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Rivalutazione delle quote Banca Italia: la normativa civilistica e fiscale

lentepubblica.it • 14 Novembre 2017

quote-banca-italiaDal 2017 i grandi soci di Banca d’Italia sono “obbligati” a cedere le quote di partecipazione eccedenti i limiti previsti, così come disposto dal Dl 133/2013 (articoli 4, comma 6 e 6, comma 5). Pertanto, si coglie l’occasione per fare il punto della situazione su una normativa che aveva disposto anche la rivalutazione delle quote.


 

Il tema assume rilevanza, peraltro, in funzione della circostanza che i controlli dell’Amministrazione finanziaria vertono sull’anno d’imposta 2014. Si procederà, quindi, alla disamina delle linee essenziali della disciplina dal punto di vista civilistico e fiscale.

 

Rivalutazione delle quote di partecipazione al capitale di Banca d’Italia: aspetti civilistici e contabili

 

La normativa civilistica a cui si fa riferimento in questa sede, salvo diversa indicazione, è rappresentata dal ricordato decreto-legge 133/2013. L’articolo 4, dopo averla definita istituto di diritto pubblico e banca centrale della Repubblica italiana facente parte del Sistema Europeo di Banche Centrali (Sebc), al comma 2, autorizza Banca d’Italia ad aumentare il proprio capitale mediante utilizzo delle riserve statutarie all’importo di euro 7.500.000.000. Il capitale, a seguito dell’aumento, è rappresentato da quote nominative di partecipazione di nuova emissione di euro 25mila ciascuna. Inoltre, si dispone che ai partecipanti possono essere distribuiti esclusivamente dividendi annuali, a valere sugli utili netti, per un importo non superiore al 6% del capitale.

 

Lo stesso articolo 4 prevede che ciascun partecipante al capitale non può possedere, direttamente o indirettamente, una quota del capitale superiore al 3%.  Per le quote possedute in eccesso non spetta il diritto di voto e i relativi dividendi sono imputati alle riserve statutarie di Banca d’Italia. Al fine di favorire il rispetto dei limiti di partecipazione al proprio capitale (3%), Banca d’Italia può acquistare temporaneamente le proprie quote di partecipazione e stipulare contratti aventi a oggetto le medesime. Per il periodo di tempo limitato in cui le quote restano nella disponibilità della Banca d’Italia, il relativo diritto di voto è sospeso e i dividendi sono imputati alle riserve statutarie dell’istituto.

 

Come si può notare, il capitale di Banca d’Italia, pari a 156.000,00 euro (corrispondenti a 300.000.000 di lire), per raggiungere il nuovo importo di 7.500.000.000,00 euro, fissato dalla legge, è stato aumentato di un importo pari a 7.499.844.000,00 euro mediante passaggio di riserve statutarie (con una scrittura del tipo: “Riserve (Dare) a Capitale (Avere)”) e, conseguentemente, è stato elevato il valore nominale delle 300.000 quote, in cui è suddiviso, da 0,52 euro (originariamente pari mille lire) a 25mila euro.

 

A fronte di tale operazione, i soggetti bancari partecipanti hanno dovuto rivalutare civilisticamente al (nuovo) fair value le proprie quote di partecipazione di modo che, contabilmente, il valore complessivo delle stesse fosse pari al fair value di 25mila euro della singola quota (valore nominale della quota) moltiplicato per il numero delle quote detenute.

 

Va precisato che nel bilancio di esercizio chiuso al 31 dicembre 2013 dei soggetti bancari, le quote di partecipazione al capitale di Banca d’Italia sono state classificate tra le  «Attività finanziarie disponibili per la vendita» (AFS secondo l’acronimo inglese utilizzato dai principi contabili IAS 32 e IAS 39), voce 40 dell’Attivo. Fino al bilancio chiuso al 31 dicembre 2012, invece, le vecchie quote di partecipazione erano state classificate o tra le «Attività finanziarie disponibili per la vendita» voce 40 o, se «rilevanti», tra le «Partecipazioni», voce 100 dell’Attivo.

