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DL 77/2021: il commento all’attestazione silenzio-assenso

lentepubblica.it • 7 Giugno 2021

dl-77-2021-attestazione-silenzio-assensoDisponibile un commento al comma 2-bis dell’articolo 20 della legge 241/90 in merito all’attestazione del silenzio-assenso e le modifiche introdotte dal DL 77/2021.


Leggendo il nuovo comma 2‐bis dell’art. 20 della legge n. 241/90 (come introdotto dal DL n. 77/2021) più che le possibili ragioni giuridiche che hanno mosso il legislatore, mi è venuta in mente l’umana insicurezza e il bisogno di continue conferme che, talvolta, per quanto apprezzabili, possono essere superflue. Forse l’ho buttata giù in modo troppo provocatorio ma l’accostamento all’insicurezza emotiva non è sicuramente bizzarro.

La legge n. 241/90

Veniamo all’art. 20 della legge n. 241/90. L’articolo è rubricato “silenzio assenso”.

Senza riportarne le disposizioni in modo testuale, si può riassumere il silenzio‐assenso come quell’istituto giuridico, applicabile ai procedimenti ad istanza di parte, che attribuisce valore provvedimentale al silenzio‐ inadempimento della PA che è chiamata ad esprimersi entro un dato termine. Al fine della costituzione del silenzio‐assenso non sono necessarie ulteriori istanze o diffide da parte del privato. L’inerzia della PA, la decorrenza del termine procedimentale e la completezza della domanda ai sensi di legge sono condizioni necessarie e sufficienti alla costituzione del provvedimento tacito di accoglimento dell’istanza (rimando alla lettura completa dell’art. 20 anche ai fini di verificare i casi dell’esclusione applicativa).

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, n. 521/2015

Ai fini di delineare i caratteri diretti e indiretti dell’istituto, copio e incollo parte della sentenza del TAR Lombardia, Milano, n. 521/2015.

Il dispositivo tecnico denominato “silenzio‐assenso” risponde ad una valutazione legale tipica in forza della quale l’inerzia “equivale” a provvedimento di accoglimento. Tale equivalenza non significa altro che gli effetti promananti dalla fattispecie sono sottoposti al medesimo regime dell’atto amministrativo, con il corollario che, ove sussistono i requisiti di formazione del silenzio‐assenso, il titolo abilitativo può perfezionarsi anche con riguardo ad una domanda non conforme a legge.

Reputare, invece, che la fattispecie sia produttiva di effetti soltanto ove corrispondente alla disciplina sostanziale, significherebbe sottrarre i titoli così formatisi alla disciplina della annullabilità: tale trattamento differenziato, per l’altro, neppure discenderebbe da una scelta legislativa oggettiva, aprioristicamente legata al tipo di materia o di procedimento, bensì opererebbe (in modo del tutto eventuale) in dipendenza del comportamento attivo o inerte della p.a. Inoltre, l’impostazione di “convertire” i requisiti di validità della fattispecie “silenziosa” in altrettanti elementi costitutivi necessari al suo perfezionamento, vanificherebbe in radice le finalità di semplificazione dell’istituto: nessun vantaggio, infatti, avrebbe l’operatore se l’amministrazione potesse, senza oneri e vincoli procedimentali, in qualunque tempo disconoscere gli effetti della domanda.

In forza di quanto appena teorizzato, si può distinguere tra elementi essenziali (NDR completezza della domanda come previsto dalle disposizioni normative afferenti a quel procedimento) e requisiti di validità (NDR conformità sostanziale dell’istanza alla normativa – nell’esempio della sentenza, si tratta della sottesa conformità urbanistica delle opere oggetto di istanza).

