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Prime case nel mirino Tasi

lentepubblica.it • 31 Marzo 2014

Prendono forma le decisioni dei sindaci sull’applicazione del nuovo prelievo per finanziare i servizi locali

Gli sconti Tasi sulla prima casa previsti dal Dl «Salva-Roma» che approda in Aula alla Camera sono opzionali e nelle delibere dei Comuni possono essere ignorati. È questa la strada battuta finora da città come Cagliari o Mantova, Aosta o Iesi, sulla stessa linea Modena ma annuncia correzioni, e tanti altri Comuni. In questo modo, però, per le case di valore più basso gli aumenti rispetto all’Imu sono certi. Scelta diversa a Brescia e Bologna: detrazioni progressive per evitare rincari. Lovecchio e Trovati u pagina 3 Le differenze di imposta nel passaggio da Imu a Tasi sulle abitazioni principali nei Comuni che scelgono di non introdurre le detrazioni. Valori in euro Gianni Trovati A Mantova la Tasi sull’abitazione principale al 2,4 per mille senza detrazioni è attesa in consiglio comunale il 10 aprile, a Ravenna sale al 2,5 per mille, a Cagliari si è optato per il 2,1 per mille (sempre senza detrazioni), a Modena, a Forlì e Carpi si risale al 2,5 per mille, ma si promettono correzioni, e la stessa aliquota generalizzata del 2,5 per mille si incontra in tanti Comuni medio-piccoli, da Colorno (Parma) a Soliera (Modena): a Iesi (Ancona) l’aliquota è all’1,6 senza sconti, mentre ad Aosta scende all’1 per mille, sempre senza contemplare detrazioni. Benvenuti nel mondo della Iuc, l’imposta «unica» (ma divisa in tre) «comunale» (ma una parte va allo Stato) che promette di far impallidire subito il record delle 104mila aliquote diverse totalizzate dall’Imu lo scorso anno. Rincari in vista Per cominciare a orientarsi nel dedalo delle regole e delle variabili messe in gioco dalle nuove imposte locali, è saggio partire dalla domanda classica di questi mesi: sulla prima casa si pagherà più o meno rispetto all’Imu? Il riferimento, naturalmente, è al conto presentato nel 2012, perché l’anno scorso più del 90% dell’imposta è stato “coperto” dallo Stato, e la risposta oggi suona più o meno così: in molti Comuni, il rischio di rimpiangere la vecchia Imu è concreto, soprattutto per le case di valore medio-basso. Le abitazioni di pregio (anche se non rientrano fra le 74mila considerate «di lusso») sono invece sicuramente al riparo, perché a loro la Tasi chiederà sicuramente meno dell’Imu, a prescindere dalle scelte comunali. Il problema è ormai noto, e dipende dalle detrazioni che nell’Imu cancellavano l’imposta per cinque milioni di abitazioni principali (più di un quarto del totale) di valore basso e la abbassavano drasticamente per quelle di valore medio, e che invece nella Tasi regolata dalla legge di stabilità sono assenti. Per metterci una pezza, il Governo ha inserito nel decreto legge salva-Roma che sta per approdare in Aula al Senato una regola ereditata dall’Esecutivo Letta, che introduce un’aliquota aggiuntiva (lo 0,8 per mille, da applicare alle abitazioni principali oppure agli altri immobili, altrimenti da dividere fra queste due categorie) proprio per finanziare le detrazioni. La regola, però, ha due problemi, e il primo nasce dal fatto che l’accoppiata tra «super- Tasi» e detrazioni è un’opzione, nel senso che i Comuni possono tranquillamente ignorarla. Un fatto, però, è certo: l’Imu standard escludeva dal pagamento tutte le case fino a 53mila euro di valore catastale (i cinque milioni di immobili citati prima; con i figli conviventi, grazie agli sconti aggiuntivi, la soglia esclusa si alzava), mentre la Tasi standard chiede qualcosa a tutti. Con 53mila euro di base imponibile, la Tasi all’1 per mille costa 53 euro, ma come accennato all’inizio l’aliquota spesso cresce per far quadrare i conti, e con il 2,5 per mille si arriva a 133 euro. Se il Comune trascura le detrazioni, quindi, i rincari per le case di valore fiscale minore sono sicuri. Ridda di interpretazioni Ma nemmeno nei Comuni che scelgono di adottare il “correttivo” con aliquote aggiuntive e detrazioni il quadro diventa chiaro. In questo caso la legge chiede che la Tasi abbia «effetti equivalenti» all’Imu, ma su che cosa questo significhi le interpretazioni si sprecano. A Milano, per esempio, si lavora su più ipotesi, che modulano in vario modo le detrazioni anche concentrandole su fasce specifiche di popolazione, dai proprietari a basso reddito alle famiglie numerose o gli anziani. Analoghi i progetti di altre città, tutti basati sull’idea che la clausola dell’«equivalenza» sia complessiva, in relazione al gettito totale dall’abitazione principale, e non si debba applicare casa per casa. Dove queste intenzioni si tradurranno in realtà, il rischio di brutte sorprese riguarderà alle case di valore medio, ignorate dagli sconti “selettivi”. Non manca, però, chi ha deciso di lavorare più di fino, e di usare gli spazi di manovra per introdurre detrazioni su misura: il meccanismo per assicurare che la Tasi sull’abitazione principale non sia mai più pesante dell’Imu c’è, e passa dalle detrazioni “mobili” che diminuiscono all’aumentare del valore dell’immobile. Per esempio ha scelto questa strada Brescia, che riserva sconti di 200 euro alle rendite fino a 400 euro, fa scendere l’agevolazione a quota 100 euro per le rendite che arrivano a 500 euro fino ad azzerare lo sconto per le rendite da 700 euro in su, dove le aliquote della Tasi , più basse di quelle dell’Imu, assicurano già un risparmio rispetto al vecchio regime. A pagare, però, sono seconde case, imprese, negozi e uffici, che si vedono caricare l’aliquota aggiuntiva con cui la somma di Imu e Tasi arriva all’11,4 per mille, superando il massimo del 10,6 per mille già raggiunto dall’Imu 2013 a Brescia come in quasi tutte le città principali. Sulle detrazioni per fasce lavora anche Bologna, che applicherà però la «super- Tasi » all’abitazione principale (aliquota quindi al 3,3 per mille) ed escluderà dal nuovo tributo tutti gli altri immobili.

FONTE: Ifel Fondazione Anci

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