 

Teoricamente, la tecnica contabile per rivalutare le quote poteva essere a impatto diretto sul patrimonio netto (senza passare da conto economico, con una scrittura in partita doppia del tipo: Quota di partecipazione, Dare, a Riserva AFS di PN, Avere, seppur con passaggio a OCI, cioè il prospetto delle redditività complessiva) o ad impatto sul risultato di esercizio in conto economico (scrittura in partita doppia: Quota di partecipazione, Dare, a Rivalutazione, Avere, da epilogare nel conto economico).

 

Le banche hanno adottato la tecnica contabile a impatto sul risultato di esercizio e, secondo l’impostazione fatta propria dall’Abi (che vede le partecipazioni rivalutate diverse rispetto a quelle detenute prima della rivalutazione in quanto sono cambiati i diritti a queste associati), hanno dapprima svalutato per derecognition (annullamento delle vecchie quote) con una scrittura del tipo: “Svalutazione quote di partecipazione (Dare), a Quote di partecipazione (Avere) e poi, per l’emissione delle nuove, hanno effettuato una scrittura del tipo: “Quote di partecipazione (Dare) a Plusvalenza/Rivalutazione (Avere di Conto economico).

 

L’importo della rivalutazione netta (pari alla differenza tra rivalutazione di 25mila euro e svalutazione, vecchio valore contabile) è confluito nel conto economico del 2013:

 

 

  • alla voce 100, lettera b) «Utili/Perdite da cessione o riacquisto di attività finanziarie disponibili per la vendita», oppure
  • alla voce 210 «Utili/Perdite delle partecipazioni»

 

 

a seconda  della classificazione di inizio esercizio 2013  delle quote,  rispettivamente alla voce 40 «Attività finanziarie disponibili per la vendita» o alla voce 100 «Partecipazioni».

 

Una rivalutazione civilistica delle quote che, ai sensi dell’articolo 110, comma 1-bis, lettera b, Tuir, per principio non assume valenza fiscale.

 

Dall’esame dei bilanci di esercizio 2013 dei soggetti bancari emerge che le quote di partecipazione in Banca d’Italia sono iscritte nel portafoglio/comparto delle attività finanziarie disponibili per la vendita (AFS), al (nuovo) fair value pari a 25mila come disposto dallo IAS 39.

 

Rivalutazione delle quote di partecipazione al capitale di Banca d’Italia: aspetti fiscali 

 

Gli aspetti fiscali della rivalutazione sono disciplinati dall’articolo 6, comma 6, Dl 133/2013 e dall’articolo 1, comma 148, legge 147/2013 (legge di stabilità per il 2014), come modificato dal Dl 66/2014.  A livello di prassi, l’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti sugli aspetti fiscali della disciplina sulla rivalutazione delle quote di partecipazione in Banca d’Italia con la circolare n. 4/E del 24 febbraio 2014. Un primo aspetto da considerare attiene al trasferimento di portafoglio delle quote di partecipazione. Il comma 6 dell’articolo 6 prescrive l’iscrizione delle quote di partecipazione nel comparto delle attività finanziarie detenute per la negoziazione, ai medesimi valori a partire dall’esercizio in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge (30 novembre 2013), quindi esercizio 2013. I medesimi valori sono quelli di cui al comma 2, dell’articolo 4 del decreto, cioè le quote con valore pari a 25mila euro cadauna. Vedremo più avanti che affinché tali medesimi valori assumano anche valenza fiscale, saranno assoggettati a tassazione (al netto dei valori fiscali delle quote) sostitutiva.

 

Ma il trasferimento di portafoglio finanziario è di ordine civilistico o fiscale? Oppure civilistico e fiscale? Al riguardo va risposto che trattasi di iscrizione/trasferimento di comparto a valenza strettamente fiscale. Infatti, l’ultimo periodo del comma 6 dell’articolo 6 fa salva in ogni caso l’applicazione dell’articolo 4, Dlgs 38/2005 ossia la redazione dei bilanci in conformità dei principi contabili internazionali, perciò, ai fini civilistici il trasferimento di portafoglio non ha alcun effetto. La disposizione in esame, nella versione in vigore dal 30 gennaio 2014, così dispone: “A partire dall’esercizio in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, i partecipanti al capitale della Banca d’Italia iscrivono le quote di cui all’articolo 4, comma 2, nel comparto delle attività finanziarie detenute per la negoziazione, ai medesimi valori. Restano in ogni caso ferme le disposizioni di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38”.