Il conseguimento di un provvedimento amministrativo favorevole da parte del privato, formatosi a seguito del silenzio assenso, non esclude che l’amministrazione possa disporre, in via di autotutela e in presenza dei necessari presupposti, anche l’annullamento postumo dell’autorizzazione tacitamente assentita. Il diniego esplicito, sopravvenuto alla formazione del silenzio‐assenso, non può considerarsi atto inesistente, ma atto che si sostituisce all’assenso tacito, quale ulteriore rinnovata espressione del potere di cui l’amministrazione era e rimane titolare, quanto meno in via di autotutela. Tuttavia, deve ritenersi illegittimo il provvedimento che, come accade nel caso che ci occupa, non abbia né la forma, né la sostanza di un atto di autotutela, atteggiandosi a mero diniego tardivo dell’autorizzazione, privo della necessaria fase partecipativa, nonché dell’esplicazione dei motivi di interesse pubblico posti a sostegno dell’intervento postumo in autotutela. A fronte dell’inutile decorso del termine, l’amministrazione, ritenendo mancanti i presupposti per il rilascio dell’autorizzazione, non avrebbe potuto considerare quest’ultima come inesistente, ma avrebbe dovuto dar corso all’unico rimedio legittimamente esperibile consistente nel suo annullamento d’ufficio in via di autotutela.

Il DL 76/2020

Arriviamo ai giorni nostri.

Con il DL n. 76/2020, nell’ambito dell’emergenza Covid, si interviene una prima volta dettando delle specificazioni in materia di silenzio‐assenso. Sul punto si veda l’art. 2, comma 8‐bis della stessa legge n. 241/90. L’intervento normativo non ha riguardato solo l’istituto del silenzio‐assenso avendo la finalità di dare maggiore certezza alle conseguenze legali di vari dispostivi di semplificazione: conferenza dei servizi, silenzio‐assenso endo‐procedimentale e SCIA.

Per quanto qua rilevante, si può estrapolare, dall’art. 2, comma 8‐bis della legge n. 241/90, il concetto per il quale un eventuale provvedimento emesso dopo la decorrenza del termine per la formazione del silenzio‐ assenso sarebbe inefficace. In altre parole, anche volendo rilasciare un’autorizzazione postuma (con valore di assenso) ai meri fini confermativi, questa non avrebbe rilevanza giuridica.

DL 77/2021: le modifiche all’attestazione silenzio-assenso

Con il DL n. 77/2021, in vigore dal 01/06/2021, si aggiunge il comma 2‐bis all’art. 20 in questione:

2‐bis. Nei casi in cui il silenzio dell’amministrazione equivale a provvedimento di accoglimento ai sensi del comma 1, fermi restando gli effetti comunque intervenuti del silenzio assenso, l’amministrazione è tenuta, su richiesta del privato, a rilasciare, in via telematica, un’attestazione circa il decorso dei termini del procedimento e pertanto dell’intervenuto accoglimento della domanda ai sensi del presente articolo. Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, l’attestazione e’ sostituita da una dichiarazione del privato ai sensi dell’art. 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

In una nota esplicativa sulla questione, il Dipartimento della Funzione Pubblica afferma:

È una semplificazione che affronta un problema da tempo segnalato da cittadini e imprese. Con il silenzio assenso sinora era impossibile chiedere il mutuo od ottenere un finanziamento per la ristrutturazione di una casa. Grazie alla norma, il cittadino potrà richiedere e ottenere per via telematica l’attestazione dell’accoglimento della domanda o potrà autocertificarla.

Alla luce di quanto indicato fin qua, si deve constatare come il silenzio‐assenso, per quanto sia un istituto affermato da molto tempo, necessitava ancora di qualche aggiustamento affinché producesse gli effetti sperati. Se in teoria il provvedimento tacito era ed è a tutti gli effetti paragonabile al provvedimento espresso, in pratica, vuoi anche per prassi amministrativa popolare, era rimasto qualcosa di incompreso, che non è mai riuscito ad affermarsi al pieno delle sue potenzialità. Per molti, era meglio attendere un ritardatario provvedimento espresso che fidarsi del silenzio significativo.

