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Quota 96: quanto costerebbe estenderla al Pubblico Impiego?

lentepubblica.it • 13 Maggio 2016

quota-96Il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali fornisce i dati relativi alla possibilità di estendere il regime speciale previsto dai decreti correttivi della Legge Fornero ai lavoratori che hanno maturato la quota 96 entro il 2012 (o i 60 anni e 20 anni di contributi se donne). Lo fa a seguito di una interrogazione parlamentare sollevata alla Camera dall’Onorevole Gnecchi e da altri deputati del Pd circa l’articolo 24, comma 15-bis del decreto legge 201/2011.

 

Il sottosegretario al Welfare, Massimo Cassano, ha indicato che secondo le relazioni sulla Legge Fornero si stimavano in 55.000 i soggetti interessati alla regole speciali per i lavoratori dipendenti del settore privato che avrebbero maturato, sulla base della normativa previgente, i requisiti nell’anno 2012, per i quali l’accesso al pensionamento è consentito ad una età non inferiore a 64 anni. L’Inps tuttavia non ha provveduto ha quantificare ulteriormente la platea. Il Ministero produce, poi, una serie di tabelle relative ad una possibile estensione della disposizione in favore dei lavoratori autonomi, della gestione separata e del pubblico impiego.

 

Autonomi

 

La platea dei lavoratori autonomi è stata identificata con lo specifico requisito della quota (somma di età anagrafica e anzianità contributiva) prevista nell’anno 2012 dalla normativa previgente al cosiddetto decreto «Salva Italia», ovvero quota 97 con almeno 61 anni di età. Tale valutazione è riferibile quasi esclusivamente ai soggetti nati nel 1952.

 

Pubblico Impiego

 

Per quanto riguarda il pubblico impiego Cassano mostra una stima effettuata dall’Inps in merito ad una proposta di modifica normativa che prevede l’estensione dei requisiti del comma 15 bis ai lavoratori del settore pubblico, ipotizzandone l’entrata in vigore dal 1° gennaio 2016. L’estensione del comma 15 bis anche alla gestione pubblica determinerebbe la possibilità: 1) per le donne che nel 2012 avevano almeno 60 anni di età e 20 anni di contribuzione di accedere alla pensione al compimento dei 64 anni; 2) per gli uomini che nel 2012 avevano raggiunto la quota 96 – con almeno 60 anni di età e 35 anni di contribuzione – di accedere alla pensione al compimento dei 64 anni.

 

L’INPS ha, inoltre, precisato che tale stima ricomprende anche i lavoratori nati dopo il 1952 che maturano il requisito della quota 96 con almeno 60 anni di età. La valutazione è stata effettuata su tutte le posizioni assicurative della Gestione dipendenti pubblici (GDP) al netto dei pensionamenti fino a tutto settembre 2015, stimando le anzianità contributive e il comparto di appartenenza compreso il comparto scuola.  II numero di lavoratori interessati, che maturano il requisito anagrafico di 64 anni nel periodo 2013-2017, è stimato in 44.300 unità (35.600 donne e 8.700 uomini) con importo medio annuo della pensione pari a 28.650 euro (27.800 euro per le donne e 32.000 euro per gli uomini).

 

Il Ministero resta poi contrario all’eliminazione del paletto che impedisce ai lavoratori del settore privato che non si trovassero in condizione di attività lavorativa dipendente al 28 dicembre 2011 di accedere alla disposizione in parola. “Nel dettare le istruzioni applicative del decreto-legge n. 201 del 2011, ricorda il Ministero, e in considerazione del dettato letterale del comma 15-bis, l’INPS, con la circolare n. 35 del 2012, condivisa dai Ministeri vigilanti, ha previsto l’applicazione di tale disposizione eccezionale esclusivamente ai lavoratori e alle lavoratrici che svolgevano attività di lavoro dipendente al momento dell’entrata in vigore della norma, ovverosia il 28 dicembre 2011. L’interpretazione letterale della disposizione riferisce, infatti, la nozione di dipendente al lavoratore in attività e non anche al lavoratore che ha perso il posto di lavoro” ha indicato Cassano. Il sottosegretario non fornisce, peraltro, alcun dato relativo a quanti siano i lavoratori colpiti da questa restrizione.

 

Soddisfatta dei dati la Gnecchi che sottolinea, tuttavia, di non condividere affatto l’interpretazione del comma 15-bis dell’articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, data dalla circolare dell’INPS n. 35 del 2012, in base alla quale, per accedere al pensionamento con i previgenti requisiti, sarebbe necessario l’ulteriore requisito, non previsto dalla legge, dell’occupazione alla data del 28 dicembre 2011.  La Gnecchi ha quindi preannunciato la volontà del suo gruppo di perseguire fino in fondo l’obiettivo di ripristinare pienamente, mediante la modifica della circolare dell’INPS n. 35 del 2012, l’unica forma di gradualità prevista dal decreto-legge «Salva Italia» per coloro che, in vista del prossimo accesso al pensionamento, avevano scelto di dimettersi o avevano dovuto lasciare il lavoro nel corso del 2011, non prevedendo il repentino innalzamento dei requisiti pensionistici.

 

 

 

Fonte: Pensioni Oggi (www.pensionioggi.it) - articolo di Valerio Damiani
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