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Agenda digitale in Germania: lo spread si allarga

lentepubblica.it • 3 Febbraio 2014

Mentre qui in Italia l’Agenda Digitale per la politica è sinonimo di riforma della Pubblica Amministrazione, la questione in Germania è una partita principalmente economica e sociale. E, come tale, è stata al centro del programma di accordo della nuova Grosse Koalition fra Cristiano Democratici e Socialdemocratici, alla base del Governo Merkel 3. Vediamone i dettagli

In questi ultimi tre anni si è fatto un gran parlare di spread e del divario tra il nostro paese e la Germania, locomotiva d’Europa. E quasi tutti gli sforzi della politica e del paese si sono concentrati per ridurre questo divario.

Finalmente, proprio in questi giorni, lo spread finanziario dei nostri titoli di stato con quelli tedeschi sta finalmente raggiungendo livelli meno pericolosi.

Ma, purtroppo, lo spread non è solo finanziario. Quello finanziario è solo la punta dell’iceberg di uno spread che è civile, culturale, ma anche – molto – digitale. E di questi spread si parla troppo poco e si agisce ancora meno.

Una ricerca della società di consulenza Accenture di fine 2012 dava a 4525 punti lo spread Italia – Germania sull’Agenda Digitale, e purtroppo su questo fronte non si registrano miglioramenti, né del resto si sono attuate significative politiche che potessero determinare un cambio di rotta.

dati europei più recenti, infatti, confermano lo studio fatto nel 2012. La percentuale delle famiglie tedesche con accesso internet da casa è dell’85,5%, mentre è solo del 63% in Italia e gli italiani che non hanno mai usato internet sono uno sconfortante 37.2% contro il 14,7% dei tedeschiCirca il 40% della connettività in Germania ha una banda superiore ai 10 Mbps, mentre in Italia le connessioni in banda ultralarga sono solo il 14% .

Se si guarda poi ai dati più legati al contesto economico e al tessuto produttivo, ci si accorge che se in Italia le imprese che vendono online sono solo il 4.4%, in Germania sono il 21.7% e che e che l’export di beni e servizi ICT tedesco è il doppio di quello italiano.

D’altra parte, mentre qui in Italia l’Agenda Digitale per la politica è sinonimo – nella migliore delle ipotesi – di riforma della Pubblica Amministrazione,  la questione “Digitale” in Germania è una partita principalmente economica e sociale. E, come tale, è stata al centro del programma di accordo della nuova Grosse Koalition fra Cristiano Democratici e Socialdemocratici, alla base del Governo Merkel 3.

Nell’accordo di coalizione ci sono, infatti, espliciti e significativi riferimenti all’Agenda Digitale nell’ambito delle politiche economiche e fare della Germania “il primo paese Europeo per l’ITC” è una missione condivisa da tutti i partiti della coalizione.

L’accordo di governo promette agli operatori delle telecomunicazioni incentivi e prestiti pubblici per la realizzazione della banda larghissima nelle aree rurali e per il wi-fi nelle aree urbane e riconosce l’economia digitale come un settore-chiave di sviluppo industriale, che opportunamente valorizzato può sostenere e aggiungere valore trasversalmente alle industrie tedesche tipicamente più forti, come la manifattura e l’automobilistica.

L’accordo fissa come obiettivi “More IT know-how, more IT start-ups, more IT innovation” e promette il dispiegamento d’iniziative di formazione specifiche per sostenere le politiche d’innovazione e ricerca.

Un altro punto dell’accordo riguarda la creazione di un Internet Institute pubblico e federale, che sostenga il nuovo governo nella definizione di policy da adottare in termini di politiche della rete e “digital society”, anche con riferimento al contesto internazionale.

Nonostante queste premesse, sul nuovo governo Merkel è lecito, però, nutrire anche qualche dubbio. Nonostante l’enfasi sul digitale del testo della documentazione a corredo dell’accordo di governo, per la prima volta dal 1998 (a parte una breve parentesi nel 2002) il Ministero dell’Economia non si chiamerà più Bundesminister für Wirtschaft und Technologie, Ministero dell’Economia e della Tecnologia, ma viene rinominato in Economia e Energia, pur mantenendo le competenze sulle “politiche di promozione delle nuove tecnologie e dell’innovazione per la competitività dell’economia”.

Viene però assegnata a un nuovo ministero, Trasporti e Infrastruttura Digitale, la competenza sulle reti e le telecomunicazioni, dove il nuovo Ministro, un conservatore bavarese, Alexander Dobrindt, ha annunciato che vede nell’infrastruttura la colonna dorsale dell’economia tedesca e che il suo impegno è quello di “continuare a modernizzare la Germania”.

Rimane, tuttavia, indiscutibile, la capacità della Germania di rimanere al passo con l’innovazione. Merito forse, a prescindere dalle nuove deleghe ministeriali,  della meticolosa pianificazione teutonica. E’ del novembre 2010, l’ultimo piano strategico tedesco sullo sviluppo dell’Agenda Digitale, Digital Germany 2015.

Il piano contempla sei linee strategiche (nuova occupazione digitale, infrastrutture, sicurezza, ricerca e sviluppo, integrazione, formazione e alfabetizzazione e società digitale) con molteplici obiettivi e precise misure, fra cui: 300 mila nuovi posti di lavoro nell’ICT da creare entro il 2015; aumento significativo del numero delle start-up innovative, copertura in banda ultralarga di tutta la popolazione entro il 2015; programmi di alfabetizzazione digitale per accrescere le competenze dell’intera popolazione; riduzione del 40% dei costi di consumo energetico per il funzionamento del sistema IT pubblico e incentivi per la riduzione di questi costi da parte del settore privato.

La cosa curiosa, a vederla dalla nostra penisola, è che il piano non è rimasto una carta nei cassetti di un funzionario, ma che – dalla sua pubblicazione nel 2010 – è costantemente  implementato e monitorato.

Pensate solo a come in pochi anni Berlino sia diventata un centro internazionale di attrazione per le start-up: 5800 società nel settore digitale per 62 mila occupati, 128 startup ogni 10mila abitanti, oltre 9 miliardi fatturato in “digital economy” (dati della Fondazione per la Tecnologia di Berlino). Per quali ragioni? Investimenti in formazione (1,5 miliardi di euro solo nel 2011), co-investimento tra capitali pubblici e privati per il venture capital, semplificazione massima nelle pratiche di costituzione di nuove imprese, costi bassi degli immobili.

I governo cambiano ma la buona amministrazione rimane, va avanti e fa il suo lavoro.  Come dice Tommaso Lana, cervello in fuga in Germania da quasi 10 anni, “Se i tedeschi fanno un piano, difficile che tornino indietro. Son fatti così”.

Sarà per questo che sono la locomotiva d’Europa? E noi, che aspettiamo a rimboccarci le maniche e colmare questo di spread?

FONTE: Agenda Digitale (www.agendadigitale.eu)

AUTORE: Alessandra Poggiani, università La Sapienza di Roma, Imperial College London

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