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Pensioni Dipendenti Pubblici a 62 anni: chi può beneficiarne?

lentepubblica.it • 3 Settembre 2018

pensioni-dipendenti-pubblici-a-62-anniPensione dei Dipendenti Pubblici: anticiparla a 62 anni è possibile? Se sì, chi può beneficiarne?


Un dipendente pubblico con 62 anni di età può rientrare nella pensione anticipata? La rendita integrativa temporanea anticipata – RITA – e la risoluzione unilaterale del rapporto nelle PA permettono ad alcuni lavoratori di andare in pensione in anticipo, anche di parecchi anni. Ma in quali casi?

 

Pensione Anticipata dipendenti pubblici a 62 anni con la RITA

 

La platea di lavoratori per i quali è disponibile la RITA, rendita integrativa temporanea anticipata prevista dalla Legge di Bilancio 2018, sono:

 

  • i dipendenti a cui mancano al massimo cinque anni dalla pensionedi vecchiaia,
  • chi accede a forme di esodo incentivato, isopensione e fondo esuberi, sempre nel paletto dei cinque anni dalla pensione di vecchiaia,
  • i percettori di APE volontario, strumento che si può cumulare con la RITA.

 

Per accedere alla RITA ci vogliono, comunque, almeno 20 anni di contributi versati in una gestione previdenziale obbligatoria e cinque anni di versamenti al fondo di previdenza complementare.

 

Quindi, considerando che da gennaio 2018 l’età pensionabile sarà per tutti 66 anni e 7 mesi, si presuppone che potranno chiedere la pensione i lavoratori con 61 anni e sette mesi di età con una contribuzione versata di 20 anni. Per poter richiedere la RITA, l’iscritto al fondo pensione deve aver cessato il rapporto di lavoro (dimissioni e/o licenziamento) e deve avere la Certificazione INPS utile ad ottenere l’ APE volontaria.

 

Pensioni Dipendenti Pubblici: Uscita Anticipata a 62 anni nella nuova Riforma?

 

Anticipazione della Risoluzione Unilaterale del rapporto nelle PA

 

L’articolo 1, comma 5 del decreto legge 90/2014 consente, inoltre, alle amministrazioni pubbliche di anticipare la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro rispetto ai limiti ordinamentali qualora ciò risponda a specifiche esigenze interne dell’ente pubblico. In tal caso la risoluzione deve essere motivata al destinatario con riferimento alle esigenze organizzative e ai criteri di scelta adottati; e può essere esercitata solo nei confronti dei lavoratori che abbiano raggiunto la massima anzianità contributiva (cioè a 42 anni e 10 mesi di contributi se uomini, 41 anni e 10 mesi se donne) a condizione che il trattamento non sia interessato dalla cd. penalizzazione (quindi, a partire dal 1° gennaio 2018, non prima del compimento del 62° anno di età). Prima di agire l’amministrazione dovrà dare un preavviso di sei mesi al dipendente.

 

La facoltà in parola è tuttavia preclusa nei confronti dei dirigenti medici responsabili di struttura complessa (i primari), i magistrati, il personale difesa e soccorso pubblico e i professori universitari. Nei confronti dei dirigenti medici (non primari) la risoluzione non può essere attivata comunque prima dei 65 anni.

 

 

Si rammenta che una specifica procedura per il pensionamento d’ufficio coinvolge i lavoratori delle amministrazioni che siano coinvolti in procedimenti di esubero come individuati dall’articolo 2 del decreto legge 95/2012 (cd. spending review). Da segnalare, infine, che per effetto del recente riforma della pubblica amministrazione sussistono particolari limiti per le pubbliche amministrazioni di affidare incarichi di studio, consulenza o di governo a soggetti già pensionati

 

Fonte: Pensioni Oggi (www.pensionioggi.it)
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