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Protocollo di Kyoto: dossier sui consumi energetici e gli sprechi nelle case

lentepubblica.it • 15 Febbraio 2016

protocollo-di-KyotoIn occasione dell’undicesimo anniversario dell’entrata in vigore dell’accordo Legambiente presenta “Basta case colabrodo”, Dossier sui consumi energetici e gli sprechi nelle case in cui viviamo‎ .”In nove regioni nessun controllo sulle certificazioni energetiche né sanzioni”.

 

Si celebra l’undicesimo anniversario dell’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto e per l’occasione Legambiente fa il punto sull’efficienza energetica degli edifici in Italia e le norme che regolano il diritto dei cittadini di conoscere l’entità degli sprechi e le modalità per risparmiare in bolletta aumentando il comfort delle proprie abitazioni.

 

Il consumo di fonti fossili per il riscaldamento degli edifici è infatti responsabile di una quota rilevantissima dell’inquinamento delle città italiane e della produzione di gas serra, ed è quindi un settore chiave sul quale intervenire per diminuire le concentrazioni di smog nell’aria, come più volte segnalato e richiesto anche dall’Unione Europea, incidendo positivamente sulle tasche e sulla qualità della vita dei cittadini.

 

La spesa energetica è una voce rilevante del bilancio delle famiglie, che per il riscaldamento e il raffrescamento delle abitazioni può variare tra i 1500 e i 2000 euro all’anno. Eppure, questa spesa può essere ridotta fino al 50% con interventi di efficienza energetica negli edifici e con impianti che possono rendere più confortevoli sia d’inverno che d’estate le case in cui viviamo.

 

“Nell’anniversario dell’entrata in vigore del protocollo di Kyoto‎ – ha dichiarato il vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini – abbiamo voluto sollecitare l’attenzione sul tema dell’efficienza energetica in edilizia, con l’obiettivo di sensibilizzare e rendere consapevoli i cittadini dei loro diritti. Perché nonostante le norme in vigore obblighino a rendere trasparenti le informazioni sui consumi per il riscaldamento e raffrescamento delle abitazioni, in gran parte del Paese queste informazioni sono negate o addirittura false, per cui continuiamo a vivere in case colabrodo, e senza poter sperare in alcuna opera di riqualificazione in tempi brevi visti i ritardi dei programmi di incentivo”.

 

Sia il Governo che le Regioni (la maggior parte almeno) sono responsabili di questa situazione. L’Italia ha accumulato enormi ritardi nel recepire le Direttive europee che obbligavano a scegliere questa prospettiva di cambiamento e ancora oggi diversi obblighi non sono stati attuati, mentre altri strumenti che dovevano spingere la riqualificazione sono fermi: il DL sull’efficienza energetica che prevedeva l’istituzione del Fondo per l’Efficienza Energetica è stato approvato da 592 giorni ma il fondo non è ancora accessibile e le risorse stanziate per il 2014 e il 2015 sono andate sprecate. Stessa sorte per il programma di miglioramento delle prestazioni degli edifici pubblici e privati e per il piano di informazione e formazione sull’efficienza energetica, la cui predisposizione è stata assegnata all’Enea. Mentre, solo in questi giorni si è finalmente sbloccata la situazione del Conto Termico, ossia gli incentivi per gli interventi di efficienza energetica che riguardano anche il patrimonio edilizio.

 

L’Italia ha recepito sempre con estremo ritardo le Direttive Europee sull’efficienza energetica in edilizia. Sono stati infatti numerosi i richiami dell’Unione Europea sul recepimento della Direttiva 2002/91, fino ad arrivare all’apertura di una procedura di infrazione ed al deferimento alla Corte di Giustizia Europea nel 2012. Questo anche perché di efficienza energetica in Italia si ‘occupano’ il Ministero delle Infrastrutture, quello dello Sviluppo economico, quello dell’Ambiente, oltre all’Enea a cui sono stati affidati sempre più importanti compiti. Nella realtà, però, non c’è alcuna regia che permetta di comprendere come il nostro Paese si muoverà nei prossimi anni per affrontare le barriere burocratiche e normative, le incertezze e la possibilità di accedere alle risorse, per risolvere i problemi che oggi si trovano ad affrontare cittadini e sindaci intenzionati a muoversi in questa direzione di cambiamento.

