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Concomitanza di sciopero e malattia: come si considera l’assenza?

lentepubblica.it • 19 Novembre 2015

assenza, sciopero, malattiaVi sono due questioni interessanti che riguardano la concomitanza dell’azione di sciopero e lo stato di malattia in cui si trova il dipendente. Questione per nulla pacifica fino a qualche anno addietro, tanto che si sono registrate diverse sentenze in materia.

 

Nel caso in cui il lavoratore sia già assente per malattia ed avvenga lo sciopero come deve essere considerato? Una delle prime sentenze in materia è stata quella del Tribunale di Catania, nel 1993, rilevando che l’impossibilità del datore di lavoro di ricevere la prestazione dei suoi dipendenti per causa a lui non imputabile (nella specie, a seguito di sciopero non pregiudica il diritto alla retribuzione del lavoratore assente per malattia.

 

La Cass.civ. Sez. lavoro, 09/04/1998, n. 3691 evidenziava che nell’ipotesi in cui il datore di lavoro si trovi nell’impossibilità di ricevere la prestazione lavorativa per causa a lui non imputabile (nella specie, per l’adesione ad uno sciopero da parte della stragrande maggioranza del personale dipendente e la conseguente inutilizzabilità del personale residuo non scioperante), il diritto alla retribuzione non viene meno per quei lavoratori il cui rapporto di lavoro sia già sospeso per malattia ai sensi dell’art. 2110 c.c., atteso che la speciale disciplina dettata per ragioni di carattere sociale dall’art. 2110c.c. investe in via esclusiva il rapporto tra datore di lavoro e singolo lavoratore, e su di essa non possono pertanto incidere le ragioni che, nel medesimo periodo di sospensione del rapporto, rendano impossibile la prestazione di altri dipendenti in servizio, senza che, peraltro, possa in tal modo configurarsi una violazione del principio di parità di trattamento, posto che detto principio non può essere validamente invocato al fine di eliminare un regime differenziale voluto a tutela di particolari condizioni già ritenute meritevoli di un trattamento privilegiato.

 

Sulla stessa onda la Cass.civ. Sez. lavoro, 31-05-2010, n. 13256 lì ove afferma che “ nell’ipotesi in cui il datoredi lavoro si trovi nell’impossibilità di ricevere la prestazione lavorativa per causa a lui non imputabile (nella specie, per l’adesione ad uno sciopero da parte della stragrande maggioranza del personale dipendente e la conseguente inutilizzabilità del personale residuo non scioperante), il diritto alla retribuzione non viene meno per quei lavoratori il cui rapporto di lavoro sia già sospeso per malattia ai sensi dell’art.2110 cod. civ., atteso che la speciale disciplina dettata per ragioni di carattere sociale dall’art.2110 cod. civ. investe in via esclusiva il rapporto tra datore di lavoro e singolo lavoratore, e su di essa non possono pertanto incidere le ragioni che, nel medesimo periodo di sospensione del rapporto, rendano impossibile la prestazione di altri dipendenti in servizio, senza che, peraltro, possa in tal modo configurarsi una violazione del principio di parità di trattamento, posto che detto principio non può essere validamente invocato al fine di eliminare un regime differenziale voluto a tutela di particolari condizioni già ritenute meritevoli di un trattamento privilegiato”.

 

Ma il lavoratore che è assente per malattia può scioperare? A parer mio, il lavoratore in malattia può manifestare l’adesione allo sciopero, e dunque scioperare solo se è stato preventivamente interrotto lo stato di malattia, con la disponibilità espressa alla ripresa di servizio con preventiva comunicazione avente carattere di certezza.

 

L’Inps con messaggio del 12 settembre 2014, n. 6973 ricorda che l’articolo 55-septies del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, introdotto dall’articolo 69 del decreto legislativo 27 ottobre 2009 n. 150, prevede che l’assenza per malattia dei dipendenti pubblici sia attestata mediante certificato medico inoltrato per via telematica, secondo le modalità stabilite dalla normativa vigente per il settore privato.

 

In applicazione di detta norma, i medici effettuano le operazioni di predisposizione dei certificati entro le successive 24 ore e li inviano al datore di lavoro tramite il Sistema di Accoglienza Centrale (SAC), reso disponibile dal Ministero dell’economia e delle finanze. La vigente normativa prevede, inoltre, che gli stessi medici possono inviare, durante tutto il periodo di prognosi, certificati che annullano i precedenti (per es. in caso di evidenti errori o refusi ivi contenuti) o li rettificano. Quest’ultima eventualità nel caso in cui abbiano modo di riscontrare nel paziente un decorso più favorevole della malattia tale da indurre una riduzione della prognosi.

 

Tanto premesso, l’art. 2087 del codice civile, come noto, obbliga il datore di lavoro ad adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica dei prestatori di lavoro e l’art. 20 del D.lgs. n. 81/2008 obbliga il lavoratore a prendersi cura della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro; parimenti il Regolamento di disciplina dell’Istituto, adottato con determinazione commissariale n. 228/09, all’art. 1annovera tra gli obblighi del dipendente quello di osservare le norme del contratto collettivo di comparto, anche in relazione alle disposizioni in materia di sicurezza e di ambiente di lavoro.

 

Come è altrettanto noto, il datore di lavoro dispone solo dell’attestato di malattia non essendo legittimato a raccogliere certificati recanti anche l’indicazione della diagnosi oltre a quella dei giorni di assenza accordati dal medico. Pertanto, non potendo conoscere né la diagnosi né l’effettivo contenuto incapacitante della malattia, lo stesso datore di lavoro non è in grado di valutare se e in che misura il dipendente – che desideri rientrare in servizio anticipatamente rispetto la prognosi formulata nel certificato prodotto – abbia effettivamente recuperato le proprie energie psicofisiche tali da garantire se stesso e l’ambiente di lavoro da qualsivoglia evento avverso connesso ad una capacità di impegno non completamente riacquisita.

 

Concludendo dunque che “Ne deriverebbe, diversamente, l’impossibilità di fatto per il datore di lavoro di assolvere agli obblighi imposti dalle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Pertanto, per le ragioni suesposte, si chiarisce che ogni dipendente assente per malattia che, considerandosi guarito, intenda riprendere anticipatamente il lavoro rispetto alla prognosi formulata dal proprio medico curante, potrà essere riammesso in servizio solo in presenza di un certificato medico di rettifica dell’originaria prognosi”.

Fonte: Orizzonte Scuola (www.orizzontescuola.it) - articolo dell'Avv. Marco Barone
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