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Unioncamere: 66 miliardi di euro la ricchezza prodotta dal sistema cooperativo

lentepubblica.it • 31 Gennaio 2014

L’economia sociale resiste meglio alla crisi e guarda ai giovani e alle donne

Roma, 30 gennaio 2014  – Oltre 66 miliardi di euro di valore aggiunto nel 2012, pari al 4,7% del reddito complessivo prodotto in Italia; 77mila imprese attive iscritte a fine 2013 nei Registri delle Camere di commercio, oltre 1 milione e 200mila occupati censiti nel 2011; una domanda di lavoro programmata per il 2013 che raggiunge le 73.500 unità, puntando sulla qualificazione delle risorse umane ma anche sull’inclusione sociale, con una spiccata apertura ai giovani, alle donne, agli immigrati e a quanti hanno avuto poche opportunità di studiare. E’ il sistema cooperativo, di cui il Rapporto “Cooperazione, non profit e imprenditoria sociale: economia e lavoro”  messo a punto da Unioncamere – e presentato oggi a Roma –  svela il consistente apporto all’economia nazionale e la capacità di resistenza alle avversità del ciclo economico, collocandolo in un ampio ragionamento che va dalla cooperazione all’imprenditoria sociale e ponendo attenzione, in generale, anche all’intero mondo del non profit.

“I nostri dati, ancora una volta, certificano l’importanza del sistema cooperativo e dell’imprenditoria sociale nell’economia nazionale”, ha commentato il segretario generale di Unioncamere, Claudio Gagliardi. “Proprio per far emergere le sue grandi potenzialità, Unioncamere ha promosso – in collaborazione con Universitas Mercatorum e 38 Camere di commercio – l’iniziativa di sistema Start up imprenditoria sociale, finalizzata a fornire servizi gratuiti di accompagnamento allo sviluppo del progetto imprenditoriale sociale e allo start up attraverso iniziative di formazione e informazione, orientamento, assistenza tecnica agli aspiranti imprenditori, nonché attività tese a favorire il raccordo con il sistema del credito e del microcredito”.

77mila cooperative e 1,2 milioni di occupati

66,3 miliardi di euro di valore aggiunto prodotti nel 2012 dalle imprese cooperative, pari al 4,7% del reddito complessivo nazionale: più di tutta l’industria alimentare e quella del sistema moda unitamente considerate (3,4%, pari a 48,3 miliardi di euro di valore aggiunto prodotto); quanto l’intero settore industriale formato dall’elettronica, apparecchiature elettriche, meccanica e mezzi di trasporto (4,6% e 63,8 miliardi di euro).

Il sistema cooperativo opera principalmente nel settore terziario (al quale si devono oltre 56 miliardi di euro di reddito prodotto nel 2012) e si concentra prevalentemente nel Nord-Est. In quest’area, infatti, le cooperative hanno prodotto 19,4 miliardi di euro di valore aggiunto, pari al 5,7% del totale dell’economia della ripartizione. L’Emilia-Romagna occupa una posizione di evidente leadership a livello regionale, con un valore aggiunto di quasi 9,5 miliardi di euro (equivalente al 7,6% sulla ricchezza generata a livello regionale). Segue il Trentino-Alto Adige (6,2%) quindi la Puglia (5,5%) e la Basilicata (5,4%). In fondo alla graduatoria si collocano la Calabria (3,2%) e le regioni del Nord-Ovest.

A fine 2013, sono 76.774 le imprese cooperative attive iscritte al Registro delle imprese (operanti in tutte le attività economiche), pari all’1,5% del totale complessivo delle imprese attive. La spinta all’adozione di questa particolare forma organizzativa si è mantenuta piuttosto viva nel corso di questi anni, come conferma il saldo tra aperture a chiusure di imprese, strutturalmente positivo dal 2009. Caratteristica di questo universo imprenditoriale è la forte concentrazione in alcuni ambiti di attività economica, con una assoluta prevalenza di imprese nel terziario (circa 47mila e 500), seguite a distanza dalle attività industriali (circa 20mila e 500) e da quelle agricole (8mila e 500 imprese attive). Inoltre, una su 10 è guidata da un giovane under 35 e 2 su 10 da donne.

