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“Copia privata”, legge da rifare

lentepubblica.it • 13 Febbraio 2014

Per Aires, Ancra e Andec non si possano scaricare sul mercato dell’elettronica di consumo e dell’Information&Communication Technology gli oneri destinati a finanziare la Siae e i produttori dei contenuti.

Non ha senso colpire lo sviluppo tecnologico. Questa la posizione delle realtà imprenditoriali aderenti al Sistema Confcommercio che hanno partecipato lo scorso 11 febbraio a Milano ad una tavola rotonda sul tema “Compensi per Copia privata: uno strumento ancora adeguato? Contributi alla riflessione sul controverso compenso applicato su apparecchi e memorie digitali” organizzata da AIRES, ANCRA ed ANDEC (le Associazioni che rappresentano distribuzione, importazione e produzione di elettronica di consumo). L’incontro ha visto la partecipazione di cinque Associazioni di Confcommercio (oltre alle tre organizzatrici, anche ASSOPROVIDER e COMUFFICIO) nonché dei consumatori rappresentati da Altroconsumo e dei produttori di contenuti rappresentati da Fimi. La discussione, finalizzata ad uno scambio di idee in attesa che il ministro Bray sciolga le riserve in merito al nuovo Decreto destinato a riordinare la complessa materia dei compensi per la copia privata, ha fatto emergere alcune considerazioni di fondo. La prima è che la recente evoluzione tecnologica ha ridotto in misura drastica la pratica della “copia privata”, assai più comune all’epoca della tecnologia analogica: oggi la copia può essere legale (attraverso i siti ed i sistemi di streaming titolati a farlo dietro regolare corresponsione del diritto d’autore) oppure illegale (e quindi sanzionata dalla legge e non compensabile dai legittimi utilizzatori di tecnologia).

Non è più accettabile, poi, un sistema di “compensi” basato sulla presunzione di utilizzo delle tecnologie per realizzare copie di opere protette dal diritto d’autore e non sull’effettivo utilizzo a questo scopo. Colpire indiscriminatamente uno dei tanti potenziali usi degli apparecchi e delle schede di memoria è ingiusto e discriminatorio, così come è ingiusto elaborare la misura dei compensi non sulla media europea effettiva (cioè tenendo conto di cosa accade in tutti Paesi europei, compresi i molti in cui la copia privata non è tassata o lo è in misura inferire), ma su una “media” fantasiosamente costruita solo sui due Paesi con compensi maggiori.

Inoltre, l’inasprimento continuo del compenso determina un aumento del divario tra costo industriale dei prodotti e livello dei compensi stessi, divario che favorisce l’abusivismo ed il contrabbando, nonché la proliferazione di vendite on line dall’estero da parte di soggetti che non corrispondono alcun compenso e lucrano sensibili ed ingiusti vantaggi competitivi.

La remunerazione del diritto d’autore, infine, deve basarsi su modalità eque e sostenibili non deve assolutamente essere vista come sorta di compensazione del danno connesso all’utilizzo illegittimo delle opere protette (pirateria). In sostanza, ci troviamo di fronte ad una normativa vecchia, completamente superata dall’evoluzione tecnologica dell’ultimo decennio e del tutto inadeguata rispetto alla nuova realtà di fatto: sarebbe ora di prendere atto di queste evidenze e non insistere con decreti ministeriali fuori tempo e fuori logica.

AIRES, ANCRA ed ANDEC ribadiscono dunque che il mercato non è in grado di assorbire ulteriori costi che dovrebbero necessariamente essere trasferiti nei prezzi di vendita. Insomma, non si possano scaricare sul mercato dell’elettronica di consumo e dell’Information & Communication Technology gli oneri destinati a finanziare la Siae e (parzialmente) i produttori dei contenuti: questo non è giusto, poiché penalizza in misura sproporzionata un mercato per compensarne un altro, e non è sostenibile in uno scenario recessivo così profondo.

FONTE: Confcommercio

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