 

La versione originaria della disposizione (in vigore dal 30 novembre 2013 al 29 gennaio 2014) recitava come segue: “A partire dall’esercizio in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, i partecipanti al capitale della Banca d’Italia trasferiscono le quote, ove già non incluse, nel comparto delle attività finanziarie detenute per la negoziazione, ai medesimi valori di iscrizione del comparto di provenienza. Salvo quanto disposto al periodo precedente, restano ferme le disposizioni di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38”. La lettera della disposizione originaria, quindi, permetteva di interpretare il trasferimento di portafoglio a valenza non solo fiscale ma anche a fini civilistici e quindi anche a fini di redazione del bilancio di esercizio (il riferimento è al “salvo quanto disposto al periodo precedente, restano ferme le disposizioni di cui all’articolo. 4 del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38.”).

 

Tuttavia, interpretata in tal modo, la disposizione poteva prestarsi a  possibili eccezioni di incompatibilità con i regolamenti comunitari (norme sovra-ordinate  rispetto al decreto-legge) di omologazione degli Ias/Ifrs. Lo Ias 39, peraltro, vieta la riclassificazione delle attività finanziarie da un portafoglio Afs (disponibili per la vendita) a uno Hft (detenute per la negoziazione). Pertanto, proprio per eliminare il rischio di interpretazioni “fuorvianti”, il legislatore ha modificato la disposizione in esame in maniera tale da fare emergere la rilevanza soltanto fiscale del trasferimento delle quote di partecipazione dal portafoglio di provenienza al portafoglio di negoziazione (il riferimento è al seguente periodo : “Restano ferme le disposizioni di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38, in cui è stato appunto eliminato l’inciso “Salvo quanto disposto al periodo precedente.”).

 

Quindi secondo la versione definitiva del comma 6 dell’articolo 6, Dl 133/2013, le quote di partecipazione in Banca d’Italia sono appostate soltanto fiscalmente nel portafoglio delle attività finanziarie di negoziazione, mentre civilisticamente continuano a essere classificate nel portafoglio delle attività finanziarie disponibili per la vendita (Afs), secondo quanto effettuato dai soggetti bancari, al 31 dicembre 2013, in applicazione dei principi contabili internazionali, le cui disposizioni restano ferme.

 

Effetto del trasferimento delle quote nel comparto fiscale delle attività finanziarie di negoziazione è l’applicabilità dell’articolo 89, comma 2-bis, Tuir ai soggetti Ias Adopter partecipanti al capitale, sui dividendi distribuiti da Banca d’Italia, ossia: concorso integrale dei dividendi  alla determinazione del reddito d’impresa. Quindi, in deroga al comma 2, dello stesso articolo 89, l’esclusione da imposizione del 95% dei dividendi relativi a titoli classificati nel portafoglio finanziario di negoziazione dei soggetti Ias Adopter, non si applica.

 

Ne consegue che altro effetto conseguente alla riclassificazione fiscale delle quote di partecipazione in Banca d’Italia nel portafoglio di negoziazione è quello di tassare per l’intero importo i dividendi che Banca d’Italia avrà distribuito dopo il trasferimento fiscale di portafoglio.

 

In sintesi, finora abbiamo assistito:

 

 

  • a una rivalutazione obbligatoria di natura civilistica delle quote di partecipazione al capitale di Banca d’Italia (sulla base dell’articolo 4, Dl 133/2013 e dell’applicazione dello Ias 39), che, ai sensi dell’articolo 110, comma 1-bis , Tuir, non è rilevante fiscalmente
  • al trasferimento fiscale delle stesse ad altro comparto delle attività finanziarie detenute per la negoziazione  (quello di trading), ex articolo 6, comma 6 del medesimo decreto-legge.

