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Come impostare una Scuola adatta ai nativi digitali?

lentepubblica.it • 16 Ottobre 2015

nativi digitaliIl recente studio dall’OCSE, Students, computer and learning: Making the connection evidenzia un dato solo apparentemente sorprendente: le tecnologie, pur indispensabili, da sole non bastano per migliorare gli apprendimenti dei “nativi digitali”, senza un riflessione sulla trasformazione delle metodologie didattiche e dei programmi. Tuttavia la necessità di integrare le competenze digitali nei curricula scolastici, lo afferma sempre l’OCSE, è fondamentale per la vita dei bambini e ragazzi di oggi.  Questa necessità è in primo luogo dovuta al fatto che gli stili di comunicazione dei “nativi digitali” sono profondamente differenti dai nostri. Questo emerge anche da un recente studio pubblicato nell’ambito del Progetto Eu Kids on-line dal titolo significativo: Mobile Opportunities. Exploring positive mobile media opportunities for European children. Si tratta di una ricerca condotta dalla Professoressa Jane Vincent sui dati 2010 e 2014 raccolti nelle numerose indagini sulla dieta mediale di ragazzi e bambini condotte da Eu Kids On line.

 

Gli “stili di comunicazione” digitale dei nostri figli e nipoti, infatti, costituiscono una parte sempre più significativa, sicuramente maggioritaria per ciò che riguarda la fruizione mediale, della loro esperienza individuale e sociale. Nello stesso tempo Internet e i media digitali offrono loro una serie di opportunità di crescita che spesso la scuola e la famiglia non solo non incoraggiano ma spesso impediscono! Crescere in un mondo digitale “connesso”, come è evidente, anche dai nostri studi, è un’avventura emozionante per i nostri figli e per tutti i ragazzi del mondo.

 

Si divertono a navigare ed a utilizzare le molteplici caratteristiche di Internet, i servizi di social networking (SNS), le App e i giochi che sono supportati dai loro dispositivi mobili. In particolare sono molto “ingaggiati” dallo sperimentare su se stessi e sulle loro relazioni sociale gli effetti e le opportunità dei nuovi media; anche i potenziali “rischi” di Internet costituiscono per loro un sfida da superare. Se si osserviamo le tre figure seguenti, contenute nel report della London School of Economics, vediamo che esiste, infatti, un correlazione positiva tra accesso ed uso di Internet (ogni giorno) e numero delle attività svolte on-line – navigare, guardare video, aggiornare il proprio profilo sui social network, video-giocare con altri pari, consultare contenuti per l’apprendimento.

 

Esiste poi una correlazione altrettanto positiva con le competenze relative a queste attività che vengono acquisite: informarsi, stabilire relazioni sociali on line, produrre video, interagire in maniera proattiva sui blog eccetera.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ovviamente come dimostra la figura 3, un maggior presenza on-line, sia in mobilità che a casa espone, anche, maggiormente di “rischi della rete” (visione di materiale sconveniente, possibili alterchi on-line, furto d’identità, o episodi di bullismo digitale) . E tuttavia, anche in questo caso, il Report della London School of Economics,  rileva come la grande maggioranza dei bambini/e intervistati hanno affermato di non essere stati particolarmente disturbati dall’aver incontrato esperienze potenzialmente  “a rischio” sulla rete.  Al netto di poche eccezioni, anche se ovviamente significative eccezioni, cioè, navigare quotidianamente aumenta nei bambini la consapevolezza dei rischi che possono correre on-line delle strategie da utilizzare per minimizzarli.

 

La vita digitale dei nostri bambini e ragazzi

 

La fotografia dei comportamenti on-line che il Report  presenta si concentra su sei aspetti della vita digitale dei nostri figli: a. Essere in Mobilità; b. Essere all’interno di una comunità sociale; c. Apprendere; d. Intrattenersi e. Giocare; f. Essere sé stessi; g. Essere sicuri e protetti.

 

Analizziamo in maniera sintetica i risultati con particolare riguardo ai temi dell’identità dell’essere parte di una comunità sociale.

 

Essere se stessi

 

I bambini e ragazzi europei “stanno utilizzando i loro telefoni cellulari e le esperienze online per esplorare la loro identità”. Si tratta di un affermazione molto interessante che potrà sorprendere molti adulti. Ad esempio la pratica dei “selfies”, dei video auto-prodotti (e condivisi sul Instagram o You Tube)  sono per i bambini e i ragazzi di questa età  un modo per scoprire come gli altri considerano la loro immagine – ad esempio come li  vedono i loro amici – e più intimamente per sperimentare, scoprire ed esplorare i differenti aspetti del proprio sé in una fase molto dinamica e rilevante del loro sviluppo.

