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Ritenute, omesso versamento: basta il 770?

lentepubblica.it • 29 Novembre 2016

770Con sentenza 48591 del 17 novembre 2016, la Corte di cassazione ha affermato l’importante principio secondo cui, in sede di riesame, è sufficiente il fumus commissi delicti relativo al modello 770 per disporre il sequestro preventivo per equivalente sulle somme dell’indagato. Ciò nonostante, per la condanna per i fatti precedenti alla modifica legislativa dell’articolo 10-bis del Dlgs 74/2000 (omesso versamento ritenute), non sia sufficiente la mera dichiarazione, essendo necessaria, invece, la prova del rilascio ai sostituti delle certificazioni attestanti le ritenute operate dal datore.

 

La vicenda processuale

 

Il tribunale di Bari rigettava l’istanza di riesame avverso il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che aveva disposto il sequestro preventivo per equivalente, nei confronti di un indagato per il reato di omesso versamento delle ritenute. Contro tale rifiuto veniva proposto ricorso per cassazione: l’indagato lamentava la mancata configurabilità del reato contestato in presenza del solo modello 770 ritenendo, invece, necessaria la certificazione attestante le ritenute effettuate.

 

Il decisum della Corte

 

Preliminarmente, la Cassazione ricorda che il reato di cui all’articolo 10-bis del Dlgs 74/2000, prima non configurabile in presenza del solo modello 770 ma soltanto in presenza di certificazione attestante le ritenute effettuate, è stato oggetto di una modifica legislativa. Difatti, l’articolo 7 del Dlgs 158/2015 ha esteso l’ambito di operatività dell’articolo 10-bis alle ipotesi di omesso versamento di ritenute dovute sulla base delle dichiarazioni provenienti dal datore di lavoro (modello 770). In particolare, in base all’attuale versione: “È punito… chiunque non versa entro il termine previsto per la dichiarazione annuale di sostituto d’imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta”.

 

Ripercorsa la successione di leggi penali nel tempo, la Corte evidenzia che, per i fatti pregressi (come quello oggetto della decisione), la prova dell’elemento costitutivo del reato non può essere rappresentata dal solo contenuto della dichiarazione, essendo necessario dimostrare l’avvenuto rilascio ai sostituti delle certificazioni attestanti le ritenute operate dal datore di lavoro quale sostituto d’imposta (Cassazione, 10104/2016). Infatti, la modifica della norma (intervento legislativo non meramente interpretativo, ma innovativo della disciplina) risulta certamente sfavorevole al reo e quindi, in base all’articolo 2, comma 4, cp, non può applicarsi ai fatti antecedenti che sono, invece, disciplinati dalla precedente normativa, poiché più favorevole al reo.

 

Peraltro, la Corte precisa che, se ciò vale ai fini di una condanna in sede di decisione di merito, essendo in tal caso necessaria la prova dell’avvenuto rilascio ai sostituiti delle certificazioni attestanti le ritenute operate dal datore di lavoro quale sostituto d’imposta, non altrettanto avviene in sede cautelare. In tale fase, all’opposto, ai fini dell’emissione del sequestro preventivo, il giudice deve valutare la sussistenza in concreto del fumus commissi delicti attraverso una verifica puntuale e coerente delle risultanze processuali, che può essere basato anche sulla dichiarazione avvenuta con modello 770.

Fonte: Fisco Oggi, Rivista Telematica dell'Agenzia delle Entrate - articolo di Maria Lembo
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