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Acquisto di beni di lusso a rate: legittimo l’accertamento sintetico

lentepubblica.it • 11 Agosto 2016

fisco 6Secondo i giudici di legittimità, spetta poi al contribuente dimostrare, con idonea documentazione, che l’entità reale del reddito è diversa da quella presuntivamente accertata. Acquistare un’auto di consistente valore, anche avvalendosi di rate di importo basso, legittima comunque l’accertamento sintetico. È quanto emerge dall’ordinanza n. 14405 del 14 luglio 2016 emessa dalla Corte di cassazione che, invertendo parzialmente il proprio orientamento, ha statuito che la prova contraria non può ritenersi integrata dalla circostanza che l’auto di lusso sia stata acquistata mediante un finanziamento della banca.

 

La vicenda processuale

 

La controversia ha avuto origine dall’impugnazione di un avviso di accertamento emesso per il recupero di una maggiore Irpef relativa all’anno d’imposta 2008, a seguito della rideterminazione in via sintetica, ai sensi dell’articolo 38, Dpr 600/1973,  del reddito imponibile del contribuente. L’ufficio aveva notificato l’atto impositivo sulla base della disponibilità, in capo al destinatario, di taluni beni indicatori di capacità contributiva e delle spese per incrementi patrimoniali sostenute dal medesimo. I giudici di prime cure accoglievano parzialmente il ricorso del contribuente, rideterminando il reddito netto in misura inferiore a quello sinteticamente accertato dall’ufficio.

 

Avverso la decisione della Commissione tributaria provinciale proponeva appello il contribuente chiedendo la riforma della sentenza di primo grado e l’integrale annullamento dell’atto impositivo; i giudici di secondo grado, in accoglimento del gravame, riformavano la decisione della Ctp, dichiarando l’illegittimità dell’accertamento e annullando per intero, di conseguenza, l’atto dell’ufficio. La Ctr riteneva, in particolare, che gli elementi indicatori di capacità contributiva esposti dall’ufficio – un appartamento a uso abitazione principale e un’autovettura acquistata con un finanziamento bancario – erano tali da far ritenere esente il reddito presunto, in relazione all’alloggio per la natura dello stesso, per quanto riguarda la vettura in quanto alimentata da indebitamento. Ricorreva per cassazione l’Agenzia delle Entrate, lamentando la violazione e falsa applicazione, exarticolo 360 cpc, n. 3, del Dpr 600/1973, articolo 38 e dell’articolo 2728 cc, nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ex articolo 360 cpc, n. 5.

 

La pronuncia della Cassazione

 

La sentenza di secondo grado che aveva annullato l’atto impositivo del Fisco è stata cassata dalla Suprema corte, con rinvio per un nuovo esame alla medesima Ctr, in diversa composizione. La disciplina in materia di accertamento sintetico prevede, come costantemente ribadito dalla Corte di cassazione, che il controllo sulla congruità dei redditi dichiarati venga effettuato partendo da dati certi e utilizzando gli stessi come indici di capacità di spesa, per dedurne, tramite specifici parametri di valorizzazione (redditometro), il reddito presuntivamente necessario a garantirla. Quando il reddito così ricalcolato si discosta da quello dichiarato per almeno due annualità, l’ufficio può procedere all’accertamento con metodo sintetico, determinando il reddito induttivamente e, quindi, utilizzando i parametri previsti dalla legge, a condizione che il reddito rideterminato sia superiore di almeno un quarto a quello dichiarato.

 

I giudici di legittimità hanno a più riprese (Cassazione 25104/2014 e 8995/2014) ribadito che l’accertamento con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo d’imposta. Tuttavia, ha precisato ripetutamente la Corte, l’articolo 38, comma 6, del Dpr 600/1973 prevede anche che “l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione”.

 

Lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) dell’entità di eventuali ulteriori redditi e della “durata” del relativo possesso, ha la finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di tali redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi, escludendo quindi che i suddetti siano stati utilizzati per finalità non considerate ai fini dell’accertamento sintetico, quali, ad esempio, ulteriori investimenti finanziari; in tal caso, pertanto, essi non sarebbero idonei a giustificare le spese e/o il tenore di vita accertato, i quali dovrebbero pertanto ascriversi a redditi non dichiarati.

 

Nella fattispecie in esame, secondo i giudici di legittimità, l’Amministrazione ha correttamente assolto il suo onere probatorio, individuando nell’atto impositivo gli elementi indicatori di capacità di spesa prescritti dalla normativa in tema di redditometro; non altrettanto ha fatto, invece, il contribuente, che non ha fornito la controprova, consistente nella produzione di documentazione dimostrativa del fatto che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente fosse costituito in tutto o in parte “da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta”. La Suprema corte ha ulteriormente evidenziato come i giudici di secondo grado, non attenendosi ai principi in materia di ripartizione dell’onere probatorio tra Fisco e contribuente, abbiano erroneamente ritenuto sufficiente a far venire meno il presupposto dell’accertamento sintetico, da un lato, una pronuncia di merito, neppure passata in giudicato, emessa per l’annualità precedente – comportante una riduzione del maggior reddito accertato, che, erroneamente, secondo la Ctr, faceva di per sé venire meno il presupposto dello scostamento per almeno due annualità – e, dall’altro, il fatto, “genericamente illustrato”, che l’acquisto dell’autovettura era stato “alimentato da indebitamento”.

 

Con la pronuncia in commento, la Cassazione intende, evidentemente, porre un freno alla sconveniente pratica di coloro che, pur di non far scattare il redditometro, acquistano beni di lusso con rate di basso importo. Viene sancito, infatti, che l’acquisto dell’auto di lusso o della casa, anche se effettuato avvalendosi di una rateazione, non fa venir meno l’accertamento a carico del contribuente, a cui spetta, anche in tal caso, documentare la provenienza delle somme usate per pagare il venditore se di questi non vi è traccia nella dichiarazione dei redditi. L’ordinanza in commento si pone un po’ come una voce fuori dal coro rispetto alle varie pronunce che hanno fatto “cadere” atti impositivi nei casi in cui gli acquisti sproporzionati rispetto al reddito dichiarato erano stati effettuati mediante un finanziamento.

 

Non ritenendo, dunque, la sentenza della Ctr in linea con i suddetti principi di diritto, la suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Amministrazione finanziaria, cassando la sentenza impugnata, e rinviando alla medesima Commissione tributaria regionale, in diversa composizione.

Fonte: Fisco Oggi, Rivista Telematica dell'Agenzia delle Entrate - articolo di Andrea Santoro
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