 

Alle Regioni sono affidati compiti fondamentali dalle Direttive europee in materia di efficienza energetica: devono garantire controlli indipendenti e sanzioni sulle certificazioni energetiche degli edifici (Legge 90/2013, che ha recepito la Direttiva 31/2010), individuando organismi e soggetti a cui affidare i controlli, intervenendo con verifiche periodiche sulla conformità dei rapporti di ispezione e degli attestati di certificazione emessi. Eppure, nel 2016 ancora in molte Regioni non esistono né controlli né sanzioni sulle certificazioni energetiche. In Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Marche, Molise, Sardegna e Umbria, non è stato stabilito chi deve controllare quel 2% minimo di certificazioni previsto dalla legge nazionale e, non essendo chiaro chi deve controllare, anche le sanzioni previste nei confronti di progettisti, direttori dei lavori e certificatori non sono applicate. La Legge prevede, inoltre, che le Regioni possano emanare leggi più restrittive rispetto al numero dei controlli e all’entità delle sanzioni, ma fino ad oggi sono poche quelle che hanno approvato norme tali da garantire realmente i cittadini. Da citare in positivo la Provincia di Bolzano, che prevede controlli su tutti gli attestati di prestazione energetica, con verifiche sul progetto e in cantiere.

 

Sono oltre 500 le termografie (foto a infrarossi) scattate da Legambiente in questi ultimi anni in 45 città italiane, relative a edifici pubblici e edifici residenziali privati. Le immagini raccolte nel dossier presentato oggi (http://www.legambiente.it/contenuti/dossier/basta-case-colabrodo), mostrano i problemi di isolamento termico nelle sedi dei Ministeri che dovrebbero spingere le politiche di efficienza, con evidenti dispersioni termiche da solai interpiano e pilastri; le stesse criticità si riscontrano nelle sedi della Regione Emilia Romagna e in quella del Molise. Idem per l’edificio sede dell’Enea. Numerose criticità rilevate anche in strutture di edilizia residenziale costruite recentemente, pubbliche o private, di Roma, Firenze, Bologna e Milano, ma anche di Foligno, Pesaro, Pescara, Pisa.

 

Per cambiare questa situazione servono controlli indipendenti sulle certificazioni energetiche e sanzioni. Le Regioni devono approvare leggi che fissino regole serie per i controlli e giuste sanzioni. Il Governo deve intervenire per sollecitare le Regioni inadempienti e per legare gli interventi energetici con quelli di sicurezza antisismica. Prestazioni energetiche e di sicurezza devono viaggiare assieme, stabilendo l’obbligo del libretto energetico e antisismico per tutti gli edifici esistenti.

 

Occorre spingere la riqualificazione del patrimonio edilizio dando certezze agli Ecobonus per gli interventi di riqualificazione che scadono a Dicembre 2016, premiando, nelle ristrutturazioni, il miglioramento della classe energetica di appartenenza. Con una ampia riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente sarà possibile ridurre in maniera sostanziale i consumi energetici civili.

 

Servono poi nuovi strumenti per rilanciare gli interventi di riqualificazione energetici perché troppi interventi su edifici pubblici e privati sono fermi per colpa dei ritardi del Governo. Si deve rendere subito operativo il fondo per l’efficienza energetica introdotto con il Decreto Legislativo 102/2014 e stabilire i criteri per l’accesso da parte di privati e enti pubblici. Occorre poi escludere dal patto di stabilità gli interventi sul patrimonio pubblico che permettono di realizzare interventi certificati e verificati di riduzione dei consumi energetici degli edifici. In ultimo, è necessario intervenire per la semplificazione degli interventi di efficienza energetica, in particolare nei condomini e per gli interventi di retrofit di interi edifici, per permettere alle famiglie di dimezzare i consumi energetici.

 

Dossier completo: http://www.legambiente.it/contenuti/dossier/basta-case-colabrodo

Fonte: Legambiente
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