Si farà sentire il risultato dell’applicazione degli adeguamenti alla speranza di vita di cinque mesi registrati dall’Istat lo scorso mese di ottobre e che saranno recepiti in un decreto interministeriale Lavoro-Economia entro la fine del 2017.
I nuovi coefficienti faranno registrare una riduzione che a seconda dell’età di accesso alla pensione, oscillerà tra l’1 ed il 2,50%.
La revisione dei coefficienti, legati all’età alla quale si va in pensione (sono più bassi se si esce dal lavoro prima e più alti se si esce dopo), è stata prevista a fronte dell’allungamento della vita media dalla Riforma Sacconi del 2010 e dalla Legge Fornero del 2011. Ipotizzando che si riceve l’assegno per più tempo, a parità di età di uscita dal lavoro, l’importo, legato ai contributi versati nella propria vita lavorativa, sarà più basso. La revisione è già scattata nel 2010, nel 2013 e nel 2016 e dal 2019 scatterà ogni due anni in quanto non è stata oggetto di revisione nel confronto che si è appena concluso tra Governo e sindacati.
La novità impatta sulla quota contributiva della pensione (la cd. quota C) e quindi colpisce in modo particolare i giovani, che hanno una maggiore fetta dell’assegno determinata proprio con il sistema contributivo: si ricorda infatti i lavoratori che avevano almeno 18 anni di contributi entro il 1995, la quota contributiva decorre solo sulle anzianità contributive accreditate dal 1° gennaio 2012 per effetto della riforma Monti-Fornero; mentre per tutti gli altri la quota contributiva decorre dal 1996 in poi. Per i primi dunque l’effetto sarà meno sensibile perchè la parte dell’assegno sino al 2011 resta agganciata al sistema retributivo ma per i secondi gli effetti saranno piu’ intensi.
Per sterilizzare questi effetti negativi occorrerà lavorare di più. Ed infatti non a caso l’aggiornamento dei coefficienti arriva in contemporanea con lo scatto della speranza di vita che, dal 2019 costringerà i lavoratori a rimanere sul posto di lavoro per altri 5 mesi rispetto ai valori attuali. Una circostanza che compenserà la riduzione dei coefficienti in questione.
La tavola sottostante mostra la riduzione dei coefficienti di trasformazione nel tempo: dal 1996 ad oggi (in attesa della comunicazione ufficiale dei nuovi valori dal 2019). Come si nota dal 1996 al 2016 la riduzione media è risultata pari a circa il 10%: ciò significa che un assicurato che nel 2000 andava in pensione a 57 anni con una quota contributiva dell’assegno pari a 1.000 euro, il medesimo lavoratore che andasse in pensione nel 2017 conseguirebbe un assegno inferiore a 900 euro; per riagganciare il valore di mille euro il lavoratore dovrebbe pensionarsi non più a 57 anni ma a 61 anni, ben quattro anni più tardi, perchè la speranza di vita in questi anni è aumentata.
I nuovi coefficienti saranno applicati a tutte le prestazioni pensionistiche erogate dall’Inps che avranno decorrenza dal 1° gennaio 2019 a prescindere dalla data di risoluzione del rapporto di lavoro. I lavoratori che hanno già maturato un diritto a pensione hanno pertanto la convenienza ad uscire entro la fine del 2018 affinché il trattamento pensionistico venga messo in pagamento con i coefficienti più generosi.
Fonte: Pensioni Oggi (www.pensionioggi.it) - articolo di Bruno Franzoni