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Paga l’Ici un fabbricato religioso con attività commerciale

lentepubblica.it • 17 Marzo 2014

Cassazione Tributaria ordinanza del 13 marzo 2014.
Paga l’ICI il fabbricato nel quale un ente religioso svolge attività commerciali o comunque di lucro. È quanto ha avuto occasione di ricordare la Corte di Cassazione con l’ordinanza 13 marzo 2014 n. 5871.

Il caso. La Sesta Sezione Civile – T ha accolto il ricorso di un Comune campano, inerente a un avviso di accertamento per ICI 2002 su quattro complessi immobiliari di proprietà di un santuario. Secondo la Commissione Tributaria Regionale di Napoli, trattandosi di un ente religioso, l’esenzione ICI si doveva intendere estesa anche alle unità immobiliari di sua proprietà, a prescindere dall’attività svolta in concreto e dalla loro destinazione.

La doglianza del Comune. Con il ricorso per cassazione l’ente impositore ha denunciato la violazione di legge, posto che il giudice dell’appello non considerava che negli immobili in questione si svolgevano attività commerciali. Tale doglianza ha colto nel segno.

Osservazioni della S.C. La Suprema Corte ha ricordato che l’esenzione prevista dall’articolo 7 del D.Lgs. n. 504 del 1992 “è limitata all’ipotesi in cui gli immobili siano destinati in via esclusiva allo svolgimento di una delle attività di religione o di culto indicate nell’articolo 16 della l. n. 222/85, e pertanto non si applica ai fabbricati di proprietà di enti ecclesiastici, nei quali si svolga attività commerciale o comunque di lucro, non rilevando in contrario né la destinazione degli utili eventualmente ricavati al perseguimento di fini sociali o religiosi, che costituisce un momento successivo alla loro produzione e non fa venir meno il carattere commerciale dell’attività stessa, né il principio della libertà di svolgimento di attività commerciale da parte di un ente ecclesiastico”.

Ne deriva che è escluso dall’esenzione un fabbricato nel quale un ente religioso svolga un’attività a dimensione imprenditoriale anche se non prevalente, essendo il beneficio previsto in via generale solo per gli immobili destinati direttamente e in via esclusiva allo svolgimento di determinate attività, tra le quali quelle dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi e all’educazione cristiana.

Allo stesso modo l’esenzione non può essere invocata per gli immobili in cui si svolgono attività diverse dalla religione e dal culto, tanto che è stata esclusa per un fabbricato gestito da un ente religioso destinato a casa religiosa di ospitalità (cfr. Cass., sentenze n. 16728 del 2010 e n. 14530 del 2010).

Il rinvio. La parola è tornata al giudice del merito, per nuovo esame.

FONTE: Asfel (Associaioine servizi finanziari enti locali)

ici

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