Se quindi il sistema cooperativo nazionale offre un importante contributo alla produzione di ricchezza, è però sul fronte occupazionale che questa peculiare forma di “fare impresa” esprime le sue massime virtù e il suo elevato contributo di inclusione sociale. Stando alle informazioni desumibili dall’ultimo Censimento Istat industria e servizi, infatti, nel 2011 il numero di occupati nelle società cooperative ammonta ad oltre 1 milione e 200mila addetti, con un aumento di oltre 220mila posti di lavoro rispetto al 2001. In termini percentuali, la dinamica occupazionale delle società cooperative è stata notevole, e comunque ben superiore a quella media riscontrata per tutte le tipologie di imprese attive nella Penisola (+22,7 contro +2,7%).

73.500 persone per le quali le imprese cooperative hanno previsto l’attivazione di un contratto di lavoro nel 2013

Resistere alla crisi puntando sulla qualità, prima di tutto delle risorse umane, ma con un occhio attento anche a tutte le categorie “svantaggiate”. Questa in sintesi la strategia che le imprese cooperative stanno attuando, come emerge dalle previsioni di assunzione contenute nel Sistema informativo Excelsior realizzato da Unioncamere e Ministero del Lavoro. Nel 2013, infatti, le cooperative dell’industria e dei servizi con almeno un dipendente hanno programmato di attivare contratti di lavoro per 73.500 persone, pari a quasi il 10% delle entrate previste da tutte le imprese extra-agricole. Oltre 60mila le assunzioni “dirette” (non stagionali e stagionali) di dipendenti previste dalle cooperative e 6.500 quelle interinali. A queste si aggiungono altri 5mila collaboratori a progetto e quasi 2mila collaboratori a partita IVA e occasionali.

Lo scorso anno, tuttavia, le 60.120 assunzioni “dirette” di dipendenti (non stagionali e stagionali, esclusi gli interinali) programmate sono state superate dalle 74.210 uscite previste, con una riduzione netta di dipendenti pari a -14.100 unità (-1,4%). Come per gli anni precedenti e a conferma della maggior capacità di tenuta occupazionale del settore cooperativo, il saldo percentuale risulta meno negativo di quello previsto per il complesso di tutte le imprese (-2,2%).

Nel 2013 la domanda di lavoro di queste imprese ha puntato molto su professionalità e livelli di istruzione elevati. Quasi 7.700, infatti, sono le assunzioni (non stagionali e stagionali, esclusi gli interinali) programmate di laureati, pari al 13% del totale delle assunzioni previste; una quota superiore di 3 punti percentuali rispetto a quella messa in cantiere nel 2010 e circa un punto e mezzo in più di quella programmata nel 2013 dal totale delle imprese italiane extra-agricole.

Inferiore alla media, invece, ma in forte crescita rispetto al 2012, la quota di assunzioni di diplomati (21mila le assunzioni previste dalle cooperative nel 2013, 35,1% del totale; solo 30,8% nel 2012). La tendenza ad un innalzamento della qualificazione delle risorse umane si accompagna nelle cooperative anche ad una elevata e crescente attenzione nei confronti di coloro che sono privi di formazione specifica: nel 2013 ben il 40% delle assunzioni previste dalle imprese cooperative ha interessato figure in possesso del solo titolo della scuola dell’obbligo (era il 36% nel 2010), contro appena il 34% della media generale delle assunzioni del totale delle imprese dell’industria e dei servizi.

Considerando che oltre un quarto delle assunzioni previste dalle cooperative per il 2013 si concentra nel settore della sanità e assistenza sociale privata, non stupisce come l’indirizzo di diploma più richiesto dalle imprese cooperative sia quello socio-sanitario (4.100 assunzioni programmate nel 2013) e l’indirizzo di laurea sanitario-paramedico sia il terzo più domandato (1.320 assunzioni). Le lauree più ricercate sono invece quelle di insegnamento e formazione (2.300), seguite da quelle con indirizzo economico (1.580).

Analogamente, le professioni high-skill (10.700 le assunzioni programmate nel 2013) ricoprono uno spazio crescente nella domanda di lavoro di queste imprese. La loro quota relativa sul totale delle assunzioni è aumentata, tra il 2010 e il 2013, di quasi 3 punti percentuali (solo +1,2 punti nella media generale delle assunzioni da parte di tutte le imprese), passando dal 15 al 17,9%. A trainare questa dinamica sono soprattutto le professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione (comprese quelle dirigenziali), le cui 4.200 assunzioni previste nel 2013 rappresentano il 7% del totale, oltre 2 punti percentuali in più rispetto alla quota del 2010 (4,8%). Sostanziale stabilità, invece, contraddistingue l’importanza delle professioni tecniche, che nel 2013 spiegano il 10% delle assunzioni previste (al pari della media generale di tutte le imprese).

