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Sondaggio smart working Italia: ecco l’indagine INAPP

lentepubblica.it • 28 Gennaio 2022

Sondaggio smart working ItaliaUn’indagine ha analizzato il pensiero degli italiani sul lavoro da remoto in pandemia. Ecco cosa è emerso dal sondaggio sullo smart working in Italia.


Sondaggio smart working Italia: il lavoro da casa è entrato nella routine dei lavoratori italiani, a partire da marzo 2020, quando è iniziata la pandemia e il relativo lockdown.

Nel 2021, circa un terzo dei lavoratori dipendenti in Italia, cifra stimata intorno ai 7,2 milioni, ha lavorato in remoto. Il numero si alza per quanto riguarda i dipendenti della Pubblica Amministrazione: circa il 39,7% dei dipendenti pubblici ha lavorato in smart working lo scorso anno.

L’INAPP ha analizzato il fenomeno dello smart working e sono emersi dati piuttosto interessanti. Vediamoli insieme.

Sondaggio smart working Italia: il sondaggio di INAPP

L’INAPP, l’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche, ha svolto un sondaggio su oltre 45mila soggetti, con un focus sullo smart working. L’indagine, denominata “Il lavoro da remoto: le modalità attuative, gli strumenti e il punto di vista dei lavoratori”, è stata diffusa lo scorso 26 gennaio 2022.

Le domande hanno esplorato il lavoro agile, il numero di lavoratori che hanno lavorato da casa e le loro impressioni. Ma anche le previsioni per il loro futuro.

Nel 2021 sono stati oltre i 7 milioni i lavoratori a distanza, che equivalgono al 32,5% degli occupati; prima della pandemia, invece, i lavoratori in smart working erano poco meno di 2 milioni e mezzo, pari all’11% degli occupati.

Cambiamento nei contratti

Circa la metà degli intervistati ha lavorato a distanza da 3 a 5 giorni alla settimana, mentre solo l’11,6% ha lavorato a casa, un solo giorno a settimana.

Alla maggior parte dei lavoratori non è mai stato formalizzato il cambiamento della modalità di prestazione lavorativa. Per chi ha avuto un cambiamento nel contratto di lavoro, la situazione è la seguente:

  • il 16,5% degli intervistati ha avuto un cambiamento organizzativo, mediante accordo collettivo (quindi, probabilmente, tramite l’intermediazione dei sindacati);
  • il 14,3% ha avuto un cambiamento tramite accordo individuale.

Ridistribuzione sul territorio

Dall’indagine, è fuoriuscito un interessante dato sul futuro delle grandi città, se lo smart working s’imponesse come fenomeno di massa.

1 lavoratore su 3 si sposterebbe dai grandi certi urbani, per andare in un piccolo centro. Mentre 4 intervistati su 10 hanno dichiarato che si trasferirebbero in un luogo isolato, più a contatto con la natura, se rimanessero in smart working.

Ma non solo: un lavoratore su cinque accetterebbe un’eventuale penalizzazione nella retribuzione, pur di continuare a lavorare da remoto.

Differenze tra settore pubblico e privato

Sondaggio smart working ItaliaIn linea generale, così come emerge dall’indagine INAPP, molti lavoratori apprezzato lo smart working e vorrebbero continuare su questa linea. Circa il 46% dei lavoratori vorrebbe continuare a lavorare da remoto per almeno un giorno a settimana e circa il 25% spingerebbe per un lavoro da casa per tre o più giorni a settimana.

Lo smart working ha sicuramente cambiato le abitudini lavorative, sia nel pubblico che nel privato e, in questi due anni, sono stati utilizzati nuovi strumenti, ma con alcune differenze tra pubblico e privato.

Ecco cosa emerge dall’indagine INAPP:

  • Piattaforme digitali per le riunioni a distanza: impiegate nel 71,5% dei casi nel settore pubblico e nel 64,4% dei casi nel privato;
  • Disponibilità dispositivi informativi: sono sati forniti al 62,1% degli impiegati nel privato, ma la percentuale scende al 41,9% per i dipendenti pubblici;
  • Il settore privato rimane avanti anche per quanto riguarda la formazione (disponibile per il 46,8% dei casi), la fornitura delle attrezzature ergonomiche (25,7%) ed erogazione di contributi (22,2%).

Criticità dello smart working

L’indagine INAPP, però, mette in luce alcune problematiche già note del lavoro da casa.

La maggior parte dei lavoratori indica come criticità l’isolamento e le difficoltà di rapporto coi colleghi e, oltre il 60%, denuncia un aumento delle bollette, a causa del lavoro domestico, una problematica che, per molti, andrebbe integrata con un bonus.

Altra problematica evidenziata è sicuramente il, già discusso, diritto alla disconnessione: oltre il 49% degli intervistati, infatti, ha dichiarato di poter staccare solo in occasione della pausa pranzo.

Si tratta di un dato importante, su cui sarà necessaria una normativa che possa regolamentare le pause, anche durante lo smart working.

Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it
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