Con la circolare n. 13/2011 il Ministero dell’Interno ha inviato ai Comuni le linee guida sulla pubblicazioni di matrimonio, sostenendo la necessità della firma digitale nella pubblicazione si questi atti. La motivazione della scelta, secondo il Ministero è data dalla esigenza di attestare nel contempo la conformità di quanto pubblicato con l’originale, l’autorevolezza dell’ente emanatore, l’autenticità, la validità giuridica e l’inalterabilità, la preservazione del valore giuridico e probatorio e la conservazione nel tempo dei documenti pubblicati.
E’ evidente che ancora non siano chiari alcuni concetti di base che riguardano il documento informatico e le firme elettroniche, questo problema purtroppo coinvolge a nostro parere anche gli uffici dei Ministeri. Per semplicità richiamiamo l’articolo “ALBO PRETORIO – Nessuna firma elettronica negli atti pubblicati”, pubblicato dal quotidiano lentepubblica.it lo scorso lunedì 11 aprile per i riferimenti al nostro ragionamento che riproponiamo anche oggi con un ulteriore elementi.
Il Ministero dell’Interno richiama anche un provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali del 24 giugno 2010, secondo il quale l’amministrazione deve provvedere affinchè le informazioni disponibili sul sito web “siano pubblicate in un formato e con modalità tali da non consentirne la modificazione da parte degli utenti della rete”, così da garantire l’integrità dei documenti pubblicati, come se gli utenti della rete potessero modificare gli atti pubblicati non sottoscritti con firma elettronica, modificarli e poi utilizzarli. Questo significherebbe che un atto, fatto da chiunque e non firmato elettronicamente potrebbe avere una qualsiasi valenza o ancor di più se si volesse creare un falso, ci sia bisogno di scaricare un atto dall’Albo Pretorio e non crearlo integralmente.
La frase ripresa nel provvedimento del Garante della Privacy, a nostro parere va intesa come modalità di sicurezza tale che non sia possibile un accesso esterno tale che possa modificare un atto pubblicato all’interno del sistema dell’ente produttore, non che possa essere modificato successivamente per il suo utilizzo.
Ma a parte questo, volendoci rifare in modo specifico alle pubblicazioni degli atti di matrimonio che hanno ancor di più una normativa di base più stringente, in quanto le pubblicazioni di matrimonio sono pubblicate per dare pubblicità ai fini di eventuale opposizione di terzi. Ma questi terzi sono molto ristretti, infatti possono fare opposizione soltanto:
Quindi, è ancora più stringente la valutazione eventuale di un accesso agli atti secondo la Legge 241/90, anche perché oltre ad essere molto ristretto il numero dei potenziali interessati, anche le motivazioni di una opposizione sono molto limitati, infatti i motivi di opposizione possono essere:
A questo punto ci domandiamo, com’è possibile che il Comune apra al mondo un atto che ha una finalità che riguarda solo pochi individui e che comunque devono rispettare il diritto di accesso agli atti motivandolo forse più di molti altre tipologie di atto?
Anche qui ci ritroviamo di fronte a una circolare che contrasta fortemente con le norme sia del D.Lgs. n. 33/2013 sia con la L. 241/90.
Forse è il caso di rivedere il tutto, facendo chiarezza sull’intero sistema di pubblicazione degli atti, evitando circolari, comunicazioni, faq, ecc. che non tengono conto dei vincoli normativi e soprattutto che ci sia una più stretta collaborazione tra l’AGID e i vari Ministeri, tale da coniugare gli aspetti tecnici del documento informatico e della sicurezza, con gli aspetti squisitamente normativi.