Adesso, con la nuova “attestazione”, la PA può andare a valorizzare il silenzio significativo con un atto che, tuttavia, non ha sicuramente valore provvedimentale in quanto avente i caratteri della mera certificazione dell’esistenza di una posizione giuridica abilitativa già costituita: il privato è abilitato dalla decorrenza dei termini del procedimento (l’attestazione potrebbe essere richiesta anche a distanza di mesi).

Il fatto curioso è che sulla richiesta di attestazione si applica una sorta di silenzio‐assenso derivato: il silenzio sul silenzio. Decorsi dieci giorni dalla richiesta di attestazione, il privato può procedere con la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (art. 47 del DPR n. 445/00) circa la propria posizione giuridica. La domanda sorge spontanea: il privato non potrebbe procedere a dichiarazione fin dal momento della formazione del provvedimento tacito? A parere mio, la risposta non può che essere affermativa.

Non vorrei che adesso, alla luce della nuova disposizione, si sviluppasse un filone di pensiero per il quale, finché non c’è l’attestazione, meglio non fidarsi né del silenzio‐assenso sul provvedimento né di quello (derivato) sull’attestazione. Vedremo se il bisogno di conferme tradirà anche la ratio del comma 2‐bis.

Volendo fare un po’ di dietrologia e considerando la successione degli due ultimi interventi normativi citati (DL n. 76/20 e DL n. 77/21), si potrebbe ipotizzare che il legislatore, con l’attestazione di cui trattasi, abbia voluto rimediare allo slancio semplificativo di cui al comma 8‐bis citato che, alla fine dei conti, poteva diventare un boomerang nei confronti di chi avrebbe preferito attendere il provvedimento espresso se pur tardivo (provvedimento inefficace ex lege).

Conclusioni sull’attestazione del silenzio-assenso dopo il DL 77/2021

Chiudo con la considerazione a parere mio più importante e che dà rilievo alle parole del Dipartimento della Funzione Pubblica citate prima.

La dichiarazione sostitutiva di atto notorio come richiamata dal comma 2‐bis, sarebbe stata poco incisiva se non fosse già intervenuta un’altra disposizione semplificativa modificante il DPR n. 445/2000. Si tratta dell’art. 30‐bis del DL n. 76/2020. In sintesi, la teoria classica e la giurisprudenza volevano che le dichiarazioni sostitutive avessero rilevanza giuridica limitatamente ai rapporti fra il dichiarante e pubblica amministrazione e non anche ai rapporti fra privati, a meno che questi non acconsentissero in modo espresso.

Con il DL n. 76/2020 è stato sancito che anche i soggetti privati, senza esclusioni o condizioni, sono tenuti ad accettare le dichiarazioni sostitutive.

Riporto l’art. 2, comma 1 e l’art. 71, comma 4 del DPR n. 445/2000. In EVIDENZA le parti espunte dal DL n. 76/2020:

  1. Le norme del presente testo unico disciplinano la formazione, il rilascio, la tenuta e la conservazione, la gestione, la trasmissione di atti e documenti da parte di organi della pubblica amministrazione; disciplinano altresì la produzione di atti e documenti agli organi della pubblica amministrazione nonché ai gestori di pubblici servizi nei rapporti tra loro e in quelli con l’utenza, e ai privati che vi consentono. […]
  1. Qualora il controllo riguardi dichiarazioni sostitutive presentate ai privati che vi consentono di cui all’articolo 2, l’amministrazione competente per il rilascio della relativa certificazione, previa definizione di appositi accordi, è tenuta a fornire, su richiesta del soggetto privato corredata dal consenso del dichiarante, conferma scritta, anche attraverso l’uso di strumenti informatici o telematici, della corrispondenza di quanto dichiarato con le risultanze dei dati da essa custoditi.

 

Fonte: articolo del dott. Mario Maccantelli (tratto da Omniavis srl)
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