Nella classifica delle figure professionali più ricercate dalle imprese cooperative nel 2013 si trovano quattro professioni legate all’assistenza socio-sanitaria (addetti all’assistenza personale, quasi 5.500 assunzioni; le professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali, circa 3.500, le professioni sanitarie riabilitative, 2mila; quelle infermieristiche-ostetriche, circa mille) e due professioni legate al mondo dell’istruzione (professori di scuola pre-primaria, 1.300 assunzioni, e specialisti nella formazione di soggetti diversamente abili, circa 900). Emergono inoltre i settori della ristorazione e del commercio (oltre 4mila le assunzioni di addetti alla preparazione, alla cottura e alla distribuzione di cibi e 3mila quelle dei commessi delle vendite al minuto). Sono 1.500 poi le assunzioni di conduttori di mezzi pesanti e camion e mille quelle di addetti alla gestione dei magazzini. La professione più richiesta, con oltre 10mila assunzioni, è quella legata al personale non qualificato nei servizi pulizia di uffici ed esercizi commerciali.

Configurandosi come una forma imprenditoriale nata sotto la spinta dello spirito mutualistico e solidaristico, la cooperazione apre opportunità occupazionali interessanti a donne e giovani. Delle 60mila assunzioni previste dalle imprese cooperative per il 2013, quasi 50mila sono dirette esplicitamente o potenzialmente alle donne (ben l’82,3%, contro solo il 71,2% nella media generale delle assunzioni di tutte le imprese) e 48mila quelle esplicitamente o potenzialmente riservate a giovani (il 79,9% del totale, superiore a quanto rilevato nella media generale di tutte le imprese, 76,3%).

14mila imprese sociali. Un universo di oltre 400mila dipendenti e una domanda di lavoro nel 2013 pari a 35mila unità

All’interno del vasto mondo del Terzo settore, un ruolo specifico è svolto dalle imprese sociali, riconosciute dal legislatore nel 2006 con l’intento di disciplinare le diverse tipologie di enti – associazioni, fondazioni, enti ecclesiastici, società di mutuo soccorso – accomunate dalla medesima vocazione sociale. Si stimano 14.190 imprese sociali attive extra-agricole con personale alle dipendenze presenti in Italia nel 2010[1], di cui 13.200 nel settore dei servizi (93% del totale), con particolare riferimento al comparto della sanità-assistenza sociale privata (7.120; 50,2% del totale) e, in second’ordine, a quello dell’istruzione-formazione privata (2.490; 17,6%). Dal punto di vista dimensionale, a fronte delle 6.200 imprese con meno di 10 dipendenti (43,7%), se ne contano 4.910 con 10-49 dipendenti (34,6%) e 3.080 appartenenti alla classe superiore (21,7%).

Si tratta quindi di un’imprenditoria piuttosto strutturata anche sotto il profilo occupazionale. A fine 2012, il numero di dipendenti stimati presenti nelle imprese sociali supera le 400mila unità, corrispondenti al 3,8% dell’intera occupazione alle dipendenze nelle imprese industriali e dei servizi. Un ruolo che è andato crescendo nel corso degli ultimi anni – a fine 2009 il “peso” si assestava al 3,1% -, come effetto di una costante crescita dei lavoratori dipendenti nelle imprese sociali, passati da quasi 356.680 a fine 2009 ai 434.840 a fine 2012, con un aumento di oltre 20 punti percentuali.

Sostenuta anche la capacità di questo segmento di imprese nel creare occupazione: sono 35.460 i contratti di lavoro che le imprese sociali (sempre con riferimento a quelle industriali e dei servizi con almeno un dipendente) hanno programmato di attivare nel corso del 2013, pari al 4,7% del totale dei contratti previsti in attivazione da parte di tutte le imprese extra-agricole. La richiesta di lavoro proveniente dalle imprese sociali si distingue per una più elevata flessibilità rispetto al totale delle imprese. Modesta, infatti, la quota di assunzioni stagionali nella domanda di lavoro delle imprese sociali (23,1%, contro il 34,8% della media generale relativa alla domanda di lavoro di tutte le imprese), ma più insistita della media la domanda di collaboratori occasionali o con partiva IVA (17,4% nelle imprese sociali a fronte del 13,5% del totale delle imprese).

