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L’inevitabile dismissione delle vecchie centrali elettriche

lentepubblica.it • 16 Ottobre 2014

La domanda elettrica “non ripartirà mai con i tassi di crescita che ci aspettavamo”, quindi bisogna rassegnarsi alla dismissione di un certo numero di impianti ormai vecchi e obsoleti. L’Enel, come ha spiegato l’ad Francesco Starace, ne ha individuati 23 e per nove di essi (Trino, Porto Marghera, Alessandria, Campomarino, Carpi, Camerata Picena, Bari, Giugliano e Pietrafitta) ha già avviato le procedure di cessazione definitiva dell’esercizio, ma nessuno dei 700 dipendenti coinvolti perderà il posto. Sulla minore esigenza di capacità produttiva gioca anche il boom delle fonti rinnovabili, che ormai coprono un terzo del fabbisogno energetico italiano.

Sono queste, come le ha definite lo stesso Starace, “le note dolenti” dell’audizione alla commissione Industria del Senato, che sta svolgendo una serie di incontri con gli amministratori delegati delle principali controllate del Tesoro con l’obiettivo di verificarne le strategie alla luce delle nuove nomine della scorsa primavera. E così anche Starace, come i suoi colleghi, ha illustrato la situazione in cui si trova attualmente l’azienda, alle prese con una crisi della domanda che, malgrado il piccolo rimbalzo di settembre (+0,4%), non consente di sperare nel ritorno al livello pre-crisi. “Molti impianti in Italia non trovano più una giustificazione economica, perchè c’è un eccesso di capacità”, ha così avvertito Starace, secondo cui ci sono “11mila MW potenzialmente in dismissione (dei 25mila di capacità termoelettrica installata, ndr), per circa 23 impianti”.

Comunque, ha assicurato, “non c’è nessuna criticità occupazionale per le 700 persone sottese a questi 23 impianti”, perchè “verranno riallocate” o andranno in pensione. Rassicurazione che, per altro, non ha convinto i sindacati, intenzionati a contrastare il piano descritto dal capoazienda del gruppo elettrico. Il lavoro, adesso, sarà dunque quello di capire se sono possibili soluzioni alternative per questi siti: il gruppo elettrico ha in corso studi per altri “business”, dalla reindustrializzazione alla cessione, da un nuovo futuro nel campo delle rinnovabili alla riqualificazione, fino a diversi utilizzi non energetici. L’unica certezza, per ora, è che quello che è accaduto a Porto Tolle, passata in poco più di 10 anni dalla copertura del 10% della produzione nazionale all’azzeramento, non è un caso isolato.

L’Enel, insomma, sta cambiando pelle, e non solo con la chiusura degli impianti. Starace ha ricordato la riorganizzazione del gruppo appena approvata che, tra l’altro, consentirà una vistosa modifica al piano stratetico: il nuovo management vuole “spostare” dalla voce manutenzione a quella crescita “un congruo numero di miliardi”, perchè la distribuzione degli investimenti per il 65% alla prima e per il 35% alla seconda è “sbagliata”, dal momento che “se una società spende due terzi per tenere in esercizio quello che ha, c’è qualcosa che non va”.

 

FONTE: Associazione dei Comuni Virtuosi

 

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