 

Il cellulare, poi, è un vera protesi del sé. Rappresenta, infatti,  uno specchio, uno strumento di analisi e un diario che traccia la storia della crescita e delle esperienze dei bambini e dei preadolescenti.  E’ il contenitore delle relazioni con i pari e delle loro comunicazioni sociali, che si svolgono per lo più attraverso, testi, immagini e video più che “a voce”. Lo Smartphone è anche il mediatore delle loro relazioni più intime, cioè quelle relative alla sfera dell’amicizia e  dell’affettività e in seguito della sessualità. Progressivamente archiviano in digitale le loro esperienze di vita oltre che il loro intrattenimento ed usano spesso questo archivio per riflettere su se stessi e sulle loro azioni. Noi adulti siamo portati a considerare il cellulare quasi esclusivamente come un strumento  per le “emergenze” e per la comunicazione, solo da poco abbiamo scoperto il texting e l’uso di Internet in mobilità. Per i nostri figli tutto questo è naturale e lo smartphone è molto di più di questo. E’ lo spazio “narrativo” e sociale dove viene documentato e rielaborato il loro percorso di crescita e le loro relazioni con i pari. Si tratta di una “porta” di accesso privilegiata alla loro identità digitale, che non costituisce per loro una elemento estraneo o parziale della loro esistenza, come lo è spesso per noi adulti, ma è una parte integrante della loro identità reale.

 

Essere all’interno di una comunità sociale

 

I “nativi digitali” stanno sperimentando anche, e con molto entusiasmo, nuove forme di connessione, di socialità on-line che permettono loro essere contemporaneamente presenti e socialmente attivi sia nel mondo reale che in quello digitale.  Lo smartphone, come si accennava, è diventato in questi anni una “protesi” sociale fondamentale per i nostri figli tra i 9 e 16, non è detto che questo sia del tutto positivo ma è un fatto. Questo “sesto senso”, lo potremmo definire come il “senso” della socialità tra pari, dell’intrattenimento e del gioco condiviso. Si tratta di un “senso molto duttile e sviluppato ma poco orientato alle relazioni con la famiglia e genitori. Questi spesso “acquistano” uno smartphone al figlio per rimanere in contatto con lui in caso di necessità, ma subito si accorgono di avere fallito l’obiettivo visto che molto spesso le chiamate dei genitori restano inascoltate. Lo smartphone, infatti, serve a bambini, preadolescenti e ragazzi per aprirsi al mondo delle relazioni con gli amici, i compagni di scuola o quelli delle attività sportive, ma serve anche a riempiere attraverso la socialità, la fruizione dei contenuti e il gioco, i “tempi morti” della giornata. Questo avviene attraverso la fruizione e/o la produzione di contenuti su vlog (videoblog), Instagram, su You tube. Come si vede “i tempi morti” sono riempiti da attività che implicano sempre una forte componente sociale – anche i video-game ormai sono tutti fruibili su Internet con gli amici. Facebook, soprattutto in mobilità, rimane sempre la principale piattaforma “social” dei bambini e dei pre-adolescenti europei – lo usano il 39% dei soggetti tra tra i 9 e 16 anni –. Tuttavia si assiste negli ultimi anni a una maggiore varietà di scelta tra le piattaforme, come dimostra il crescente successo di strumenti più agili e meno permeabili agli adulti come appunto WhatsApp, Instagram e Snapchat. Inoltre l’uso che di questi strumenti fanno i “nativi” è piuttosto consapevole. In bambini e i ragazzi tra i 9 e 16 sono sempre più consapevoli delle problematiche e delle impostazioni riguardanti la  privacy e hanno spesso contatti esclusivamente con la rete dei pari, hanno cioè un chiara consapevolezza dei rischi della rete, un consapevolezza che è maggiore quanto maggiore è la frequentazione dei siti social. Anche noi adulti dobbiamo imparare a considerare che lo smartphone è una protesi ormai “indispensabile” in questa fascia di età. E’ molto difficile proibirne l’uso e soprattutto i bambini saranno sempre in grado escogitare modi e motivi per averlo con loro in ogni momento, anche quando non possono utilizzarlo come a scuola o a causa della proibizione di un genitore.

 

Conclusioni

 

Ora questa fotografia della vita digitale dei nostri bambini e ragazzi ci evoca almeno  due riflessioni conclusive che riguardano gli adulti.

 

La prima riguarda la diffusione di Internet, in particolare in mobilità, tra i bambini e i ragazzi  tra i 9 e i 16 anni. Il fenomeno è ormai ampiamente maggioritario. Che senso ha il fatto che molti “laudatores temporis acti” sprechino tante energie nel condurre una battaglia per impedire l’uso di questo potentissimo strumento ai bambini e ai ragazzi. Non varrebbe forse la pena di impiegare più produttivamente il tempo a capire come educare il nuovo “sesto senso” dei nostri figli?

 

In secondo luogo dal Report della London School of economics, emerge chiaramente come lo smatrphone è un “protesi” che apre ai nostri figli molte opportunità anche nel campo dell’apprendimento. Perché le norme di molti paesi europei ne proibiscono l’uso all’interno delle scuole?  Lo smartphone non è solo una strumento di fruizione delle informazione ma, come abbiamo visto, è uno strumento di socialità, approfondimento e produzione di contenuti audio-video. Perché gli insegnanti non permettono ai loro allievi e studenti di usarlo in questo modo in classe? Ai posteri l’ardua sentenza…

Fonte: Agenda Digitale (www.agendadigitale.eu) - articolo di Paolo Ferri
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