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Sequestro e confisca beni del contribuente: precisazioni dalla Cassazione

lentepubblica.it • 25 Febbraio 2016

sequestro_casa-400x300Il generico impegno a versare all’Erario le imposte arretrate non basta a neutralizzare la confisca né il sequestro sui beni del contribuente; la confisca può essere disposta sui debiti rateizzati con l’Amministrazione finanziaria per la parte non ancora versata, risultando, al contrario, inefficace in relazione alla quota già pagata. È quanto ribadito dalla sentenza della Cassazione n. 5728, dell’11 febbraio 2016.

 

Vicenda processuale

 

Il caso pervenuto ai giudici di legittimità riguardava la vicenda di un’azienda a cui era stato contestato l’omesso versamento di ritenute per circa 410mila euro; la società debitrice aveva nel frattempo concordato un programma di pagamento rateale con l’Amministrazione finanziaria, già eseguito per l’importo di 47mila euro. Al mancato versamento delle somme residue faceva seguito, nei confronti del legale rappresentante della società, il decreto di sequestro preventivo per equivalente, emesso dal gip del tribunale per il reato di cui all’articolo 10-bis del Dlgs 74/2000.

 

In parziale accoglimento dell’istanza di riesame proposta dal contribuente, il tribunale riduceva, con ordinanza, l’originario importo assoggettato a sequestro nella misura corrispondente alla differenza tra il debito iniziale e la somma versata, confermando per il resto l’impugnato decreto.

 

Avverso l’ordinanza del tribunale del riesame ha proposto ricorso per cassazione il legale rappresentante della società, lamentando, alla luce dell’intervenuta rateizzazione del debito erariale, la violazione degli articoli 321 codice di procedura penale, 322-ter del codice penale e 1, comma 143, della legge 244/2007, affermando che la rateizzazione comporterebbe una novazione oggettiva del rapporto, con la conseguenza di neutralizzare, fin dall’origine, gli effetti della confisca. Ad avviso del ricorrente, il carattere sanzionatorio della confisca per equivalente comporterebbe, con il versamento dell’imposta evasa, il venir meno della funzione sanzionatoria della confisca di valore; da ciò conseguirebbe, una volta che vi sia stato pagamento del debito tributario, anche nelle sole forme delle speciali procedure conciliative previste dall’ordinamento fiscale o dell’adesione all’accertamento, che la confisca e il sequestro non possono più operare.

 

La pronuncia della Cassazione

 

La Suprema corte, riprendendo un lungo filone giurisprudenziale, ha rigettato le doglianze della parte ricorrente, ribadendo come solo l’integrale pagamento del debito tributario, in virtù della necessità di evitare la sostanziale duplicazione dello stesso, possa condurre alla non operatività della confisca e, correlativamente, alla obliterazione del sequestro imposto a tal fine, risultando, invece, insufficiente la mera ammissione a un piano rateale di pagamento o il parziale pagamento effettuato a tale ultimo titolo (cfr, Cassazione, sentenze 1364/2015, 32598/2014, 6635/2014, 5681/2014, 24185/2013 e 33587/2012).

 

A conclusione diversa non può giungersi, peraltro, per effetto delle modifiche in punto di confisca per equivalente, ove ritenute suscettibili di applicazione anche ai sequestri già in essere, a seguito della recente introduzione del Dlgs 158/2015. I giudici di legittimità hanno statuito che l’ammissione al piano rateale è rilevante solo ai fini civilistici e tributari, ma “non può certo comportare che le omissioni obiettivamente poste in essere dall’imputato vengano ad essere private di rilevanza penale, non potendo l’elemento oggettivo del reato, irreversibilmente perfezionatosi alle scadenze originariamente previste e non rispettate, venire meno per effetto di un provvedimento che, pur avendo effetto novativo sul piano civilistico, non può certo vanificare ex tunc il disvalore penale del fatto e, conseguentemente, la sanzione, nella specie rappresentata dalla confisca per equivalente”.

 

Del resto, l’articolo 12-bis del Dlgs 74/2000 prevede che “La confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’Erario anche in presenza di sequestro” statuendo, subito dopo, che “nel caso di mancato versamento la confisca è sempre disposta”. Scartata un’accezione atecnica dell’impegno, che avrebbe per effetto l’inefficacia di tutto l’impianto a garanzia dell’obbligazione tributaria, per la Suprema corte il contribuente deve senz’altro formalizzare l’accordo con l’Amministrazione finanziaria per il rientro del debito e la rateizzazione è sicuramente una forma tipica. Tuttavia, anche in questo scenario, che a tenore della nuova norma non fa più operare la confisca, resta pienamente efficace il sequestro sui beni del contribuente; la confisca non sarà più efficace per la parte coperta, cioè già corrisposta dal debitore, salvo per essere disposta se l’impegno non viene portato a termine. La funzione del sequestro è dunque quella di mantenere una garanzia fino all’assolvimento integrale dell’obbligazione.

 

Di qui, dunque, da un lato, la legittimità dell’ordinanza impugnata, che ha correttamente applicato i principi appena ricordati, e, dall’altro, l’infondatezza degli assunti difensivi volti, nella sostanza, a rimettere in discussione questi stessi principi sulla base di tesi inconferenti rispetto alla ratio, che ha condotto, già in numerose occasioni (Cassazione, sentenze 1364/2015, 32598/2014, 6635/2014, 5681/2014, 24185/2013 e 33587/2012), la Corte a una siffatta elaborazione; dunque, in definitiva, anche in presenza di piano rateale di versamento, la confisca continua a essere consentita per gli importi che non siano stati ancora corrisposti, così seguitando a essere ammesso anche il sequestro a detta confisca finalizzato. In applicazione dei richiamati principi, la Corte di cassazione ha rigettato il ricorso della parte contribuente, condannandola altresì alla rifusione delle spese processuali.

Fonte: Fisco Oggi, Rivista Telematica dell'Agenzia delle Entrate - articolo di Andrea Santoro
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