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Efficacia della banda larga: l’esempio della vicina Slovenia

lentepubblica.it • 27 Febbraio 2015

Il merito delle reti pubblico-private, aperte e neutre. E non è solo questione di esperienza dell’utente, ma anche di fornire una infrastruttura che permette di considerare i luoghi che questa fibra collega come un luogo degno di insediarsi con una prospettiva temporale, non il mordi e fuggi del Wi-Fi.

Chi non conosce il Carso sopra Trieste e vuole comprendere questo esempio di innovazione, può provare a ricordare il paesaggio della Grande Guerra che si sta celebrando oramai da un anno: campi solcati da roccia, doline, boschi, tra vestigia di castellieri e campi di battaglia. In Slovenia, gli abitanti delle aree interne, o rurali, sono circa 30 per chilometro quadro, per una nazione di quasi due milioni di abitanti in cui circa il 50% vive in città. La prima sorpresa è che, nei piccoli paesi del Carso Sloveno, i pochi cittadini sono già connessi in fibra a 1 Gb/s effettivi (e dal 25 febbraio 2015 con la possibilita’ di connessione a 10Gb/s per i clienti privati residenziali), il costo medio di collegamento è stato di 1.008€ per ogni utenza, con un rateo di sottoscrizione al 2014 quasi del 100% delle case ancora abitate, con il reddito medio pro capite di circa 20k€, quindi inferiore a quello italiano. Eppure la Slovenia, stato indipendente dal 1990, non fa parte né degli otto grandi paesi, né del G20, come è stato quindi possibile un simile progresso, per di più in una area a fallimento di mercato?

La Slovenia, nel suo percorso di acquis communautaire, ha dovuto quasi plasmare la propria burocrazia a quella europea, quindi ora si trova in una condizione di più facile recepimento delle norme europee, rispetto a quanto non riesca a fare una nazione di precedente adesione e relativa maggiore popolazione. Il governo sloveno ha bandito i finanziamenti con fondi europei per costruire FTTH (80M totali, in due bandi, il primo nel 2007, il secondo nel 2010) e dal principio si sono presentate 5 amministrazioni comunali per dividere la somma; i lavori hanno potuto procedere con estrema velocità perché alle stazioni appaltanti sono stati concessi tempi strettissimi per la conclusione dei lavori (18 mesi dalla assegnazione dei fondi alla conclusione della fase di costruzione) e, soprattutto, con permessi di attraversamento dei fondi e costruzione estremamente efficaci, perché la posa della fibra non è legalmente considerata opera edile soggetta a comunicazioni preventive e procedimenti autorizzativi di sorta. Non di meno, il contratto di appalto per la costruzione prevede anche la successiva gestione delle reti per venti anni, in modo che eventuali errori, negligenze o difetti costruttivi ricadano nei bilanci di gestione dell’attività della rete.

Gli operatori che hanno potuto completare rapidamente i lavori e che hanno ora la piena sottoscrizione delle utenze possibili, come per esempio nel Comune di Komen (circa 20km da Trieste), hanno iniziato il procedimento di appalto con una fase di comunicazione e coinvolgimento rivolta a ogni cittadino degli insediamenti carsici. Vennero usati approcci dell’ingegneria sociale, ad esempio, nella fase di progetto per le aree rurali, quando un proprietario chiedeva compensi economici per concedere l’attraversamento, la rete veniva ridisegnata e di tanto si faceva gossip al bar, in modo che il successivo proprietario fosse dissuaso dal richiedere indennizzi economici. Deve essere ricordato che la costruzione di una rete porta a un monopolio naturale dell’infrastruttura, per i motivi che si possono leggere nella ricca letteratura e che non vale la pena di riportare qui. Deve essere evidenziato che sul lungo periodo, di almeno trenta anni, l’unico investimento sostenibile per connettere un territorio è la fibra, perché a fronte di una spesa iniziale, il costo di gestione nei primi 10 anni è del 7% massimo del capitale di partenza, con una larghezza di banda non comparabile con quella dei dispositivi via etere. Non è solo questione di esperienza dell’utente, ma anche di fornire una infrastruttura che permette di considerare i luoghi che questa fibra collega come un luogo degno di insediarsi con una prospettiva temporale, non il mordi e fuggi del wifi.

Le reti slovene sono tecnicamente delle partnership pubblico private di due tipi:

– tipo GOCO government owned, commercially operated, cioè proprietà pubblica, gestione privata in regime di concorrenza autorizzata da Bruxelles.

– tipo Joint-venture, con investimenti in comproprietà dell’infrastruttura, con la variante BOT build, operate, transfer che prevede il pasaggio della parte privata al partner pubblico dopo la fine del periodo di concessione, sempre con gestione privata in regime di concorrenza autorizzata da Bruxelles.

Le reti sono aperte e neutre perché gli operatori che vendono servizi sono liberi di accedervi e i gestori di reti non possono offrire servizi agli utenti finali, bensì devono rimanere puri operatori di infrastruttura. Correntemente la fibra è venduta all’ingrosso ai service provider a circa 17€ al mese, il che si tramuta in un prezzo all’utente finale di 40-45€ medi, in base al pacchetto scelto, che includono il triplo servizio, telefono, TV e internet. Uno degli operatori di rete sloveni locali, Vahta doo, sostiene la diffusione della fibra sulla base di una semplice assunto: chi abita in aree interne paga le tasse esattamente come gli abitanti delle città, quindi ha il diritto di essere connesso e incluso come tutti. La formula delle public private partnership, permette di non costituire nuove società pubbliche partecipate e la loro sperimentazione, supportata da un progetto europeo ormai compiuto, è diventata patrimonio fattuale della Commissione Europea, divenendo ora buona pratica per tutti, reperibile su www.ppp4broadband.eu

Anche il bottom-up, ovvero il modello di costruzione delle reti senza l’intervento finanziario pubblico, rientra tra i modelli studiati nell’ambito del progetto ppp4Broadband. Infatti, come dimostratosi anche nel caso Sloveno, l’apporto del Pubblico, oltre al vile denaro, può concretizzarsi anche in una serie di interventi di facilitazione (quali semplificazione delle procedure, facilitazione del uso dell’infrastruttura pubblica esistente, contributi in natura come diritti di passaggio e simili) che molte volte risultano uno stimolo sufficientemente alto per far nascere l’infrastruttura del futuro.

 

 

 

FONTE: Agenda Digitale (www.agendadigitale.eu)

AUTORE: Giuseppe Cane

 

 

 

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