge quando, congiuntamente, il soggetto fiscalmente residente ha il potere di disporre del bene e ha il possesso del reddito ritraibile dallo stesso. Nell’ipotesi in cui sullo stesso bene sussistano più diritti reali (ad esempio, nuda proprietà e usufrutto) suscettibili di produrre reddito imponibile in Italia, ogni singolo titolare del diritto deve monitorare il patrimonio estero, nei limiti del valore della quota di propria competenza (rinvenibile nell’atto costitutivo del diritto). Nel caso in cui, invece, l’investimento o l’attività finanziaria all’estero sia in comunione o cointestata a più soggetti, ognuno di questi ha l’obbligo di presentazione del quadro RW, con riferimento all’intero valore del bene e con l’indicazione della percentuale di possesso.

 

Con la circolare 38/2013, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che devono adempiere agli obblighi di monitoraggio non solo il soggetto che ha la detenzione dell’attività estera, ma anche coloro i quali ne hanno la semplice disponibilità o la possibilità di movimentazione (ad esempio, chi ha una delega al prelievo su un conto corrente estero). Con la circolare 28/2011, è stato invece ha precisato che l’amministratore di società, che ha il potere di firma sui conti correnti esteri intestati all’ente, non deve presentare il quadro RW, purché si tratti di delega a operare per esclusivo conto dell’intestatario (la società) e non nell’interesse proprio dell’amministratore.

Fonte: Fisco Oggi, Rivista Telematica dell'Agenzia delle Entrate - articolo di Emiliano Marvulli
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