Non sono dati confortanti quelli che emergono analizzando il 2022, le Imprese femminili risultano in calo: principali imputati gli effetti ancora perduranti della pandemia e quelli della guerra e della crisi energetica.
A fare emergere questo quadro non certo positivo sono stati i dati raccolti dall’Osservatorio per l’imprenditorialità femminile di Unioncamere e InfoCamere.
Si ricorda che per “Imprese femminili” si considerano quelle la cui partecipazione del controllo e della proprietà è detenuta in prevalenza da donne.
Il grado di partecipazione femminile è desunto dalla natura giuridica dell’impresa, dall’eventuale quota di capitale sociale detenuta da ciascun socio e dalla percentuale di donne presenti tra gli amministratori o titolari o soci dell’impresa.
In generale si considerano femminili le imprese la cui partecipazione di donne risulta complessivamente superiore al 50%, mediando le composizioni di quote di partecipazione e di cariche amministrative detenute da donne per tipologia di impresa.
Dopo aver fornito un quadro preliminare a livello di definizione analizziamo i dati emersi dall’ultima rilevazione utile. Nel 2022, si contano 6mila imprese femminili in meno rispetto al 2021.
Lo scorso anno, per effetto di un contesto generale ancora complicato dagli effetti della pandemia, dalla guerra e dalla crisi energetica, molte meno donne hanno dato vita a una impresa nei settori tradizionali (agricoltura, commercio, manifattura, alberghi e ristoranti).
Alcune roccaforti della presenza imprenditoriale femminile quest’anno hanno vacillato:
Si tratta dunque di dati del tutto negativi? A quanto pare forse no, ci sono anche alcuni risvolti positivi che emergono dall’indagine effettuata dall’Osservatorio per l’imprenditorialità femminile di Unioncamere e InfoCamere.
Infatti l’imprenditoria più innovativa ha accelerato rispetto al passato, trainata dai settori a maggior contenuto di conoscenza:
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it