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Sequestro di beni e carcere: in quali casi l’uno non esclude l’altro?

lentepubblica.it • 13 Luglio 2018

sequestro-di-beni-carcereIl presunto evasore fiscale resta in carcere nonostante gli siano già stati sequestrati gli immobili e i siti internet. La misura reale non è incompatibile con quella personale, a maggior ragione quando l’imprenditore mostra una grande facilità nell’intrecciare rapporti per frodare il fisco.


È quanto affermato dalla suprema Corte di Cassazione con la sentenza 28515 del 20 giugno 2018.

 

La vicenda processuale

 

All’indagata del reato di associazione per delinquere, aggravata dalla transnazionalità, finalizzata alla commissione di più reati, allo scopo, in particolare, di sottrarre fraudolentemente cespiti al pagamento delle imposte, viene applicata la misura cautelare della custodia carceraria.

 

Il tribunale, in sede di riesame, rigetta l’istanza dell’imputata volta a ottenere la revoca o, in subordine, la sostituzione della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari. In particolare, il tribunale conferma l’impianto cautelare disposto dal Gip, riconoscendo la sussistenza di un’organizzazione criminale dedita alla realizzazione di un sistema finalizzato a ostacolare illegittimamente l’attività di riscossione di Equitalia spa, con conseguente danno erariale.

 

Avverso tale decisione l’indagata ricorre in Cassazione, lamentando, tra i motivi di doglianza, la violazione dell’articolo 274, lettera c), cpp, ovvero, nella specie, l’insussistenza della concretezza e attualità del pericolo di reiterazione criminosa (quale presupposto legittimante la custodia carceraria), atteso, altresì, il sopraggiungere, nelle more, di altrettante misure cautelari reali che avrebbero interrotto il concreto collegamento dei sodali, attraverso il sequestro di immobili, società, siti internet e trust costituiti.

 

Secondo l’indagata, in aggiunta, i giudici del riesame avrebbero del tutto ignorato il tema del rapporto tra l’attualità delle esigenze cautelari ed il tempus commissi delicti, ossia la valutazione del tempo trascorso dalla commissione del fatto, in quanto a una maggiore distanza temporale dai fatti corrisponde un affievolimento delle esigenze cautelari, in quanto il periculum deve attualizzarsi in proporzione diretta con tale tempus.

 

La pronuncia della Cassazione

 

La suprema Corte rigetta il ricorso, ritenendo, per quanto di rilevanza, sussistente nella specie l’esigenza cautelare di cui all’articolo 274, lettera c), cpp, ovvero il pericolo di reiterazione criminosa e affermando la compatibilità della custodia cautelare in carcere con il sequestro dei beni.

 

Osservazioni

 

L’attualità e concretezza del periculum attinente alla reiterazione del comportamento illecito, alla cui esclusione è posta la misura in atto applicata della custodia cautelare in carcere, invero, non verrebbe meno, dal sopraggiungere nelle more di altrettante misure cautelari reali, incidenti solo sull’aspetto patrimoniale. La diversità ontologica tra le misure personali e reali, la diversa finalità e il differente bene giuridico su cui le predette misure incidono ne rendono possibile la coesistenza.

 

In tema di condizioni generali di applicabilità, secondo il consolidato orientamento di legittimità, le misure cautelari personali vanno distinte da quelle reali, in quanto l’inviolabilità della libertà personale e la libera disponibilità dei beni sono valori di diversa essenza, sì che la legge ben può assicurarne una tutela differenziata in funzione degli interessi che vengono coinvolti.

 

Più nel dettaglio, nella misura cautelare reale è il tasso di pericolosità della cosa in sé che giustifica l’imposizione della misura stessa, pertanto, la misura de qua, pur raccordandosi, nel suo presupposto giustificativo, a un fatto criminoso, può prescindere totalmente da qualsiasi profilo di colpevolezza, essendo ontologicamente legata non necessariamente all’autore del reato, bensì alla cosa, che viene riguardata dall’ordinamento come strumento, la cui libera disponibilità può rappresentare una situazione di pericolo.

 

Ne consegue che la verifica della legittimità del provvedimento applicativo di una misura cautelare reale non dovrà mai sconfinare nel sindacato della concreta fondatezza dell’accusa, ma dovrà limitarsi all’astratta possibilità di sussumere il fatto attribuito a un soggetto in una determinata ipotesi di reato.

 

Diversamente, nel valutare la legittimità di un provvedimento applicativo incidente sulla libertà personale e, per quanto qui di interesse, la sua legittimità rispetto a una delle specifiche esigenze cautelari rappresentate (nella specie, il pericolo di recidiva), dovrà farsi riferimento al disposto dell’articolo 274, cpp, lettera c).

 

Nel caso all’attenzione della suprema Corte, i giudici della cautela, non solo non si sono limitari a desumere situazioni di concreto e attuale pericolo dalla gravità dei titoli di reato per cui si procede, ma hanno altresì indicato quegli elementi che, in base al giudizio prognostico imposto dalla norma processuale, potenzialmente rendono evidente il pericolo di reiterazione.

 

In particolare, nel caso concreto, è proprio la rete di contatti a livello nazionale e internazionale e la capacità di ideare e sperimentare “nuovi orizzonti” di attività illecita, che ha indotto il tribunale del riesame a ritenere sussistente la predetta esigenza in termini di concretezza e attualità a carico dell’indagata, la quale non avrebbe nemmeno manifestato in sede di interrogatorio di garanzia alcun sintomo di resipiscenza, continuando a sostenere il fine lecito e meritorio della propria attività di ausilio a imprenditori.

 

Con riferimento al tema del rapporto tra l’attualità delle esigenze cautelati e il tempus commissi delicti, viene confermato l’orientamento di legittimità secondo cui il pericolo di reiterazione è “attuale” ogni volta in cui sussista un pericolo di recidiva prossimo all’epoca in cui viene applicata la misura, seppur non imminente, essendosi infatti precisato che la sussistenza di un pericolo “attuale” di reiterazione del reato va esclusa solo qualora la condotta criminosa posta in essere si riveli del tutto sporadica e occasionale. Circostanza, invero, da escludersi nel caso di specie, attesa la protrazione nel tempo della condotta illecita dell’indagata, peraltro attraverso un modus operandi ben collaudato.

Fonte: Fisco Oggi, Rivista Telematica dell'Agenzia delle Entrate - articolo di Dora De Marco
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