 

 

L’imposta sostitutiva

 

L’articolo 1, comma 148, legge 147/2013, affinché la rivalutazione acquisisca anche valore fiscale, prevede che ai maggiori valori iscritti nel bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2013, si applichi un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e di eventuali addizionali, del 26%. L’imposta sostitutiva va applicata sul valore nominale delle quote alla suddetta data (25mila euro cadauna), al netto del valore fiscalmente riconosciuto (base imponibile = nuovo valore nominale – valore fiscale della quota ante imposta sostitutiva). La legge di stabilità per il 2014 ha sostanzialmente imposto un riallineamento obbligatorio del valore fiscale al valore contabile-civilistico delle quote (o per dirla diversamente, ha permesso l’affrancamento fiscale di un valore civilistico) con pagamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell’Irap e di eventuali addizionali, del 26%, in un’unica soluzione con il saldo delle imposte 2013 (n.b.: originariamente l’aliquota era del 12% da versarsi in tre rate annuali, con il saldo imposte 2013, con il saldo imposte 2014 e con il saldo imposte 2015).

 

Infatti, la rivalutazione civilistica ha ampliato l’eventuale disallineamento iniziale (tra valore civilistico e fiscale) o, se i valori erano allineati, lo ha creato, quindi trattasi di imposta di riallineamento. E’ altresì un’imposta (e una disposizione) di rivalutazione fiscale obbligatoria laddove in bilancio la rivalutazione (civilistica) è stata fatta a un valore unitario inferiore al valore nominale di 25mila euro.

 

La circolare n. 4/E del 24 febbraio 2014

 

L’Agenzia delle entrate, con la circolare n. 4/E del 2014, ha chiarito diversi aspetti applicativi della normativa. Il documento di prassi non affronta gli aspetti contabili e di bilancio, ma soltanto quelli fiscali.

 

Di seguito si riportano alcuni passaggi della circolare:

 

In via preliminare, occorre evidenziare come la disciplina recata dall’articolo 6, comma 6, del decreto legge n. 133 del 2013 obbliga i partecipanti al capitale della Banca d’Italia a iscrivere le quote di cui all’articolo 4, comma 2, nel comparto delle attività finanziarie detenute per la negoziazione, ai medesimi valori. In particolare, con l’utilizzo della locuzione ai medesimi valori, il legislatore ha voluto individuare un nuovo valore delle partecipazioni a seguito dell’inquadramento delle stesse nella categoria delle attività finanziarie detenute per la negoziazione. Tale nuovo valore è pari al valore nominale delle quote di nuova emissione previsto nell’articolo 4, comma 2, del medesimo decreto legge n. 133 del 2013, vale a dire 25.000 euro per ciascuna quota di partecipazione. L’individuazione di un valore della partecipazione, pari al valore nominale, determina un disallineamento rispetto al valore fiscale ascrivibile alle quote precedentemente iscritte in bilancio”. Con riferimento alla versione precedente del comma 148, articolo 1, legge 147/2013, la circolare ricorda che tale disposizione prevede che “al trasferimento previsto dal comma 6 dell’articolo 6 del decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133, si applica l’articolo 4 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 8 giugno 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 135 del 13 giugno 2011, qualunque sia la categoria di provenienza; ai maggiori valori iscritti in bilancio per effetto del comma 6, primo periodo, dello stesso articolo 6 del citato decreto-legge n. 133 del 2013 si applica un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive e di eventuali addizionali (…)”.

 

A questo punto è opportuno sottolineare che l’Agenzia, nella circolare in esame, ha fatto riferimento alla versione  del comma 148 vigente al 24 febbraio 2014 che richiamava l’applicabilità dell’articolo 4, Dm 8 giugno 2011 (Riclassificazione delle attività finanziarie); tale richiamo permetteva di ritenere applicabile il regime Pex al differenziale creatosi con il trasferimento civilistico (a valenza anche fiscale sulla base, appunto, del richiamato articolo 4) delle quote di partecipazione da un portafoglio a un altro. L’assoggettamento a imposta sostitutiva, chiariva la circolare, da un lato disattiva il regime Pex e dall’altro riconosce un maggior valore fiscale con il pagamento di un’imposta sostitutiva.
Su tale aspetto l’amministrazione ha concluso che il riconoscimento fiscale della rivalutazione sarebbe avvenuto con l’applicazione dell’imposta sostitutiva (oltre a disattivare il regime Pex). Infatti, fino a quando operava il richiamo all’articolo 4, Dm 8 giugno 2011, la rivalutazione, per fictio iuris, si considerava fiscalmente realizzata e la plusvalenza sarebbe stata assoggettata al regime fiscale del portafoglio di provenienza (regime Pex).

