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Scatta l’obbligo della dichiarazione nutrizionale sull’etichetta degli alimenti

lentepubblica.it • 13 Dicembre 2016

coldiretti allarme alimentiL’obbligo della dichiarazione nutrizionale come prevede l’art. 53 del Reg. UE 1169/2011  decorrerà a partire dal prossimo 13 Dicembre e riguarderà esclusivamente i prodotti preimballati, con esclusione di quelli elencati nell’allegato V del Reg. UE 1169/2011.

 

 

Per i prodotti non preimballati, ovvero secondo l’art. 2 del reg 1169/2011 quelli  venduti senza un preimballaggio ( c.d. sfusi)  o  imballati dietro richiesta del consumatore nel luogo di vendita ( c.d. preincartati)  o preimballati sul luogo di vendita per la vendita diretta , infatti, sia in base al  reg. 1169/2011 che allo schema di decreto legislativo per l’adeguamento del D. Lgs. 109/92 al reg.  1169/2011, in via di approvazione, non vi sarà  l’obbligo di riportare tale dichiarazione.

 

 

Il reg. 1169/2011 al punto 19 dell’all. V cita che l’esclusione è riservata agli  “alimenti, anche confezionati in maniera artigianale, forniti direttamente dal fabbricante di piccole quantità di prodotti al consumatore finale o a strutture locali di vendita al dettaglio che forniscono direttamente al consumatore finale.”

 

La deroga pertanto è riservata a tutti gli alimenti preimballati, compresi quelli prodotti artigianalmente, piuttosto che “ confezionati” come recita la traduzione in italiano, dato che il termine inglese è handcrafted food che abbiano contemporaneamente tre specifici requisiti, ovvero:

  • Realizzati in piccole quantità
  • Forniti  direttamente  al consumatore o per il tramite di strutture di vendita o somministrazione.
  • Ceduti al consumatore presso strutture ubicate a livello locale

 

Questi requisiti sono desunti in via analogica dai Regg. UE 852/2004 e 853/2004 relativi rispettivamente all’igiene dei prodotti alimentari ed all’igiene dei prodotti di origine animale laddove viene prevista   l’esclusione dall’applicazione delle norme suddette per una tipologia di prodotti dalle caratteristiche simili a quelle sopra descritte.

 

Nell’interpretazione di tali caratteristiche, contenuta nelle Linee guida di entrambi i regolamenti citati, il requisito di “ piccole quantità” viene però definito o in valore assoluto o in corrispondenza alla cessione occasionale dietro richiesta del consumatore finale o della struttura di vendita al dettaglio  a condizione  che tale attività sia marginale rispetto a quella principale. Nel caso in questione invece viene effettuata una parificazione tra piccola quantità e quella che proviene dall’attività di una impresa classificata come micro impresa secondo la definizione data all’art. 2 della raccomandazione 2003/361  CE della Commissione.

 

Secondo questo provvedimento comunitario la micro impresa è quella che occupa meno di 10 persone con un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiore a 2 milioni di euro; per rientrare in tale definizione entrambi i requisiti vanno posseduti.

 

Per il calcolo degli occupati  e degli importi finanziari i dati   fanno  riferimento all’ultimo esercizio contabile chiuso e sono calcolati su base annua; il superamento su base annua di uno dei due requisiti  alla data di chiusura dei conti fa perdere la qualifica di micro impresa solo se tale superamento avviene per due esercizi successivi.

 

Nel calcolo delle persone occupate bisogna tener conto delle unità di lavoro-anno ( ULA ) che hanno lavorato nell’anno in questione  nell’impresa o per conto dell’impresa a tempo pieno; coloro che non hanno lavorato tutto l’anno o impiegati part time o come lavoratori stagionali vanno contabilizzati in frazioni di ULA.

 

Rientrano nella definizione di occupati i proprietari gestori, i soci che svolgono attività nell’impresa, i collaboratori familiari, i dipendenti e le altre figure che per la legislazione sono considerati altri dipendenti dell’impresa con l’eccezione degli apprendisti con regolare contratto di apprendistato e gli studenti con contratto di formazione lavoro.

 

Per quanto riguarda il requisito della “fornitura diretta “ si intende la cessione dei prodotto al consumatore finale o direttamente nei locali dell’impresa o attraverso le strutture di vendita al dettaglio, e quindi negozi, supermercati, chioschi di vendita su aree attrezzate pubbliche, mezzi di trasporto attrezzati per vendita ambulante, etc.  In analogia sempre con le linee guida ai Regg sull’igiene citati sono parificate alle strutture di vendita al dettaglio quelle che vengono definite come collettività dal Reg. 1169/2011 all’art. 2 par. 2 lett. d) ovvero ristoranti, mense, scuole, ospedali e imprese di ristorazione in cui, nel quadro di un’attività imprenditoriale, gli alimenti vengono somministrati al consumatore finale. Sono da escludere dalla deroga invece i prodotti che sono ceduti a strutture di vendita all’ingrosso o che svolgono attività da intermediari nella commercializzazione quali ad esempio le centrali di acquisto della GDO.

 

In fine relativamente alla definizione del livello locale delle strutture di vendita al dettaglio o di somministrazione soccorre l’interpretazione data nel Reg. 853/2004 laddove lo stesso  viene identificato quale ambito che consente un rapporto diretto tra produttore e consumatore, tale da escludere  pertanto, date le lunghe distanze esistenti tra gli stessi, l’ambito nazionale che in precedenza invece identificava il livello locale in quanto era rapportato all’intero territorio della Unione europea.

 

Per cui il livello locale sarà rappresentato dal territorio della provincia in cui opera l’azienda produttrice e da quello delle provincie confinanti proprio per non consentire penalizzazioni alle aziende ubicate in prossimità del confine provinciale che magari commercializzano i propri prodotti nel territorio amministrativo oltre confine, anche se appartenente ad altra Regione.

Fonte: CGIA Mestre
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