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Convivenza di Fatto: che ruolo ha l’Anagrafe?

lentepubblica.it • 14 Febbraio 2017

convivenza di fattoIl ministero dell’Interno, con la nota 6 febbraio 2017, n. 231, ha chiarito il ruolo delle iscrizioni anagrafiche nei casi riguardanti la convivenza di fatto.

 


 

L’art. 1, co. 36 e seguenti della L. n. 76/2016 disciplina la cosiddetta “convivenza di fatto”, cioè la situazione in cui si trovano “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile”.

 

In tale contesto, il Ministero dell’interno, con la nota 6 febbraio 2017, n. 231, ha chiarito che le iscrizioni anagrafiche sono finalizzate al semplice accertamento della stabile convivenza e non alla costituzione della convivenza di fatto, e che la L. n. 76/2016 si applica ai soli cittadini italiani e stranieri residenti in Italia e non ai cittadini italiani iscritti all’Aire.

 

I conviventi di fatto hanno gli stessi diritti spettanti al coniuge nei casi previsti dall’ordinamento penitenziario. In caso di malattia o di ricovero, i conviventi di fatto hanno diritto reciproco di visita, di assistenza nonchè di accesso alle informazioni personali, secondo le regole di organizzazione delle strutture ospedaliere o di assistenza pubbliche, private o convenzionate, previste per i coniugi e i familiari.

 

L’esistenza di una stabile convivenza può essere attestata mediante una semplice certificazione anagrafica, la quale consegue ad una dichiarazione della convivenza stessa che i soggetti interessati effettuano all’Anagrafe, ai sensi di quanto previsto dagli artt. 4 e 13, co. 1, lett. b) del D.P.R. n. 223/1989. E’ chiaro che se i diritti conferiti dalla legge ai conviventi prescindono dall’iscrizione anagrafica, è pure chiaro che la strada di chi pretende di esercitare quei diritti senza aver dichiarato la convivenza in Anagrafe è decisamente in salita.

 

Il discorso si fa invece un po’ diverso per i contratti di convivenza. Ai fini della loro opponibilità ai terzi, infatti, essi devono essere iscritti presso l’Anagrafe ove la convivenza è stata registrata. Se la convivenza non è registrata, il notaio o l’avvocato potrebbero rifiutarsi di rogare o di autenticare il contratto di convivenza poiché, nonostante sia obbligatorio iscrivere il contratto, si troverebbero nell’impossibilità di effettuare la pubblicità di esso a causa della mancata registrazione della convivenza

 

Ciascun convivente di fatto può designare l’altro quale suo rappresentante con poteri pieni o limitati:

 

a) in caso di malattia che comporta incapacità di intendere e di volere, per le decisioni in materia di salute;

 

b) in caso di morte, per quanto riguarda la donazione di organi, le modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie.

 

La designazione di cui al comma 40 è effettuata in forma scritta e autografa oppure, in caso di impossibilità di redigerla, alla presenza di un testimone.

 

Salvo quanto previsto dall’articolo 337-sexies del codice civile, in caso di morte del proprietario della casa di comune residenza il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni. Ove nella stessa coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite, il medesimo ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni.

 

In allegato la nota del Ministero dell’Interno.

 

 

 

Fonte: Ministero dell'Interno
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