 

Aspetti afferenti il controllo su un soggetto bancario partecipante

 

Alla luce di tali considerazioni, in sede di controllo su un soggetto bancario partecipante,  l’Agenzia delle entrate può verificare, con gli ordinari mezzi istruttori:

 

 

  • la corretta determinazione dell’importo dell’imposta sostitutiva, l’avvenuto versamento e la ripresa a tassazione ai fini Ires in dichiarazione – quadro RF (dato che va iscritta alla voce del 260 “Imposte sul reddito di esercizio dell’operatività corrente” del CE)
  • che come variazione in diminuzione Ires compaia l’importo della plusvalenza contabile e non quello del “plusvalore fiscale” (che è quasi sempre maggiore, al limite pari, della plusvalenza contabile) assoggettato a imposizione sostitutiva, atteso che la rivalutazione è stata imputata a conto economico (stesso discorso vale ai fini Irap)
  • che i dividendi distribuiti da Banca d’Italia, successivamente alla riclassificazione fiscale delle quote di partecipazione (quindi dal 2014 in poi), siano integralmente tassati.

 

 

Va detto, altresì, che nel conto economico 2013, l’imposta sostitutiva è stata determinata sulla base dell’aliquota del 12% (così come previsto dal comma 148, articolo 1, legge 147/2013 pro-temporevigente); pertanto, nel conto economico 2014 è stato iscritto un onere “straordinario” (per imposte dei precedenti esercizi, il 2013), dovuto alla maggiore imposta sostitutiva del 14% in quanto a tanto ammontava la differenza di aliquota tra la definitiva del 26% e la originaria del 12%.

 

Rivalutazione delle quote di partecipazione in Banca d’Italia: tecnica adottata dal legislatore

 

La tecnica conclusivamente adottata dal legislatore del combinato disposto dell’articolo 6, Dl 133/2013 e del comma 148, articolo 1, legge 147/20133, nelle loro versioni definitive attualmente vigenti, è stata quella di rendere obbligatoria non solo la rivalutazione civilistica, ma anche quella fiscale, imponendo il riallineamento dei valori appena disallineati con la rivalutazione civilistica. Si tratta di una tecnica simile a quella adottata con la rivalutazione dei beni di impresa e di partecipazioni prevista dai commi 140-143, per i soggetti non IAS Adopter e al comma 147, per i soggetti IAS-Adopter, dell’articolo 1, della stessa legge 147/2013. Infatti, nel caso delle partecipazioni in Banca d’Italia la rivalutazione civilistica è obbligatoria, mentre per gli altri beni diversi da queste è facoltativa. Invece la tecnica è la stessa quanto all’obbligatorietà della rivalutazione fiscale, o che dir si voglia, del riallineamento dei valori fiscale e civilistico. Le quote di partecipazione in Banca d’Italia sono appostate soltanto fiscalmente nel portafoglio delle attività finanziarie di negoziazione, mentre civilisticamente continuano a essere classificate nel portafoglio delle attività finanziarie disponibili per la vendita, secondo quanto previsto dai principi contabili internazionali, le cui disposizioni restano ferme. Con la classificazione fiscale delle quote di partecipazione nel portafoglio di negoziazione è stato ottenuto l’ulteriore effetto fiscale di tassare, integralmente, i dividendi che Banca d’Italia avrà distribuito dopo il trasferimento fiscale di portafoglio.

