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La delocalizzazione contro il dissesto idrogeologico

lentepubblica.it • 11 Dicembre 2014

I dati riportati nel dossier Ecosistema rischio 2013, l’indagine di Legambiente e Protezione Civile rivolta ai comuni classificati ad elevato rischio idrogeologico, sono inequivocabili. Oggi nel nostro Paese oltre 6 milioni di cittadini si trovano ogni giorno in zone esposte al pericolo di frane o alluvioni, risultato della forte urbanizzazione che ha interessato anche delle aree a maggior rischio. Ma un dato ancor di più deve far riflettere. Nell’82% dei comuni intervistati sono presenti abitazioni in aree golenali, in prossimità degli alvei e in aree a rischio frana. Inoltre nell’11% dei comuni intervistati sono stati tombinati o coperti alvei dei corsi d’acqua e sono state urbanizzate le aree sovrastanti.

Gli effetti che questo tipo di interventi ha prodotto in molti centri della Penisola, a partire da Genova, tanto più in occasione di eventi atmosferici di rilevante entità sempre più frequenti in questi ultimi anni, sono testimonianza di quanto l’alterazione delle dinamiche naturali di fiumi, fiumare e torrenti contribuisca ad amplificare il rischio. Rispetto alla strategia del “difendere a tutti costi”, che comporta importanti impatti ambientali ed esternalità e che, in ogni caso, non permette di eliminare completamente il rischio, la delocalizzazione consente di annullare il rischio, consente il recupero naturalistico, o la riqualificazione urbana di aree a rischio, e riduce i costi a lungo termine, non dimenticando le ricadute positive in termini occupazionali.

Delocalizzare un’industria o un edificio posti in un’area a rischio di esondazione invece che costruire ulteriori barriere per la messa in sicurezza, modificare un tracciato stradale invece che rinforzare le palizzate e le scogliere, destinate comunque ad essere rovinate e rimosse dalla forza dell’acqua, sono scelte coraggiose che è necessario mettere in pratica lungo fiumi, torrenti e rii italiani. Per questo oggi a Genova Legambiente ha deciso di mettere insieme tutti gli attori del territorio, da chi lo abita a chi lo amministra, per valutare quali soluzioni mettere in campo, consapevoli che bisogna andare oltre l’ingegneria idraulica ma ragionare su un diverso modo di riqualificare la città, per ridurre il rischio in maniera efficace e concreta.

 

 

FONTE: Legambiente

AUTORE: Giorgio Zampetti

 

 

 

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