Le potenzialità del mercato europeo legato agli open data sono significative: quasi 300 miliardi di euro nel 2020 tra mercato diretto e indiretto, con una crescita del 37% dal 2016. Anche le proiezioni italiane sono interessanti: oltre 8 miliardi nel 2020 del solo mercato diretto. Ma bisogna agire subito per svilupparlo, con una strategia Paese: ecco come.
Ogni anno, quando si arriva nei pressi dell’International Open Data Day –IODD (quest’anno fissato per il 5 marzo), in qualche modo è d’obbligo fare un bilancio della situazione nazionale sulla diffusione e il riuso degli open data.
Certamente non è significativo il numero di eventi presenti nel sito internazionale dell’IODD (abbastanza inferiore, per adesso, a quello degli anni scorsi), che testimonia comunque, almeno in Italia, di un passaggio dalla fase pioneristica ed entusiastica di qualche anno fa ad una forse più matura ma meno dinamica.
Per cui, avvalendoci del panorama che ci consegna il sito governativo e dei report indicati dall’European Data Portal, cerchiamo di evidenziare qualche riflessione.
La situazione italiana
La situazione italiana appare connotata da elementi contrastanti, come ad esempio:
Insomma, grandi potenzialità, ottime competenze, ma poca visione, insufficiente coordinamento e alla fine ancora scarsi risultati.
Potenzialità degli open data – previsione europea
Secondo i rapporti pubblicati sul portale europeo, le potenzialità del mercato europeo legato agli open data sono significative (quasi 300 miliardi di euro nel 2020 tra mercato diretto e indiretto, con una crescita del 37% dal 2016), ma anche le proiezioni italiane sono interessanti (oltre 8 miliardi nel 2020 del solo mercato diretto). Ed è significativa anche la stretta correlazione di queste previsioni con alcuni risultati già osservabili, come mostrano alcuni fatti:
Non solo, ma anche risultati microeconomici già consolidati evidenziano l’esistenza di una base solida per le previsioni:
Risultati a cui vanno aggiunti quelli di valore sociale e che spaziano in tutti campi, dalla medicina e alle strutture sanitarie, dall’utilizzo dei fondi pubblici alla cultura.
I dati europei, pur affermando un potenziale comune all’intera area, denotano naturalmente delle differenze sostanziali tra i Paesi, con un Regno Unito che ha un portale open data con oltre 150mila visitatori al mese rispetto ad una Francia (secondo paese) che ne ha poco più di 50mila e all’Italia che non raggiunge i diecimila visitatori mensili.
Linee di azione
Non ci addentriamo nell’analisi del modello di sviluppo del mercato open data connesso alla trasformazione digitale (lo faremo in un successivo articolo), ma qui credo sia utile, a partire dalle barriere allo sviluppo degli open data evidenziate dai rapporti indicati nel portale europeo ( mancanza di consapevolezza, mancanza di conoscenza, governance non chiara, qualità dei dati non adeguata, IT interno non strutturato, gestione delle licenze), sottolineare alcune linee di azione, credo utili per la singola amministrazione, oltre che per la composizione di una strategia nazionale (adesso forse più attuabile grazie al maggior peso attribuito ad Agid dal decreto di modifica al Cad):
E, soprattutto, tenerci… gli Open Data sono terra da coltivare, e con ottime potenzialità sociali ed economiche da sfruttare.
Fonte: Forum PA - articolo di Nello Iacono