 

Cessioni obbligatorie di quote partecipazione al capitale della Banca d’Italia 

 

Come abbiamo avuto modo di appurare, le quote di partecipazione sono state appostate nel bilancio di esercizio 2013 tra le attività disponibili per la vendita (Afs) e le banche partecipanti hanno indicato come nuovo valore contabile e di bilancio il valore nominale di 25mila euro. Fiscalmente costituiscono attività finanziarie di negoziazione.

 

I soggetti bancari che detengono, anche indirettamente, quote di partecipazione oltre il 3% del capitale sono “obbligati” a cedere le quote eccedenti il limite suindicato, pena la sterilizzazione (mancato riconoscimento) del diritto ai dividendi. Infatti, soltanto per i primi trentasei mesi, a decorrere dal completamento dell’aumento del capitale in Banca d’Italia (31/12/2013 + 36 mesi = 31/12/2016), è stato riconosciuto il diritto ai dividendi (il diritto di voto era già stato sterilizzato); oltre tale periodo, quindi dall’1° gennaio 2017 non è riconosciuto nemmeno  il diritto ai dividendi. Al riguardo è previsto che, in caso di difficile ricollocazione, anche per mancanza di acquirenti, Banca d’Italia possa, temporaneamente acquistare quote proprie di capitale.

 

Ma, indipendentemente dall’“obbligatorietà” della cessione, le seguenti considerazioni valgono anche per i soggetti bancari che, pur non detenendo quote eccedenti il limite massimo del 3% del capitale, decidano di dismettere per intero o parzialmente le proprie quote di partecipazione.

 

Nell’ipotesi in cui le quote di partecipazione venissero cedute a un prezzo superiore al valore nominale, contabile e fiscale (supponiamo che la banca partecipante abbia valorizzato in bilancio le quote di partecipazione al nuovo valore nominale e abbia riallineato il valore fiscale, versando  l’imposta sostitutiva), allora si realizzerà un plusvalore fiscale integralmente tassabile nell’esercizio.

 

Esempio: prezzo della quota = € 25.200,00: valore contabile e fiscale della quota = € 25.000,00;  plusvalore integralmente tassabile = € 200,00 (€ 25.200,00 – € 25.000,00).

 

Se invece il prezzo è inferiore al valore nominale, contabile e fiscale, allora si realizzerà una “minusvalenza” integralmente deducibile.

 

Esempio: prezzo della quota = € 24.800,00; valore contabile e fiscale della quota = € 25.000,00;  “minusvalenza” integralmente deducibile = € 200,00 (€ 25.000,00 – € 24.800,00).

 

Le quote di partecipazione al capitale di Banca d’Italia, ai sensi del comma 6, articolo 6, Dl 133/2013, costituiscono attività finanziarie di negoziazione,  in deroga al comma 3-bis, dell’articolo 85, Tuir; perciò la cessione non determina una plusvalenza tecnica (o una minusvalenza tecnica), un plusvalore diretto, ma un ricavo (ex articolo 85, comma 1, lettera c, Tuir), che si contrappone al costo rappresentato dalla valore “iniziale” della rimanenza (valutata ex articoli 94 e 92, Tuir).

 

Le quote di partecipazione, poiché iscritte civilisticamente tra le attività finanziarie disponibili per la vendita (voce 40 dell’Attivo del bilancio bancario), ai sensi del comma 3-bis dell’articolo 85, Tuir, fiscalmente dovrebbero essere qualificate come immobilizzazioni finanziarie, se non fosse che l’articolo 6, comma 6 è norma speciale che prevale sul principio di cui al comma 3-bis. Conseguentemente, in sede di realizzo, non potranno applicarsi i regimi fiscali afferenti le attività finanziarie considerate fiscalmente immobilizzazioni finanziarie: né il regime Pex di cui all’articolo 87, Tuir (esenzione del 95% della plusvalenza, indeducibilità totale della minusvalenza) né il regime opzionale di cui all’articolo 86, Tuir, previsto per le plusvalenze (rateizzazione della plusvalenza integralmente imponibile, prevista per le attività finanziarie immobilizzate da almeno tre anni, non aventi i requisiti Pex; si ricorda che le minusvalenze conseguite su partecipazioni immobilizzate non aventi i requisiti Pex sono integralmente deducibili ai sensi del combinato disposto degli articoli 101 comma 1 e 86, commi 1, lettere a) e b), e 2, Tuir).

