La normativa sulla razionalizzazione delle partecipazioni enuncia il primo criterio cui deve ancorare l’azione l’ente: in particolare la norma prevede che la razionalizzazione delle partecipazioni avvenga innanzitutto mediante l’ eliminazione delle società e delle partecipazioni societarie non indispensabili al perseguimento delle proprie finalità istituzionali, anche mediante messa in liquidazione o cessione con un ampliamento dello spettro della partecipazioni considerate (sia dirette che indirette) a fronte di quanto previsto dalla più risalente disciplina – articolo 3, commi 27 e 28 della legge n. 244/2007 – che considerava solo le partecipazioni dirette.
L’apertura del procedimento di liquidazione coatta preclude al creditore le azioni individuali in sede di giurisdizione ordinaria, poiché i creditori devono far valere le proprie istanze nella procedura amministrativa di accertamento dei crediti attuata dal commissario giudiziale.
La liquidazione coatta amministrativa è la procedura di gestione delle imprese assoggettate a controllo pubblico. I presupposti per l’apertura della procedura sono:
La razionalizzazione periodica comprende due atti distinti. Il primo, necessario, consiste in una delibera ricognitiva, ovvero «un’analisi dell’assetto complessivo delle società in cui detengono partecipazioni, dirette o indirette». Da ciò può scaturire la necessità di un ulteriore atto, ovvero in un nuovo piano di razionalizzazione che dovrà programmare e formalizzare le azioni che si renderanno eventualmente necessarie.
L’ente che vorrà dismettere una partecipazione lo dichiarerà nel suo piano e potrà, e anzi dovrà, cedere la sua quota societaria; ma non si può pretenderne la liquidazione della quota in base all’articolo 24, comma 4.
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it