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Riscossione: lo stato delle cose dopo il Decreto Enti Locali

lentepubblica.it • 16 Dicembre 2016

pmiCon la legge 225/2016 (pubblicata nel supplemento n. 53 alla Gazzetta Ufficiale del 2 dicembre 2016) entrano in vigore il 3 dicembre 2016 le nuove disposizioni introdotte in sede di conversione al dl 193/2016 chiamato anche decreto fiscale.

 


 

 

Le novità per i comuni sono due. La soppressione Equitalia che cede il passo alla nuova Agenzia delle Entrate – Riscossione destinata a lavorare anche per i comuni, e la definizione agevolata delle cartelle, con facoltà di estensione alle ingiunzioni fiscali su esplicita decisione dell’ente impositore.

 

Tra le parti più rimaneggiate del testo, troviamo la disposizione dell’articolo 2 dedicata alla riscossione locale.

 

I tre commi inizialmente approvati sono stati sfoltiti in due sole disposizioni semplificate, relative all’ultima proroga degli affidamenti e alla regola per le future attività. Il comma 1 si limita a spostare in avanti, al 1 luglio 2017, la norma del dl 70/2011 che prevede l’uscita di Equitalia dal mondo dei comuni, di fatto allineandola alla data di inizio di operatività del nuovo ente pubblico economico che erediterà anche i carichi pregressi, senza che questo comporti l’adozione di alcun atto specifico, come invece inizialmente paventato. L’intervento chiama in causa i commi 24 e 25 dell’art. 3 del dl 203/2005 che consentono di mantenere le attività con il gruppo Equitalia, se mai interrotte dal 1 ottobre 2006, e di prorogare i contratti in essere con gli altri iscritti all’albo dell’articolo 53. Il 1 luglio 2017 termina la fase di proroga di tutte queste attività, comprese quelle acquisite con lo scorporo del ramo d’azienda da parte delle società di riscossione che coprivano gli ambiti fuori Equitalia. Ciò significa che possono essere rimesse in gara per l’affidamento agli iscritti all’albo o essere gestite in forma diretta dai comuni oppure date al nuovo ente pubblico (sui giornali battezzato come Equi Entrate).

 

Il comma 2 fa capire che l’intento del legislatore è quello di riportare nel mondo degli enti locali il ruolo e la cartella di pagamento, strumento al quale si potrà ricorrere deliberandone l’affidamento secondo una formula che l’AD Equitalia ha fatto rientrare nelle forme di cooperazione tra gli enti locali ( art. 5 codice contratti). Situazione questa che dribblerebbe le regole sulla selezione pubblica.

 

A ben vedere, il testo ha molto di cui discutere, connubio perfetto di contraddizioni in termini. Infatti, secondo l’art.2, a decorrere dal 1 ° luglio 2017, gli enti locali possono deliberare di affidare al soggetto preposto alla riscossione nazionale le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate tributarie o patrimoniali proprie e delle società da essi partecipate. La scelta di deliberare chiama in causa la decisione della parte politica che potrebbe decidere di affidare alla nuova Agenzia non solo la riscossione coattiva ma anche la spontanea e l’accertamento, tutte attività svolte anche dai soggetti abilitati previsti dal comma 5 dell’articolo 52 del d. lgs 446/97. Tuttavia non sono ancora note le condizioni economiche delle stesse, che trovano riscontro solamente per la parte coattiva disciplinata dall’articolo 17 del d. lgs 112/99. La formula copre tutte le entrate locali e si spinge ad affidare al Comune anche la decisione per le sue società pubbliche che, a prima vista, dovrebbero subire il dictat dei diversi comuni soci. Una soluzione che appare poco coerente con l’autonomia delle società di capitale e con questioni di efficienza di gestione.

 

Il testo del comma 2, a ben vedere, assomiglia tanto a quello che si trova nell’articolo 3 del dl 203/2005, comma 4, con la fondamentale differenza che il primo non si spendeva sulle modalità di adozione della decisione. La conclusione più certa è che questa disposizione reintroduce il ruolo per la riscossione locale per tutti i comuni italiani, in ottica diametralmente opposta alle intenzioni del dl 70/2011.

 

Restano esclusi dalla manovra i comuni della Regione Sicilia, già interessati con la riforma del 2005 al soggetto Riscossione Sicilia SpA. Gli enti locali avranno così a disposizione non solo l’ingiunzione di pagamento, che non viene toccata dalla riforma bensì confermata come importante strumento, oggi utilizzato dalla metà dei comuni italiani, ma anche il ruolo per la riscossione mediante cartella. Il testo dell’articolo 1 del decreto evidenzia che la riscossione della nuova Agenzia non avverrà per processo bensì per risultato, anche mediante raggruppamento di debitori e logiche di economicità. Se il confronto è con i carichi erariali e previdenziali, i ruoli dei comuni sono destinati a restare in angolo, salvo che non sia lo stesso ente ad agire col meccanismo della segnalazione.

 

In merito alla definizione agevolata, il testo definitivo introduce una nuova proroga delle inesigibilità di due anni, motivata dal blocco delle attività di riscossione come conseguenza della nuova definizione. L’art. 6 ter concede sessanta giorni di tempo ai comuni (oltre che alle regioni, province e città metropolitane) per l’adozione di un regolamento che, nel rispetto del medesimo articolo, definisca le modalità di adesione e di pagamento delle somme incluse nelle ingiunzioni fiscali, senza il carico dovuto alle sanzioni tributarie o alla maggiorazione delle multe stradali. La valutazione, in tal caso, va eseguita valutando il monte ingiunzioni notificate e le dilazioni in corso sulle stesse. L’operazione dovrà riguardare tutte le entrate riscosse con questo strumento e chiudersi in tempi rapidi, comunque non oltre settembre 2018.

Fonte: ASFEL - Associazione Servizi Finanziari Enti Locali
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