 

Riepilogo cronologico dell’evoluzione normativa

 

L’articolo 6, Dl. 133/2013 (versione originaria, in vigore dal 30 novembre 2013 al 29 gennaio 2014), al comma 6, dispone il trasferimento delle quote da un portafoglio a un altro civilisticamente (così la lettera della disposizione) e fiscalmente.

 

Il comma 148 dell’articolo 1, legge 147/2013, in vigore dall’1° gennaio al 24 aprile 2014, si immette su una rivalutazione, oltre che fiscale, anche civilistica, così come disposto dall’articolo 6, Dl 133/2013 versione (originaria) pro-tempore vigente. Il comma 148 reca una disciplina su un trasferimento con effetti civilistici e fiscali e dispone l’applicabilità dell’articolo 4 del decreto Ias. Ma fino a quando l’articolo 6 non verrà modificato (fino a quando, cioè, non verrà disposto soltanto la riclassificazione fiscale delle quote), il richiamo all’applicabilità dell’articolo 4 del decreto Ias ai maggiori valori della rivalutazione delle quote è superfluo per i soggetti bancari che, fino al bilancio dell’esercizio chiuso al 31 dicembre 2012, avevano classificato le quote alla voce 40 dell’Attivo, tra le Attività finanziarie detenute per la vendita, in quanto per effetto della riclassificazione civilistica delle quote si applica l’articolo 4, Dm 8 giugno 2011.

 

Quindi, a seguito della riclassificazione civilistica delle quote in Bankitalia, il ricordato articolo 4troverebbe per questi soggetti comunque applicazione a prescindere dal richiamo di cui al comma 148. Il richiamo espresso era obbligato per quei soggetti bancari che al 31 dicembre 2012 avevano classificato le quote alla voce 100 dell’Attivo, tra le Partecipazioni. Infatti per questi ultimi, le quote di partecipazione erano disciplinate dallo Ias 27 e non dallo Ias 39, pertanto, senza richiamo espresso, non si sarebbe potuto applicare l’articolo 4 in esame.

 

La legge 5/2014, di conversione del Dl 133/2013, successiva al comma 148, articolo 1, legge 147/2013, modifica, dal 30 gennaio 2014, l’articolo 6, Dl 133/2013, che a partire da tale data dispone una riclassificazione soltanto fiscale delle quote di partecipazione in Banca d’Italia. Ha senso il riferimento dell’originario comma 148, articolo 1, legge 147/2013 all’applicabilità dell’articolo 4, Dm 8 giugno 2011, dalla data di entrata in vigore della modifica dell’articolo 6, fino alla data di entrata in vigore della modifica del comma 148, cioè dal 30 gennaio 2014 al 24 aprile 2014. Infatti, la nuova formulazione dell’articolo 6, disponendo una riclassificazione delle quote soltanto fiscale, non permette più di applicare in via automatica (almeno per i soggetti bancari che avevano classificato le quote alla voce 40 dell’Attivo) l’articolo del decreto del 2011. Il richiamo espresso dell’articolo 4 del decreto Ias nella vecchia formulazione del comma 148, lo rende applicabile a tutti i soggetti bancari partecipanti indipendentemente dal portafoglio di allocazione delle quote al 31 dicembre 2012.

 

A seguito della modifica dell’articolo 6, Dl 133/2013, disposta dalla legge di conversione 5/2014, viene modificato, dal 24 aprile 2014, il comma 148 dell’articolo 1, legge 147/2013, a opera del Dl 66/2014: viene eliminato qualsiasi riferimento dell’articolo 4, Dm del 2011 (così, dal 24 aprile 2014  si rende fiscalmente irrilevante la rivalutazione) e viene disposto il riallineamento obbligatorio dei valori fiscale e civile con l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 26% da pagare in un’unica rata.

Fonte: Fisco Oggi, rivista Telematica dell'Agenzia delle Entrate - articolo di Nicola Ditolve
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