La maggiore flessibilità è testimoniata anche dalla maggiore preferenza, tra le assunzioni non stagionali, per i contratti a tempo determinato rispetto a quelli a tempo indeterminato (i primi rappresentano il 59,1% delle assunzioni non stagionali, i secondi il 37,2%).

Il 2013 è destinato comunque a chiudersi con un saldo negativo, visto che alle 27.700 entrate previste dalle imprese sociali di dipendenti (non stagionali e stagionali, esclusi gli interinali) si contrappongono le 33.100 uscite previste, con un saldo negativo di circa 5.500 dipendenti in meno. Tuttavia, il tasso di variazione, pari al -1,2%, si dimostra più contenuto rispetto al -2,2% previsto dal complesso di tutte le imprese extra-agricole.

Anche per le imprese sociali l’innalzamento qualitativo del capitale umano si dimostra prioritario e persino superiore a quanto emerge per il totale delle imprese industriali e dei servizi. Nel 2013, sono quasi 7mila le assunzioni di laureati previste dalle imprese sociali, pari al il 25% del totale assunzioni; una quota superiore di 4,2 punti percentuali rispetto a quella del 2010. Nel caso dei diplomati, la crescita della quota è addirittura di 11 punti percentuali, visto che i 10.900 diplomati previsti in assunzione nel 2013 spiegano quasi il 40% del totale assunzioni, mentre tre anni prima contribuivano per meno del 30%. Si riduce, invece, l’attenzione per le persone in possesso di una qualifica professionale: nel 2010 le relative assunzioni rappresentavano quasi il 40% della domanda complessiva, mentre nel 2013 l’aliquota scende a poco più del 20%.

Rispecchiando la forte concentrazione settoriale delle imprese sociali nel comparto socio-assistenziale e dell’istruzione, gli indirizzi di laurea più richiesti sono quelli dell’insegnamento e formazione (2.600 assunzioni previste) e sanitario-paramedico (2mila). L’indirizzo socio-sanitario è inoltre il più richiesto per i diplomati (4.600) e per i qualificati professionali (5.500).

In crescita di 5 punti percentuali rispetto al 2010 la quota delle assunzioni previste dalle imprese sociali di figure appartenenti al grande gruppo delle professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione (comprese anche quelle dirigenziali), le cui 4mila assunzioni previste per il 2013 rappresentano quasi il 15% del totale delle assunzioni. Cresce in misura più modesta, invece, la quota delle assunzioni di figure tecniche (dal 18,3 al 19,1%), pari nel 2013 a 5.300 assunzioni. In complesso, la richiesta di professioni high-skill in termini strutturali è aumentata di 4 punti percentuali (da 29,7 a 33,7%, sempre tra il 2010 e il 2013), a scapito di quella relativa alle professioni medium-skill (la cui quota si è ridotta da 52,6 a 48,3%).

Come per i titoli di studio richiesti, l’innalzamento qualitativo della domanda di lavoro delle imprese sociali è accompagnato da una spiccata attenzione riservata a coloro, magari meno istruiti, che potrebbero avere elevate difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro. Infatti, nel 2013, la quota di assunzioni di figure professionali non qualificate non è diminuita, mostrando semmai un leggero aumento rispetto agli anni precedenti.

Nel 2013, i profili high-skill più richiesti sono tutti legati al mondo della sanità e dell’istruzione-formazione (professioni sanitarie riabilitative, oltre 2mila assunzioni;  infermieristiche, 1.600 assunzioni; professori di scuola pre-primaria, circa 1.400 assunzioni;   specialisti nella formazione dei soggetti diversamente abili, quasi mille assunzioni).

Tra le professioni meno qualificate si ritrovano sempre alcuni profili legati al mondo della sanità-assistenza, come l’addetto all’assistenza personale, grazie alle quasi 6mila assunzioni previste nel 2013, seguito dalle professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali con quasi 4mila assunzioni. Oltre 2mila, inoltre, le entrate programmate di personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia.

Come nel caso delle cooperative, anche le imprese sociali “brillano” sotto il profilo delle pari opportunità. Superano le 26mila unità le entrate esplicitamente o potenzialmente riservate alle donne (oltre 9 assunzioni su 10), 23mila quelle per gli under.

FONTE: Unioncamere

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